Jenkins, illustre professore di Storia presso la Baylor University, nel titolo e di fatto, annuncia nelle prime pagine del libro una generalizzazione intuitivamente ovvia, ma potente: "Le società con un alto tasso di fertilità (...) tendono ad essere ferventi, devote e religiosamente entusiaste. Al contrario, nelle società con un tasso di fecondità più basso e con una dimensione familiare più piccola, maggiore sarà la tendenza a distaccarsi dalla religione organizzata o istituzionale". O, detto in modo più sintetico, "fertilità e fede viaggiano insieme".
La maggior parte dello studio di Jenkins risolve quindi le implicazioni a volte controintuitive di questa tesi, affermando ad esempio: "Ciò che separa i vincitori dai vinti nell'economia religiosa non è la solidità della loro teologia, ma i loro tassi di fertilità". Oppure, "le religioni devono sviluppare nuovi mezzi per presentare le loro opinioni", se desiderano sopravvivere e avere successo. O ancora, "la sicurezza e la stabilità tendono a ridurre la fertilità" (e quindi la fede).
Volgendo lo sguardo ai musulmani, Jenkins concentra l'attenzione su quello che definisce "l'Islam a due livelli", distinguendo tra Paesi ad alta fertilità, come Yemen e Afghanistan, e Paesi a bassa fertilità, come Albania e Iran. Il primo è caratterizzato da un "pacchetto di valori" che include il comunalismo e il comunitarismo, l'orientamento tradizionale, meno eguaglianza di genere, più irreggimentazione sessuale, più orientamento all'onore, più aggressività, instabilità e impegno indiscusso per i valori religiosi. Quest'ultimo ha una prospettiva più occidentale, con un'elevata stabilità e uno sviluppato senso di individualismo. I governanti iraniani disprezzano così tanto questa visione sempre più occidentale al punto che, nel 2010, Mahmoud Ahmedinejad definì "un atto di genocidio" il voler consumare di più anziché avere figli.
In modo incoerente, pur osservando che "anche l'Arabia Saudita è ora al di sotto del ricambio [demografico]", Jenkins ribadisce che "nessuno standard razionale può mostrare che l'Arabia Saudita (...) si stia muovendo in una direzione laica". In effetti, esistono numerose prove di una tale tendenza. Per citare una statistica, un sondaggio WIN/Gallup del 2012 ha rilevato che gli "atei convinti" costituiscono il 5 per cento della popolazione in Arabia Saudita mentre le persone non religiose rappresentano il 19 per cento.
Jenkins fa molte osservazioni acute. Eccone qui di seguito tre. Demografia significa che "i cristiani del Sud del mondo sono per molti versi più simili ai loro vicini musulmani che ai loro correligionari europei". "L'ideologia dell'onore [è] un indicatore di sviluppo raramente apprezzato dai responsabili politici". Il declino demografico dell'Iran "rende meno probabile che il regime soccomba a qualsiasi turbolenza popolare".
Come per altri scritti di Jenkins, questo offre molto su cui rimuginare e, talora, su cui non essere d'accordo.