Ci si poteva aspettare che l'esperienza dolorosa della vita in Kuwait durante i sette mesi dell'occupazione irachena producesse un mare di ricordi. Ma non è stato così perché chi è sopravvissuto alla dura prova vuole gettarseli alle spalle e ricostruire una vita normale.
Come si legge nel titolo, l'autrice è britannica, ma avendo sposato un kuwaitiano e vissuto in Kuwait per trent'anni ha conosciuto l'occupazione come kuwaitiana (ossia poteva restare nella sua abitazione senza la paura di essere presa in ostaggio). Da questa prospettiva, la Rejab ha potuto osservare i soldati iracheni, impegnarsi nelle organizzazioni kuwaitiane e partecipare ai festeggiamenti in occasione della liberazione. Alla sua storia si aggiunge il dramma che suo marito aveva costruito un museo privato famoso nel seminterrato della sua abitazione, pieno di preziosi oggetti d'epoca. Il museo era rimasto aperto al pubblico per anni ed era molto visitato; a peggiorare le cose, suo marito non era in Kuwait quando Saddam Hussein invase il Paese. L'autrice riuscirà a impedire che il museo sia saccheggiato? (Sì, nascondendo la maggior parte degli oggetti e mostrando qualche pezzo di terz'ordine alle truppe irachene predatrici.)
I racconti di prima mano sulla guerra in Medio Oriente rivelano un modello di vita normale combinato a una violenza feroce (bambini dei kibbutz che frequentano la scuola nei bunker; abitanti di Beirut in spiaggia con i cecchini appostati a un paio di isolati più in là) e l'esperienza kuwaitiana non fa eccezione. Per quelli tra noi che non erano presenti, questa combinazione continua a rimanere misteriosa.