Nielsen, un accademico di Birmingham, in Inghilterra, che si occupa della vita musulmana in Europa, ci offre uno studio molto utile condotto su una decina di milioni di musulmani che risiedono in dodici Paesi, dalla Spagna all'Italia meridionale, fino alla Norvegia e alla parte settentrionale della Svezia. Il contenuto è arido – il volume consta di una presentazione del contesto storico e poi delle questioni demografiche, pedagogiche, giuridiche e politiche – ma tuttavia trabocca d'informazioni interessanti.
Leggendo il volume, apprendiamo che alla fine del XIX secolo, il sistema giuridico austro-ungarico applicava la legge islamica della famiglia in seno ai suoi tribunali (a beneficio dei musulmani bosniaci); e che il medico personale della regina Vittoria era un indiano di fede islamica. L'afflusso musulmano contemporaneo in Europa ebbe inizio nell'aprile 1957, quando dodici artigiani turchi arrivarono a Kiel, in Germania. La Francia ha in assoluto la più numerosa popolazione musulmana e probabilmente, in termini relativi, i movimenti sufi più attivi e di gran lunga la più ampia comunità di cristiani che si sono convertiti all'Islam, che ammontano a circa 50.000, dieci volte quelli residenti in Germania o in Gran Bretagna. Quasi il 90 per cento dei musulmani britannici vota per il Partito laburista. Negli anni Ottanta, in Danimarca, il governo iracheno ha finanziato una scuola frequentata da bambini musulmani. Le autorità belghe riconoscono i matrimoni poligami, anche se non permettono che questi matrimoni siano conclusi in Belgio. Le donne musulmane si sono rapidamente adattate alla legislazione europea, poiché sono loro a fare il primo passo verso la separazione nei cinque sesti dei casi di divorzio. Come stanno a indicare questi frammenti d'informazioni, un contatto stretto fra due civiltà molto differenti porta a degli sviluppi stimolanti e imprevisti.