Subito dopo il colpo di Stato in Egitto, è emersa una certa opinione generale, per citare un anonimo funzionario dell'amministrazione Obama, secondo la quale "Provare a rompere l'osso del collo ai Fratelli musulmani non è un bene per l'Egitto né per la regione".
Il ragionamento alla base di questo punto di vista è il seguente: 1) è meglio che gli islamisti partecipino al processo politico piuttosto che si ribellino con violenza; 3) la partecipazione alla società civile può in fieri contenere gli islamisti, facendo loro vedere i vantaggi della democrazia e trasformandoli in un altro gruppo d'interesse.
Ma io posso dissentire a gran voce?
Sì, è così, occorre davvero rompere l'osso del collo ai Fratelli musulmani perché questo è un bene per l'Egitto, per la regione e (anche) per noi. Entrambe le ipotesi menzionate sopra sono sbagliate. 1) Gli islamisti possono fare più danni in seno al processo politico di quelli che fanno al di fuori di esso. Per dirla in termini geografici, mi preoccupa maggiormente la Turchia, con gli islamisti eletti in carica, che la Siria, dove essi sono impegnati in una guerra civile per ottenere il potere. 2) Gli islamisti hanno dei precedenti nell'utilizzo del processo politico per i propri fini, e non sono stati domati da esso: per un chiaro esempio, si pensi all'anno trascorso al potere da Mohamed Morsi.
Nessuna tolleranza per gli intolleranti. Proprio come i fascisti e i comunisti non sono giocatori legittimi in una democrazia così è anche per gli islamisti. Poco importa se essi siano abili con le parole, sono sempre degli autocratici che ignorano la volontà popolare. È meglio escluderli del tutto dalla politica partecipativa.
Aggiornamento dell'1 agosto: Per combinazione, l'Alta Corte del Bangladesh oggi ha vietato alla controparte dei Fratelli musulmani in quel Paese, il Jamaat-e-Islami, di contestare le future elezioni e di lasciare il potente partito islamista con un futuro incerto. Moazzem Hussein, presidente della giuria che ha esaminato il caso, ha annunciato: "È dunque dichiarato illegale. A maggioranza, la sentenza è passata in giudicato e la notifica della registrazione data a Jamaat dalla Commissione elettorale è dichiarata illegale e nulla". Questo mette la parola fine a una causa intentata dal Bangladesh Tariqat Federation, un gruppo che predica la filosofia sufi e promuove il laicismo, il 25 gennaio 2009, causa in cui si sostiene che il Jamaat-e-Islami è un partito politico basato sulla religione che non è a favore di un Bangladesh indipendente e sovrano.
Commento: Questo non è il ragionamento giusto per bandire un partito, ma lo è, se così facendo si elimineranno questi antidemocratici dalla politica democratica.