Martha Nussbaum docente alla Law School dell'Università di Chicago ha tenuto una conferenza sull'intolleranza religiosa all'Hamilton College e, come riportato il 5 novembre da Esther Malisov, una studentessa reporter, la signora Nussbaum si è espressa così sull'uso del burqa e sulle questioni di sicurezza:
Ella ha citato cinque prese di posizione comunemente difese da chi muove delle critiche all'uso del velo islamico, fornendo dei contro-esempi e delle prove contro ogni posizione. La prima argomentazione deriva da preoccupazioni per la sicurezza: poiché il burqa è ingombrante e copre il viso, potrebbe essere più facile per chi lo indossa trasportare armi o esplosivi. Inoltre, è difficile identificare chi indossa il burqa perché le loro facce sono nascoste. Tuttavia, in uno scenario più realistico che implicherebbe il terrorismo, questo sarebbe difficilmente il caso. (…) La Nussbaum ha argomentato che vietare l'uso del burqa riguarderebbe ingiustamente molte persone innocenti che non hanno nessun legame con il terrorismo. In realtà, è improbabile che un terrorista indossi un burqa perché ciò desterebbe molti sospetti, pertanto, il divieto sarebbe inefficace.
In altre parole, la Nussbaum ha respinto l'ipotesi che il burqa sia complice del terrorismo, e questo per due motivi: non è realistico (presumibilmente perché quest'abito ingombrante limita la vista e i movimenti) e inoltre, indossarlo "solleva troppi sospetti".
Questo è di certo un esercizio mentale interessante; ma la titolare della prestigiosa cattedra di Diritto ed Etica all'Università di Chicago come Ernst Freund Distinguished Service Professor non avrebbe dovuto leggere il pezzo del mio blog di 14.000 parole dal titolo "Niqabs and Burqas as Security Threats" prima di fare questa dichiarazione impudente? Se lo avesse letto avrebbe trovato circa un centinaio di casi di terrorismo e criminalità [riguardanti il burqa] che forse l'avrebbero indotta a cambiare idea sulla natura benigna del burqa.
A tal fine, il 20 novembre le ho scritto per chiederle se la studentessa reporter avesse raccontato una storia veritiera e mi sono offerto di inviarle la mia documentazione, chiedendole se volesse prendere in considerazione questo materiale. La Nussbaum mi ha risposto lo stesso giorno, precisando che tutto quello che aveva detto a Hamilton era tratto dal suo libro, The New Religious Intolerance: Overcoming the Politics of Fear in an Anxious Age (Harvard University Press, April 2012), aggiungendo che le sue dichiarazioni erano state "più sfumate" di quanto riferito dalla studentessa.
Non soddisfatto della risposta, il giorno dopo ho replicato ponendole due semplici domande: "Ammette che ci sono molti esempi dell'uso del velo islamico in Occidente come complice di attività criminali e terroristiche? E ammette anche che questa sia una ragione valida per argomentare a favore della necessità di imporre in Occidente il divieto di indossare niqab e burqa? Lei deve solo rispondere sì o no a queste domande e abbiamo finito".
Quello stesso giorno, la Nussbaum mi ha risposto che non solo "non era a conoscenza dei 'numerosi esempi' in cui il burqa si è reso complice di attività terroristiche in Europa e negli Stati Uniti", ma che pur ammettendo l'esistenza di parecchi esempi del genere e che a livello statistico fossero correlati alla criminalità, lei avrebbe continuato a opporsi al divieto dell'uso del niqab e del burqa, citando la sentenza [della Corte suprema] del 1999, la Città di Chicago contro Morales e altri.
Commenti: Non è degno di nota che un'accademica di spicco possa con insolenza chiudere gli occhi su una realtà, sia sui fatti sia sul bisogno di autoconservazione, e continuare a tenerli ben chiusi?