Da quando Hosni Mubarak è stato rovesciato in febbraio, è mia opinione che 1) quanto accaduto è stato un colpo di stato contro la prospettiva che il figlio di Mubarak assumesse il potere e 2) che gli alti papaveri dell'esercito non intendevano mollare il potere. Su quest'ultimo punto, in un articolo pubblicato in aprile ho scritto: "I soldati si sono talmente abituati al potere e alla bella vita da non poter rinunciare a questi benefit. Faranno di tutto – sia che si tratti di cacciare Mubarak, di mandare suo figlio in galera, di bandire il suo vecchio partito politico, di cambiare la costituzione o di reprimere le proteste – pur di mantenere il potere".
Un importante articolo apparso oggi nel New York Times, "Egypt Military Moves to Cement a Muscular Role in Government" di David D. Kirkpatrick spiega esattamente come il Consiglio supremo delle Forze armate intenda mantenere il potere – anticipando la Costituzione:
L'esercito ha annunciato martedì di volere adottare "una dichiarazione di principi basilari" per controllare la stesura di una costituzione. (…) Essa spiegherà in dettaglio quale sarà il ruolo delle forze armate nel governo civile, che proteggono in fieri il budget della difesa da un controllo pubblico o parlamentare, e tutelano gli enormi interessi economici dell'esercito. Le proposte al vaglio conferirebbero ai militari un ampio mandato per intervenire nella politica egiziana al fine di tutelare l'unità nazionale o il carattere laico dello Stato. (…) Sebbene la dichiarazione proposta potrebbe tutelare i progressisti da una Costituzione di stampo islamista, essa potrebbe altresì limitare la democrazia, proteggendo i militari da un pieno controllo da parte dei civili.
Una riunione del Consiglio supremo delle Forze armate egiziane.
Per quelli di noi che si preoccupavano per un potenziale dominio islamista, questa è una buona notizia: "L'annuncio della dichiarazione è una battuta d'arresto per i Fratelli musulmani, il gruppo islamista che è meglio organizzato in Egitto e considerato come la più temibile forza politica. L'organizzazione era pronta ad avere un importante ruolo nel nuovo Parlamento, e così anche nella stesura della nuova Costituzione". Ma per i progressisti è una cattiva notizia:
I manifestanti sono scesi di nuovo in Piazza Tahrir con maggiore frequenza per dare voce alle loro richieste arrivando a organizzare un si-tin di una settimana, che ha eguagliato i giorni della rivoluzione.
(…) Le proteste prendono sempre più di mira l'esercito. Giovedì, una coalizione composta da 24 gruppi politici e da 5 candidati presidenziali ha appoggiato un appello lanciato dai giovani leader della contestazione affinché i militari cedano più potere a un governo civile ora piuttosto che attendere le elezioni. I capi militari sembrano sempre più esasperati.
In altre parole, tutto procede come al solito. Tutta quell'apprensione per un "Egitto Nuovo, un'Era Nuova", in realtà, non è valsa a niente. Detto questo, continuo a essere colpito dallo spirito di Piazza Tahrir e spero che un giorno raggiungerà le alte sfere.