Il ruolo smisurato delle famiglie dei governanti costituisce un punto in comune in molti dei Paesi mediorientali teatro degli sconvolgimenti del 2011. In Tunisia, la moglie del dittatore e la sua prole hanno suscitato parecchia rabbia. Ma nella maggior parte dei casi, sono i governanti che vogliono che i figli gli succedano nella condivisione del potere:
- Egitto: I militari che governano il Cairo dal 1952 hanno disapprovato quando Hosni Mubarak ha cercato di preparare il terreno per la successione di suo figlio Galal, di professione banchiere.
- Yemen: Ali Abdullah Saleh ha riempito il governo di parenti e voleva che suo figlio Ahmed gli succedesse, un'aspirazione che ha fatto insorgere l'opposizione, specie da parte delle tribù.
- Libia: I sette figli di Muammar Gheddafi, alcuni dei quali speravano in un avvicendamento al potere, sono stati in lotta tra di loro e hanno esacerbato l'odio verso il regime.
- Siria: Hafez al-Assad è riuscito a far sì che suo figlio Bashar gli succedesse, solo per l'incapacità di quest'ultimo di provocare la peggiore crisi del regime.
Inoltre, Saddam Hussein in Iraq ha lavorato alacremente perché i suoi figli prendessero il suo posto, cosa che ha contribuito alla sua vanità, al malgoverno e alla sua definitiva scomparsa.
I leader arabi nel loro splendore, in occasione di una riunione della Lega araba, a Riad, in Arabia Saudita nel 2007. |