Dopo che il mio articolo "Due decenni di Codice Rushdie" è andato in stampa si sono verificati degli importanti sviluppi.
1) L'11 settembre, il reverendo Terry Jones di Gainesville, in Florida, intendeva bruciare centinaia di copie del Corano, ma poi sottoposto a pressioni ha annullato il falò. Quando la notizia del suo proposito ha fatto il giro del mondo, secondo uno schema stabilito, ne sono scaturiti disordini e minacce nel mondo musulmano, provocando almeno 18 vittime (5 in Afghanistan e 13 in Kashmir). Messo sotto pressione dai funzionati del governo americano, Jones ha gettato la spugna e non ha più dato fuoco alle copie del Corano.
Nell'articolo "Il Codice Rushdie sbarca in Occidente" ho argomentato che la novità e il significato di questo episodio stanno nella piena responsabilità del governo Usa, a partire da Barack Obama, ad avere la mano pesante con Jones. In netto contrasto con l'operato di Margaret Thatcher, quando nel 1989 scoppiò l'affare Rushdie, e con quello di Anders Fogh Rasmussen, nel 2006, quando scoppiò il caso delle vignette satiriche su Maometto, le autorità americane si sono investite del ruolo di difensori dell'Islam e di esecutori della shari'a. Nel farlo, hanno esteso il Codice Rushdie agli Stati Uniti.
La vignetta di Mollie Norris che ha posto fine alla sua vita normale, dando il via a un'esistenza "fantasma". |
Avrete notato che la striscia di Molly Norris non è contenuta nel numero di questa settimana. Questo perché Molly non esiste più. Per fortuna, questa artista di talento è viva e sta bene. Ma su insistenza di esperti di sicurezza dell'Fbi, Molly, come loro dicono, "è diventata un fantasma": che si è trasferita, ha cambiato nome e sostanzialmente ha cancellato la sua identità. Non pubblicherà più vignette satiriche nel nostro giornale né nel magazine City Arts, dove era un'abituale collaboratrice. In realtà, è stata inserita in un programma di protezione dei testimoni – a meno che, come lei osserva, il governo non paghi il conto. E tutto a causa della terribile fatwa emessa contro di lei quest'estate, in seguito alla pubblicazione della sua famigerata vignetta "Il giorno in cui tutti disegnano Maometto".
Questa "terribile fatwa" è stata pubblicata a luglio da Anwar al-Awlaki, un cittadino americano che vive in Yemen. Egli ha scritto:
Una vignettista dei dintorni di Seattle, nello Stato di Washington, di nome Molly Norris ha lanciato "Il giorno in cui tutti disegnano Maometto". Questa palla di neve è uscita rotolando dalle sue dita malvagie. La Norris dovrebbe essere considerata un "obiettivo primario" da eliminare insieme ad altri che hanno partecipato alla sua campagna. Questa campagna non è un esercizio della libertà di parola, ma un movimento di massa degli americani che si uniscono alle loro controparti europee per darsi pensa di offendere i musulmani di tutto il mondo. Essi esprimono il loro odio per il Messaggero dell'Islam attraverso il ridicolo.
Katherine Kersten dibatte così la replica americana a questo oltraggio:
Di certo, vi chiederete se i giornalisti americani e i magnati dei media – sempre strenui difensori del Primo Emendamento – si dicono sdegnati e se si stringono intorno a questa giovane donna. Al contrario. I media sono in gran parte silenti riguardo alla terribile situazione in cui versa la Norris. Quando il Washington Examiner, un quotidiano online di Washington, D.C., ha chiesto all'American Society of News Editors di rilasciare una dichiarazione sulla Norris, nessuno ha risposto. Idem per la Society of Professional Journalists. Questo, malgrado il fatto che la dichiarazione scritta degli obiettivi del gruppo dei direttori magnifichi "il Primo Emendamento in patria e la libertà di espressione in tutto il mondo", mentre i giornalisti asseriscono di difendere "la perpetuazione della libertà di stampa come pietra angolare della nostra Nazione e della libertà".
Questo episodio suggerisce che Awlaki ha il potere di sconvolgere la vita di ogni americano limitandosi a lanciargli una minaccia. Questa non è più una battaglia tra titani, Khomeini contro Rushdie, ma tra pigmei: Awlaki contro la Norris. Si può immaginare a cosa porterebbe il proliferare delle minacce in modo che ogni persona pronta a criticare "l'Islam, il Profeta e il Corano" correrà il rischio di dover "condurre un'esistenza da fantasma".
3) Ayaan Hirsi Ali e Daniel Huff hanno proposto una replica importante ad alcune delle minacce gratuite lanciate contro gli americani in un articolo titolato "È arrivato il momento di reagire alle minacce di morte lanciate dagli estremisti islamici", pubblicato il 27 settembre nelle pagine del Los Angeles Times:
È arrivato il momento per i fautori della libertà di espressione di imitare il movimento abortista. Negli anni Novanta, coloro che procuravano gli aborti affrontarono lo stesso tipo di tattiche intimidatorie e non cedettero. Piuttosto, sollecitarono voti a favore di una legge federale che considerasse un crimine minacciare la gente che esercita il diritto alla [libera] riproduzione, permettendo alle vittime di costituirsi parte civile. Il Freedom of Access to Clinic Entrance Act o FACE, fu approvato nel 1994 con dei solidi margini bipartisan. Una legge simile è necessaria per poterla applicare alle minacce contro i diritti alla libertà di espressione.
Una legge federale potrebbe fare due cose. Innanzitutto, scoraggerebbe le tattiche violente, focalizzando l'attenzione nazionale sul problema e invocando il formidabile apparato esecutivo del governo federale. In secondo luogo, la clausola dei danni civili autorizzerebbe le vittime delle intimidazioni ad agire come se fossero ministri della giustizia per tutelare i loro diritti.
Le leggi statali vigenti che vietano l'intimidazione sono inadeguate. A livello penale, l'elevato standard di prova impedisce ai querelanti di investire delle risorse esigue. Espliciti motivi per un'azione civile non sempre esistono, e i danni si possono quantificare con difficoltà. Per contro, il FACE Act, che funge da modello per la proposta legislazione, consente alle vittime di optare per i danni stabiliti in anticipo.