Era vent'anni oggi quando Saddam Hussein invase il Kuwait, innescando una crisi che durò sei mesi e dette inizio al lento corso degli eventi che finì per condurre alla destituzione del dittatore e alla sua esecuzione capitale, cui fece seguito l'occupazione americana.
Anche se questa è una parte estremamente importante della storia dell'Iraq, la vera sorpresa risiede nella natura transitoria dell'invasione e della guerra che essa ha provocato. Ecco come l'ho descritta nel decimo anniversario, in un articolo titolato "Dopo l'Operazione Tempesta del deserto, a malapena è stata lasciata un'orma nella sabbia" e pubblicato nell'agosto 2000:
Quasi tutti all'epoca [nel 1990] erano d'accordo nel considerare la guerra del Golfo come un grosso evento, magari come una svolta epocale. [George H. W.] Bush disse a riguardo di essere all'inizio di "un nuovo ordine mondiale" in cui le coalizioni avrebbero cooperato per prevenire l'uso della forza di tipo irachena. Gli esperti si aspettavano che la guerra conferisse a Bush un secondo mandato presidenziale, proprio come ciò implicava la caduta di Saddam, seguita dalla distruzione dell'Iraq. Gli analisti preconizzavano che in Medio Oriente fosse iniziata un'era che guardava all'America, in cui vi fosse più democrazia, un maggiore riconoscimento dei diritti umani e più competitività a livello economico (…) Riandando al passato, ci si può solo che meravigliare che quanto è avvenuto sia stato di poca importanza.
Il fatto che l'invasione sia caduta nel dimenticatoio in occasione del suo anniversario evidenzia altresì il suo ruolo relativamente esiguo nelle nostra coscienze e nella nostra vita. Il che a sua volta mette in luce il fatto che gli eventi che sembrano di ampia portata talvolta non lo sono, mentre le reali svolte decisive sono a malapena evidenti al momento.