Se Saleh Al-Fawzan, un'importante figura religiosa saudita, giustifica la schiavitù nell'Islam, perché uno scrittore egiziano non elogia la pratica musulmana della schiavitù?
In un articolo titolato "The Polity of Islam and the Treatment of Slaves" ("Il sistema politico dell'islam e il trattamento degli schiavi"), che è apparso sul popolare sito web di notizie in lingua araba Moheet, Mu'min ad-Dassuqi ammorbidisce e magnifica il sistema schiavistico musulmano:
Nell'islam gli schiavi venivano trattati correttamente, e dei grandi leader sono emersi tra loro, specie durante l'epoca dei Mamelucchi che governarono il mondo. In altre parole, gli schiavi non erano trattati in maniera tale da non rispettare la loro dignità e umanità.
I Mamelucchi ai quali egli fa riferimento furono i governanti-schiavi d'Egitto dal 1250 al 1517 d.C., sicuramente la dinastia più bizzarra nella storia del mondo. Dassuqi racconta la formazione di un tipico soldato schiavo, la sua ascesa in seno al sistema, che culminava nella possibilità di divenire un capo di Stato, senza mai affrancarsi.
Commenti:
Dassuqi usa il mio libro pubblicato nel 1981 dal titolo Slave Soldiers and Islam per mettere in luce per contrato il suo riff.
Travisa ciò che ho scritto. Tanto per cominciare, egli sostiene che ho "attaccato la religione islamica", che è qualcosa che non ho mai fatto. Lo sfido a documentare questa asserzione.
Prevedibilmente, Dassuqi fraintende altresì i fatti storici fondamentali. Per esempio, i Mamelucchi non hanno affatto "governato il mondo"; Egitto e Siria, sì, a volte l'Hijaz e la Libia, ma non più.
Egli inganna [i lettori] paragonando l'ordinario trattamento riservato agli schiavi in Occidente a quello d'elite degli schiavi nel mondo musulmano. Prodigherebbe simili elogi in merito alla condizione degli sventurati Zanj in Iraq o delle schiave donne vissute nel corso dei secoli? Anche fra gli schiavi d'elite, è assurdo asserire che essi abbiano goduto del rispetto della "loro dignità e umanità". La schiavitù è stata sempre disumana e non dignitosa.
Questa giustificazione della schiavitù militare mi sconcerta. Durante i miei lunghi anni di lavoro su questo argomento, negli anni Settanta, ammetto di non aver mai pensato che un giorno i musulmani avrebbero abbracciato questa ripugnante istituzione di epoca remota.
"Tutto ciò che è musulmano è buono" sembrerebbe essere la mentalità di Dassuqi. Il fatto che egli difenda ciò che è indifendibile denota il presente stato della dominazione islamista e l'impoverimento morale musulmano.
Un articolo come quello di Dassuqi regge bene il confronto con l'esperienza da me avuta dieci anni fa con un diplomatico egiziano. Qui di seguito la lettera che ho scritto il 9 dicembre 1999 all'Ambasciatore Ahmed Aboulgheit presso la Missione permanente della Repubblica araba d'Egitto alle Nazioni Unite a New York:
Le scrivo per lagnarmi del comportamento tenuto da un membro del suo staff, Mr. Ahmed Darwish.
Mr. Darwish l'8 dicembre scorso è intervenuto in veste di ospite a una tavola rotonda sulla schiavitù in Medio Oriente, finanziata dalla mia organizzazione, il Middle East Forum. A un certo punto, quando in veste di moderatore ho detto di aver scritto un libro sulla schiavitù e ho cominciato a parlare di come il Sacro Corano tratta l'argomento, Mr. Darwish mi ha interrotto in modo scortese e brusco. Ha chiesto la parola e non mi ha lasciato continuare a parlare. Gli ho ripetutamente chiesto di tacere in modo da poter procedere con la mia analisi, offrendogli l'opportunità di parlare in seguito. Egli ha più volte rifiutato di farlo, insultandomi e dicendo che sarebbe "morto per l'islam".
Solo dopo aver chiesto l'intervento degli addetti alla sicurezza nella stanza in cui si teneva l'incontro, Mr. Darwish si è alzato e se ne è andato. Ma anche in questo caso, ha continuato a tenere una condotta scortese, quando ha chiesto (e ottenuto) al mio staff la restituzione del denaro da lui sborsato per il pranzo.
Un certo numero di persone presenti, incluse parecchie donne, più tardi hanno manifestato i loro timori che Mr. Darwish fosse armato e potesse ricorrere all'uso della violenza. Per Sua informazione, quanto accaduto è stato registrato su audiocassetta, se Lei desiderasse ascoltarlo.
Signor Ambasciatore, ho avuto il privilegio di vivere per tre anni nel suo Paese e so che questo non è il modo di comportarsi degli egiziani, specie di un diplomatico che rappresenta il proprio paese. Spero che Lei ammonisca pubblicamente Mr. Darwish e che mi porga le sue scuse e, attraverso di me, a tutti quelli presenti alla tavola rotonda di ieri.
David Steinmann, presente al convegno, ha scritto così ad Aboulgheit il giorno dopo:
Mi rincresce di doverLe scrivere in relazione a un increscioso scoppio d'ira da parte di uno dei membri del Suo staff, Mr. Ahmed Darwish, in occasione di un recente incontro patrocinato dal Forum a New York.
…l'intemperanza e la potenziale violenza percepita nella condotta tenuta da Mr. Darwish hanno allarmato e atterrito molte delle persone presenti al convegno organizzato dal nostro Forum. Non abbiamo mai dovuto chiedere l'intervento della sicurezza nel corso di uno dei nostri incontri e mi rincresce molto dover asserire che questa volta lo abbiamo fatto a causa di un diplomatico egiziano…
Che Mr.Darwish abbia detto al Dr. Pipes, nostro direttore e studioso di fama, che non era autorizzato o che non gli era permesso di avere un'opinione né di parlare di tutto ciò che avesse a che fare con il Sacro Corano va contro a tutto ciò che pensano gli americani a proposito di una società aperta, della libertà di parola e delle attività accademiche e intellettuali. Posso assicurarvi che agli occhi dei presenti il suo scoppio d'ira ha recato danno sia alla visione da loro nutrita dell'Egitto come pure al nostro modo di comprendere come questo genere di questioni venga o meno trattato in Medio Oriente.
Spero che Lei prenderà delle misure appropriate per fare ammenda della condotta tenuta da Mr. Darwish e assicurare che questo genere di comportamento non sarà reiterato da parte di chi rappresenti il Suo bel Paese.