L'1 gennaio 1996, Abdullah bin Abdulaziz è diventato reggente e governante di fatto dell'Arabia Saudita. Il suo quindicesimo anniversario offre l'opportunità di rivedere i cambiamenti avvenuti in seno al regno sotto la sua leadership e di chiedersi dove ciò ora conduca.
Il re saudita Abdullah bin Abdulaziz, 86anni. |
Tre tratti definiscono il regime: il controllo delle città sante della Mecca e di Medina, l'adesione all'interpretazione wahhabita dell'Islam e possedere di gran lunga la riserva petrolifera più estesa del mondo. L'Islam definisce l'identità, il Wahhabismo ispira le ambizioni globali, la ricchezza petrolifera finanzia le imprese.
Più acutamente, la ricchezza al di là della cupidigia permette ai sauditi di affrontare la modernità alle loro condizioni. Essi evitano di indossare giacca e cravatta, escludono le donne dai luoghi di lavoro e aspirano perfino a sostituire l'ora di Greenwich con quella della Mecca.
Non molti anni fa, il dibattito principale che teneva banco nel regno era quello tra le versioni monarchica e talebana del Wahhabismo, ossia un'interpretazione estremistica dell'Islam contro una fanatica. Ma oggi, grazie in gran parte agli sforzi compiuti da Abdullah per "contenere lo zelo wahhabita", il Paese più retrogrado ha compiuto alcuni passi cauti per unirsi al mondo moderno. Questi sforzi hanno parecchie dimensioni, dall'istruzione dei bambini ai meccanismi per selezionare i leader politici, ma forse quello più cruciale è la battaglia esistente tra gli ulema, i teologi islamici, che si dividono tra riformatori e integralisti.
I termini arcani di questa disputa sono difficili da seguire per le persone esterne. Per fortuna, Roel Meijier, uno specialista olandese di Medio Oriente, nel suo articolo "Riforme in Arabia Saudita: Dibattito sulla separazione dei sessi", ci offre un valido vademecum sugli argomenti dibattuti. Egli dimostra come la promiscuità dei sessi (ikhtilat in arabo) ispira un dibattito essenziale per il futuro del regno e ci mostra come tale dibattito si sia sviluppato.
Meijier osserva che l'odierna rigorosità riguardo alla separazione dei sessi rispecchia meno un'antichissima consuetudine piuttosto che il successo del movimento Sahwa in seguito a due traumatiche vicende del 1979: la rivoluzione iraniana e la presa di ostaggi all'interno della Grande Moschea della Mecca da parte di fanatici radicali alla Osama bin Laden.
Il principe ereditario Sultan bin Abdulaziz, 82 anni. |
Ne è conseguito un dibattito sull'ikhtilat con tanto di tenzoni tra membri della famiglia reale, figure politiche, ulema e intellettuali. "Sebbene la posizione delle donne sia migliorata a partire dall'11 settembre, l'ikhtilat demarca le linee tra riformisti e conservatori [vale a dire gli integralisti]. Ogni tentativo di mitigare la sua applicazione è visto come un attacco diretto alla posizione dei conservatori e dell'Islam stesso".
Majier conclude il suo studio sul dibattito osservando che "è estremamente difficile stabilire se le riforme abbiano successo e se siano i progressisti oppure i conservatori a trarne profitto. Sebbene la tendenza generale sia a favore dei riformisti, la riforma è frammentaria, esitante, incerta e incontra una forte resistenza".
Il Paese sotto Abdullah ha promosso un Islam più aperto e tollerante, ma come arguisce Meijer: "è ovvio, [come si evince] dal dibattito sull'ikhtilat che la battaglia non è stata vinta. Parecchi sauditi sono stufi dell'eccessiva ingerenza che le autorità religiose hanno nella loro vita e si può perfino parlare di un movimento anticlericale. Tuttavia, i progressisti parlano una lingua incomprensibile al mondo del Wahhabismo ufficiale e alla maggioranza dei sauditi, ed è pertanto improbabile che li influenzino".
In breve, i sauditi si trovano nel bel mezzo del dibattito, con il futuro corso della riforma finora imprevedibile. Non solo l'elite e l'opinione pubblica hanno un ruolo in ciò, ma a complicare le cose molto dipende dagli imprevisti dovuti alla longevità e ai personaggi: in particolare, quanto tempo ancora rimarrà al potere l'86enne Abdullah e se gli succederà il cagionevole principe ereditario, e suo fratellastro, Sultan bin Abdulaziz, di 82 anni.
Poiché l'Arabia Saudita è uno dei Paesi musulmani più influenti al mondo, la posta in gioco è alta, e non solo dentro il regno, ma per l'Islam e i musulmani in generale. Pertanto, questo dibattito merita tutta la nostra attenzione.