I rapporti a lungo termine dell'Europa con la sua fiorente minoranza araba, e che costituiscono la questione più spinosa del continente, seguiranno uno dei seguenti percorsi: un'integrazione armoniosa, un'espulsione dei musulmani oppure una presa di potere islamica. Quale di questi scenari avrà più probabilità di materializzarsi?
Il futuro dell'Europa riveste una enorme importanza non solo per i suoi abitanti. Per mezzo millennio, dal 1450 al 1950, questo 7 per cento del continente mondiale guidò la storia; la sua creatività e il vigore inventarono la modernità. La regione potrebbe aver già perso quella posizione cruciale sessant'anni or sono, ma essa continua ad essere estremamente importante in termini economici, politici e intellettuali. Perciò, a prescindere da quale direzione l'Europa prenderà, ciò avrà grosse implicazioni per il resto dell'umanità, e specie per i suoi paesi figli, come gli Stati Uniti, che storicamente guardano all'Europa come serbatoio di idee, persone e beni.
Qui di seguito una valutazione delle probabilità che ogni scenario ha di materializzarsi.
I. Dominio musulmano
La scomparsa Oriana Fallaci osservò che col passare del tempo "l'Europa diventa sempre più una provincia dell'Islam, una colonia islamica". La storica Bat Ye'or ha denominato questa colonia "Eurabia". Walter Laqueur prevede nel suo prossimo libro Last Day of Europe che l'Europa così come la conosciamo è destinata a cambiare. Mark Steyn, in America Alone: The End of the World as We Know, va oltre e arguisce che gran parte del mondo occidentale "non sopravvivrà al XXI secolo, vale a dire a un periodo che è già compreso nei confini temporali delle nostre vite, e gran parte di esso sparirà, inclusi parecchi, se non la maggior parte, dei paesi europei". Sono tre i fattori che argomentano a favore di una islamizzazione dell'Europa: la fede, la democrazia e un senso di retaggio.
La fede. Un secolarismo estremista predomina in Europa, specie in seno alle élite, al punto che chi si professa cristiano (come si ritiene George W. Bush) viene considerato uno squilibrato mentale e inabile ai pubblici uffici. Nel 2005, a Rocco Bottiglione, un famoso politico italiano e cattolico, venne negata la possibilità di ricoprire la carica di commissario dell'Unione europea per l'Italia a causa delle sue opinioni in merito a talune questioni come l'omosessualità. Un radicato secolarismo implica anche la desertificazione delle chiese: a Londra, i ricercatori stimano che vi siano più musulmani che affollano le moschee di venerdì che cristiani presenti nelle chiese di domenica, sebbene in città si contino più cristiani (circa sette volte di più) che musulmani. Se il cristianesimo viene meno, l'Islam costituisce una fonte di richiamo; il principe Carlo d'Inghilterra esemplifica il fascino che l'Islam esercita su molti europei. In futuro, in Europa potrebbero esserci parecchie conversioni, poiché come asserisce G. K. Chesterton: "Quando gli uomini smettono di credere in Dio, non credono in nulla; e finiscono per credere in ogni cosa".
Il secolarismo europeo imposta il suo discorso in modo abbastanza insolito per gli americani. Hugh Fitzgerald ex vice presidente di JihadWatch.org illustra una dimensione di questa differenza:
I più memorabili discorsi pronunciati dai presidenti americani hanno quasi sempre incluso riconoscibili passaggi biblici. (…) Questa fonte di forza retorica fu messa in mostra lo scorso febbraio [2003] quando esplose lo shuttle Colombia. Se non si fosse trattato di una navetta spaziale americana, ma francese, e se fosse stato Jacques Chirac a pronunciare un discorso del genere, egli avrebbe potuto servirsi del fatto che fossero implicati 7 astronauti e ricorrere all'immagine delle Pleiadi, figure mitiche del vecchio paganesimo. Nel corso della solenne cerimonia funebre nazionale che iniziò e finì con la citazione di alcuni passi sacri in ebraico, il presidente americano si comportò diversamente. Egli trasse ispirazione per il suo testo dal versetto 20,16 del Libro di Isaia, passando da un misto di stupore e soggezione per le schiere celestiali formate dal Creatore alla consolazione per la perdita terrena dell'equipaggio.
La corroborante fede dei musulmani, con la sua relativa sensibilità jihadista e la supremazia islamica, potrebbe non essere molto diversa da quella dei cristiani non più praticanti d'Europa. Questo contrasto induce parecchi musulmani a considerare l'Europa come un continente pronto per la conversione e il dominio. Ne conseguono oltraggiose asserzioni di egemonia, come quanto asserito da Omar Bakri Mohammed: "Desidero che la Gran Bretagna diventi uno stato islamico. Desidero vedere sventolare la bandiera dell'Islam al numero 10 di Downing Street". Oppure la profezia di un imam che vive in Belgio: "Presto assumeremo il potere in questo paese. Coloro che adesso ci criticano, rimpiangeranno di averlo fatto. Essi dovranno servirci. Prepariamoci, che il momento si avvicina".[1]
La popolazione. Il crollo demografico fa pensare altresì all'islamizzazione dell'Europa. Oggi, il tasso di fertilità europeo è in media di 1,4 figli per donna mentre occorrerebbero oltre 2 figli a coppia ovvero 2,1 bambini a donna. Il tasso esistente è di appena due terzi del fabbisogno; un terzo della popolazione necessaria non è mai nata.
Per evitare una drastica riduzione della popolazione, con tutti i problemi che ne derivano – e in particolar modo una mancanza di lavoratori per finanziare generosi piani pensionistici –, l'Europa necessita di immigrati – e molti. Quel terzo importato della popolazione tende ad essere musulmano, in parte perché i musulmani sono vicini all'Europa – solo tredici km separano il Marocco dalla Spagna, e qualche centinaia di chilometri distanziano l'Italia dall'Albania o dalla Libia; in parte perché i legami coloniali continuano a legare l'Asia meridionale alla Gran Bretagna o il Maghreb alla Francia; nonché a causa della violenza, della tirannia e della povertà che imperversano nel mondo musulmano odierno, il quale incoraggia un susseguirsi di ondate migratorie.
Inoltre, l'alto tasso di fertilità dei musulmani integra la carenza di natalità tra i cristiani europei. Sebbene il tasso di fertilità musulmano sia in calo, esso continua ad essere significativamente più alto rispetto a quello della popolazione autoctona europea. Non c'è dubbio che l'alto tasso di natalità abbia a che fare con le condizioni pre-moderne in cui si vennero a trovare parecchie donne musulmane. A Bruxelles, "Muhammad" è stato per alcuni anni il nome più gettonato da dare ai neonati di sesso maschile, mentre Amsterdam e Rotterdam finiranno per diventare, a partire dal 2015, le prime città europee la cui popolazione è in maggioranza musulmana. L'analista francese Michel Gurfinkiel ritiene che la Francia sarà teatro di una guerra etnica di strada che vedrebbe affrontarsi in uno scontro faccia a faccia i figli degli autoctoni e quelli degli immigrati. Le previsioni attuali parlano di un esercito russo a maggioranza musulmana, a partire dal 2015, e di un paese interamente musulmano intorno al 2050.
Senso di retaggio. Ciò che spesso viene descritto come correttezza politica dell'Europa riflette quello che io reputo essere un fenomeno più profondo, vale a dire l'estraniazione di parecchi europei dalla civiltà di appartenenza, una sensazione che non valga la pena combattere per la propria cultura storica o che neppure essa meriti di essere salvata. È impressionante rilevare l'esistenza di differenze a riguardo, in seno ai paesi europei. Probabilmente, è la Francia, il paese meno incline a questo fenomeno; lì il nazionalismo tradizionale è ancora dominante e i francesi sono orgogliosi della loro identità. La Gran Bretagna costituisce il paese che ha perso maggiormente interesse nei confronti del proprio patrimonio culturale, come simboleggiato dal querulo programma governativo: "ICONS – A Portrait of England", che spera svogliatamente di riaccendere il patriottismo, collegando i britannici ai loro "tesori nazionali", come Winnie-the Pooh e la minigonna.
Questa diffidenza ha avuto dirette e avverse implicazioni per gli immigrati musulmani, come ha spiegato Aatish Taseer nel magazine Prospect:
Per molti giovani pakistani britannici, la britannitudine rappresenta l'aspetto più simbolico dell'identità. (…) Se si denigra la propria cultura, ci si trova a dover fronteggiare il pericolo che i nuovi arrivati la cerchino altrove. Più a largo raggio, per parecchi pakistani britannici di seconda generazione la cultura del deserto degli arabi ha esercitato un fascino maggiore rispetto a quello esercitato dalla cultura britannica o da quella sub-continentale. Tre volte rimossa in passato da un solido senso di identità nazionale, adesso l'infervorata visione mondiale sovra-nazionale dell'Islam radicale è diventata un'identità disponibile per i pakistani britannici di seconda generazione.
Gli immigrati musulmani disprezzano di gran lunga la civiltà occidentale, specie la sua sessualità (pornografia, divorzio, omosessualità). Da nessuna parte, in Europa, i musulmani sono assimilati, raramente essi contraggono matrimoni inter-razziali. Qui di seguito, un colorito esempio dal Canada. La madre della notoria nidiata Khadr, famosa per essere la prima famiglia terrorista del paese, nell'aprile 2004 fece ritorno in Canada dall'Afghanistan e dal Pakistan insieme ad uno dei suoi figli. Malgrado la donna cercasse asilo in Canada, ella un mese prima aveva asserito pubblicamente che i campi di addestramento di Al-Qaeda fossero il miglior luogo per i suoi figli. "Vorreste che io allevassi mio figlio in Canada e che col tempo, a 12 o a 13 anni, egli si trasformasse in un drogato o in un omosessuale? Sarebbe la cosa migliore? "
(Ironia della sorte, nei secoli passati, come documentato da Norman Daniel, gli europei cristiani disprezzavano i musulmani per via della poligamia e degli harem, reputandoli troppo disinibiti a livello sessuale, e pertanto si consideravano moralmente superiori ad essi.)
Ricapitolando: questo primo possibile scenario contempla l'islamizzazione dell'Europa, e una sua silente sottomissione allo status di dhimmi o una conversione all'Islam, poiché lo yin dell'Europa e lo yang dei musulmani ben si accordano: un basso e un alto grado di religiosità, un basso e un alto tasso di fertilità, un basso e un alto grado di fiducia culturale.[2] L'Europa è una porta attraverso cui passano i musulmani.
II. Rifiuto dei musulmani
Oppure la porta verrà sbattuta loro in faccia? Il columnist americano Ralph Peters esclude il primo scenario: "Lungi dal godere della prospettiva di assumere il controllo dell'Europa facendo figli, i musulmani europei hanno i giorni contati (…) le previsioni di una presa di potere dell'Europa da parte musulmana (…) ignorano la storia e una inestirpabile malvagità dell'Europa". Invece, descrivendo l'Europa come il luogo "che perfezionò il genocidio e la pulizia etnica", egli preconizza che i musulmani che vivono lì "saranno fortunati ad essere deportati" e non uccisi. Claire Berlinsky, in Menace in Europe: Why the Continent's Crisis is America's, Too, concorda implicitamente indicando "i vecchi conflitti e i modelli (…) che procedono con andatura rapida e noncurante dalle nebbie della storia europea", che potrebbero ben innescare la violenza.
Questo scenario un giorno aprirà gli occhi degli europei autoctoni – che costituiscono il 95 per cento della popolazione del continente – ed essi finiranno per affermarsi. Costoro diranno "basta!" e reclameranno il loro ordine storico. Ciò non è così remoto; un sentimento di stizza tra gli europei, meno tra le élite che tra le masse, contesta con veemenza i cambiamenti già in corso. Esplicitazioni di quel risentimento includono la legislazione anti-hijab in Francia, l'irritazione per le restrizioni delle bandiere nazionali e dei simboli cristiani, nonché l'insistenza sul servire vino ai pranzi di stato. Un movimento sviluppatosi spontaneamente agli inizi del 2006 in alcune città della Francia, per servire zuppe di maiale alle mense dei poveri, escludeva così intenzionalmente i musulmani.
Di certo, questi sono problemi di minore importanza, ma in parecchi paesi sono già emersi dei partiti contrari all'immigrazione ed essi stanno cominciando a chiedere non solo un efficace controllo dei confini, ma anche l'espulsione degli immigrati illegali. In tutta Europa, sta prendendo largamente piede un movimento che tutela gli interessi della popolazione nativa, senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Ma per quanto esiguo possa essere il suo operato, esso presenta in nuce un grosso potenziale. I partiti che si oppongono all'immigrazione e all'Islam hanno in genere un background fascista, ma col tempo stanno acquisendo una maggior rispettabilità, sbarazzandosi delle loro origini antisemite e delle ambigue teorie economiche, focalizzandosi piuttosto sulle questioni attinenti la fede religiosa, la demografia e l'identità culturale, e apprendendo nozioni sull'Islam e sui musulmani. Il British National Party e il Vlaamse Belang belga offrono due esempi di una simile mossa fondata sull'obiettivo di accrescere la propria rispettabilità, a cui un giorno potrebbe far seguito l'eleggibilità parlamentare. Nel 2002, in Francia, la corsa all'Eliseo si ridusse a una competizione tra Jacques Chirac e il neofascista Jean Marie Le Pen.
Altri partiti hanno già assaporato il gusto del potere. Jörg Haider e il Freiheits Partei Österreich sono rimasti in carica per breve tempo. In Italia, la Lega Nord ha fatto parte per anni della coalizione di governo. Questi partiti probabilmente si rafforzeranno poiché i loro messaggi anti-islamisti e spesso anti-islamici echeggeranno, e i principali partiti approveranno in parte i loro messaggi. (Il Partito conservatore danese costituisce un modello: caduto in disgrazia per 72 anni, nel 2001, esso tornò al potere principalmente in virtù dei sentimenti di rabbia nutriti dai cittadini a causa del fenomeno dell'immigrazione.) Questi partiti probabilmente trarranno benefici una volta che l'immigrazione alla volta dell'Europa raggiungerà incontrollabilmente livelli ancor più alti, quando magari si verificherà un esodo di massa dall'Africa, come parecchi segnali stanno a indicare.
Una volta al potere, i partiti nazionalisti ricuseranno il multiculturalismo e tenteranno di ristabilire i tradizionali valori e molte altre cose. Non si può far altro che fare delle supposizioni in merito ai loro mezzi e alle reazioni da parte dei musulmani. Peters si dilunga sugli aspetti fascisti e violenti di alcuni gruppi e si aspetta che una violenta reazione antimusulmana assuma delle forme inquietanti. Egli ha perfino delineato uno scenario in cui "navi della marina militare americana gettino l'ancora e marine statunitensi giungano a riva a Brest, Bremerhaven, o a Bari per garantire un'evacuazione sicura dei musulmani d'Europa".
Per anni, i musulmani si sono preoccupati per l'incarcerazione e i maltrattamenti brutali, seguiti dall'espulsione o perfino dai massacri. Già negli anni Ottanta, lo scomparso Kalim Siddiqui, direttore dell'Istituto musulmano di Londra, aveva sollevato lo spettro di "camere a gas in stile hitleriano per i musulmani". Nel suo libro uscito nel 1989 Be Careful With Muhammad, Shabbir Akhtar ammonì che "la prossima volta ci saranno camere a gas in Europa, e non c'è dubbio che riguarderanno coloro che saranno al loro interno", il che vuol dire i musulmani. Un personaggio del romanzo di Hanif Kureishi, uscito nel 1991 e dal titolo Il Budda delle periferie, prepara la guerriglia che a suo dire farà seguito al momento in cui "i bianchi finirono per infiammare i neri e gli asiatici e cercarono di condurli nelle camere a gas".
Ma è ancor più probabile che i tentativi di rivendicazione da parte degli europei verranno avviati in modo pacifico e lecito, e saranno i musulmani – in linea con i recenti modelli di intimidazione e terrorismo – a ricorrere alla violenza. Molteplici sondaggi d'opinione confermano che circa il 5 per cento dei musulmani britannici approva gli attentati del 7 luglio, il che denota una generale tendenza a fare ricorso all'uso della forza.
Qualunque sia il modo in cui ciò avverrà, non si può presumere che una riaffermazione europea abbia luogo in modo cooperativo.
III. Integrazione dei musulmani
Nello scenario più roseo, gli autoctoni europei e gli immigrati musulmani riescono a trovare un modus vivendi e un modo di vivere insieme in armonia. Probabilmente, la classica asserzione di questa previsione ottimistica è costituita da uno studio redatto nel 1991 da Jeanne-Hélène e Pierre Patrick Kaltenbach, dal titolo La France, une chance pour l'Islam (La Francia, un'opportunità per l'Islam). "Per la prima volta nella storia", hanno scritto gli autori, "all'Islam è offerta l'opportunità di svegliarsi in un paese democratico, ricco, laico e pacifico". Questa speranza continua a sopravvivere. Un editoriale dell'Economist da metà del 2006 asserisce che "almeno per il momento, la prospettiva dell'Eurabia sembra un allarmismo". In quel periodo anche Jocelyne Cesari, professore associato di Studi islamici alla Harvard Divinità School, asseriva l'esistenza di un equilibrio: proprio quando "l'Islam sta cambiando l'Europa e l'Europa sta cambiando l'Islam", ella ha detto. La Cesari ritiene che "i musulmani in Europa non desiderano cambiare la natura degli stati europei" e si aspetta che essi si adattino al contesto europeo.
Un simile ottimismo, sfortunatamente, ha ben poche fondamenta. Gli europei potrebbero ancora riscoprire la loro fede cristiana, fare più figli e amare il loro stesso retaggio culturale. Potrebbero incoraggiare l'immigrazione non-musulmana o acculturare i musulmani già presenti in Europa. Ma simili cambiamenti non sono ancora in atto, né le loro prospettive sono buone. Piuttosto, i musulmani coltivano lagnanze e ambizioni in conflitto con i loro vicini autoctoni. In modo preoccupante, ogni generazione sembra essere più estraniata di quella precedente. Il romanziere canadese Hugh MacLennan qualifica la discrepanza anglo-francese del suo paese come "Due Solitudini" [dal titolo del suo libro]; qualcosa di simile, ma ancor più pronunciato, sta accadendo in Europa. I sondaggi condotti tra i musulmani britannici, ad esempio, rilevano che una maggioranza di essi percepisce l'esistenza di un conflitto tra l'identità britannica e quella musulmana e anelano all'applicazione della legge islamica.
La possibilità che i musulmani accettino i confini dell'Europa storica e che si integrino senza difficoltà in seno ad essa può essere praticamente ritenuta inconsistente. Perfino Bassam Tibi, docente dell'Università di Göttingen, che spesso ha detto che "O l'Islam si europeizza oppure l'Europa si islamizza", ha dato per spacciato il continente. Di recente, Tibi ha annunciato di lasciare la Germania, dove ha vissuto per 44 anni, per trasferirsi alla Cornell Univerity, negli Stati Uniti.
Conclusioni
Come ha sintetizzato il columnist americano Dennis Prager: "È difficile immaginare ogni altro scenario futuro per l'Europa occidentale che non sia quello di una consona islamizzazione o di una guerra civile". Piuttosto, questi due percorsi alternativi non allettanti sembrano delineare le scelte dell'Europa, con delle potenti forze che remano nella direzione contraria alla presa di potere musulmana o al rifiuto dei musulmani o al fatto che l'Europa sia un'estensione del Nord-Africa o che vivrà una condizione di una quasi guerra civile.
Che accadrà? Gli eventi decisivi che risolveranno questo dilemma devono ancora sopravvenire, pertanto non si può ancora dirlo. Ma il momento delle decisioni sta arrivando, e anche velocemente. Nel corso dei prossimi decenni, o giù di lì, il flusso migratorio odierno avrà fine, l'equazione Europa-Islam si consoliderà e il corso futuro del continente dovrebbe diventare chiaro.
Preconizzare con esattezza questo corso sarà più difficile, non essendoci precedenti storici. Nessun territorio di vaste dimensioni è mai passato da una civiltà a un'altra in virtù di una popolazione, di una fede religiosa e di una identità collassate; né mai un popolo è assurto su una scala di dimensioni così grandi per reclamare il suo patrimonio. La novità e l'importanza della difficile situazione in cui versa l'Europa rendono difficoltoso comprendere, tentare di ignorare e pressoché impossibile fare delle previsioni. L'Europa fa marciare tutti noi in una terra sconosciuta.
[1] De Morgen, Oct. 5, 1994. Citato in Koenraad Elst, "The Rushdie Rules", Middle East Quarterly, June, 1998.
[2] È impressionante osservare come Europa e Stati Uniti fossero maggiormente contraddistinti da questi tre tratti 25 anni or sono, piuttosto che al giorno d'oggi. Il che sta a indicare che la biforcazione è frutto degli sviluppi degli anni Sessanta piuttosto che di modelli storici sviluppatisi nel corso dei secoli. Ma se gli anni Sessanta ebbero un forte impatto sugli Stati Uniti, ancor più forte lo ebbero sull'Europa.