Titolo di Global Review: "Intervista a Daniel Pipes: 'Finché il Medio Oriente continuerà ad essere dominato dagli autocrati, rimarrà lo stesso vecchio Medio Oriente'".
Global Review: Il ritiro degli Stati Uniti dall'Iraq e dall'Afghanistan è stato un errore strategico o ha consentito di focalizzare l'attenzione delle forze americane sulla competizione tra grandi potenze con Cina, Russia, Corea del Nord e Iran?
Daniel Pipes: Entrambi sono stati dei disastri, soprattutto la disfatta in Afghanistan, Non è possibile giustificarli per nessun motivo. Gli americani hanno ripetutamente dimostrato di essere alleati inaffidabili.
GR: Potrebbe mettere a confronto le politiche mediorientali di Trump e Biden?
DP: Trump aveva ragione sull'Iran e Biden aveva torto, e questa è la questione più determinante. Anche l'operato di Trump nei confronti di Israele è stato migliore, Biden ha agito un po' meglio nei confronti della Turchia. Entrambi hanno sbagliato per quanto concerne l'Arabia Saudita, con Trump che non ha risposto all'attacco [missilistico] iraniano [contro le basi statunitensi in Iraq] e Biden che si è mostrato inutilmente ostile. Pertanto, tutto sommato, l'operato di Trump è stato migliore.
GR: Qual è il giusto equilibrio tra preoccupazioni di ordine umanitario e interesse nazionale quando si tratta dell'Arabia Saudita?
DP: Qui lei evoca il perpetuo conflitto esistente negli Stati Uniti tra il prendersi cura degli altri e il pensare a se stessi. Nel caso dell'Arabia Saudita e del suo giovane, impulsivo ed efficiente sovrano, Mohammed bin Salman, ciò significa puntualizzare il nostro disappunto per il suo approccio del "prima spara e poi fa domande", pur mantenendo consolidate relazioni in materia di sicurezza.
Henry Kissinger (a sinistra) e Jimmy Carter rappresentano i due estremi dello spettro degli interessi nazionali e delle preoccupazioni di ordine umanitario. |
GR: C'è la prospettiva di un trattato di difesa reciproco tra Stati Uniti e Arabia Saudita?
DP: Se intende una clausola simile all'art. 5 del trattato NATO, in cui gli Stati Uniti si impegnerebbero a difendere l'Arabia Saudita, ciò sembra fuori discussione perché può funzionare solo con un'altra democrazia. Ma qualcosa di meno vincolante esiste da molto tempo e dovrebbe essere possibile in futuro.
GR : Il regime iraniano parla di una "battaglia finale" finalizzata a cacciare gli Stati Uniti e Israele dal Medio Oriente. Come procede questo sforzo?
DP : Non bene. L'aggressività iraniana spinge i governi e i popoli della regione verso gli Stati Uniti e Israele, come dimostrano gli Accordi di Abramo e l'attuale riavvicinamento tra Arabia Saudita e Israele.
GR : Che ruolo svolgono i palestinesi nell'attuale diplomazia statunitense-saudita-israeliana?
DP : Il loro ruolo è in continua evoluzione. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha espresso chiaramente il suo punto di vista: "I palestinesi potrebbero trarre grandi benefici da una pace più ampia. Dovrebbero far parte di questo processo, ma non dovrebbero avere diritto di veto". I sauditi sembrano disposti a pagare l'Autorità Palestinese (AP) affinché stia tranquilla. L'amministrazione Biden vuole che Israele faccia importanti concessioni all'Autorità Palestinese. La stessa AP vuole fermare l'intero processo. Alla fine, prevedo un compromesso che funzionerà per tutti le parti tranne che per l'Autorità Palestinese, che si rivolgerà al suo ampio elettorato per ottenere sostegno.
GR : Un accordo israelo-saudita può finalmente creare un "Nuovo Medio Oriente"?
DP : Questa espressione risale a un libro fondamentale del 1993, The New Middle East, del politico israeliano di lunga data, Shimon Peres. Egli aveva in parte ragione nell'affermare che "in passato, la questione centrale del conflitto arabo-israeliano era il problema palestinese. Questo non è più vero; ora è la minaccia nucleare". Ma aveva torto nell'auspicare "un accordo tipo 'Benelux' tra Israele, Palestina e Giordania per gli affari economici (...) che consentisse a ciascuno di vivere in pace e prosperità". Ancora più erroneamente, egli predisse che l'intero Medio Oriente si sarebbe unito "in un mercato comune". Finché il Medio Oriente continuerà ad essere dominato dagli autocrati, rimarrà lo stesso vecchio Medio Oriente.
GR : Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen si aspetta che molti altri Paesi a maggioranza musulmana seguiranno l'Arabia Saudita nell'adesione agli accordi di Abramo. È realistico?
DP : Col tempo, sì. L'Oman, lo farà con molta probabilità. Successivamente potrebbero unirsi la Tunisia e il Kuwait. Immagino, un giorno, l'Algeria, la Libia e l'Iraq. La cosa più importante resta il fatto che i Paesi arabi cinquant'anni fa abbandonarono la guerra contro Israele, in seguito alla guerra dell'ottobre 1973. Uno dopo l'altro si sono riconciliati con lo Stato ebraico. Il caso palestinese è più complesso, con la popolazione che va nella stessa direzione mentre i leader, siano essi l'Autorità Palestinese o Hamas, sono sempre più ostili.
Sarà il sultano dell'Oman Haitham bin Tarik quello che dopo MbS aderirà agli Accordi di Abramo? |
GR : Il Corridoio tra India, Medio Oriente ed Europa (IMEC), di recente annunciato e promosso dagli Stati Uniti, propone di "stimolare lo sviluppo economico attraverso una maggiore connettività e integrazione economica tra l'Asia, il Golfo Arabico e l'Europa. (...) Includerà una ferrovia che, una volta completata, fornirà una rete di transito transfrontaliero nave-ferrovia affidabile ed economicamente vantaggiosa per integrare le rotte di trasporto marittimo e stradale esistenti, consentendo a beni e servizi di transitare da, verso e tra India, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Giordania, Israele ed Europa". Cosa ne pensa di questo piano?
DP : Un decennio dopo, rappresenta una risposta allo stesso modo alla nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative (BRI), questo vasto progetto della Cina comunista. Il Corridoio compete anche con grandi piani precedenti, come il Global Gateway del 2021 e il Partenariato per le infrastrutture e gli investimenti globali del 2022, per non parlare del Canale di Suez e della Ferrovia Transasiatica già esistenti. Date queste alternative, il costo dell'IMEC e le sue sfide politiche, sono scettico riguardo al suo potenziale.
GR : È inesatto definire "apartheid" l'attuale situazione in Cisgiordania, ma ci sono casi in cui questo termine potrebbe essere applicato?
DP : Sì, definire Israele uno Stato di apartheid è diffamante. Non credo che il Paese vada in quella direzione, anche se alcuni progetti per la Cisgiordania potrebbero giustificarlo. Penso in particolare a quella che a volte viene chiamata la soluzione dello Stato unico, secondo la quale Israele annetterebbe l'intera Cisgiordania, estenderebbe su di essa la propria sovranità e applicherebbe il diritto civile israeliano. Come a Gerusalemme Est dal 1967, i palestinesi avrebbero la residenza permanente e l'opportunità di richiedere la cittadinanza. Ciò trasforma la difficile situazione della popolazione musulmana di Gerusalemme che non ha la cittadinanza in un modello per la sua controparte molto più numerosa in Cisgiordania. Se i cittadini della Cisgiordania decidessero di rimanere come residenti permanenti privi dei pieni diritti di cittadinanza, emergerebbe un corpo politico a due livelli che sarebbe credibilmente definito apartheid.
GR : Dopo tanti anni, Netanyahu e Recep Tayyip Erdoğan si sono incontrati. Cosa ne pensa?
DP : Erdoğan, un islamista, disprezza Israele ma capisce che a volte deve essere conciliante e comportarsi bene. Durante il suo primo decennio al potere (2003-2013), i leader israeliani pensavano di poter fare affari con lui. Da allora hanno preso coscienza della realtà. Spero che Netanyahu tratterà in modo transnazionale con Erdoğan e non prenderà impegni, come un gasdotto attraverso la Turchia, che renderebbero Israele ostaggio dei capricci di Ankara.
L'incontro tra Netanyahu (a sinistra) ed Erdoğan è andato apparentemente bene, come ci si poteva aspettare. |
GR : Netanyahu può sfuggire alla questione del controllo giurisdizionale abbandonando Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, a favore di una coalizione con Benny Gantz?
DP : Netanyahu ha ingannato Gantz una volta. È difficile immaginare che Gantz si allei nuovamente con Netanyahu, questa volta per salvare il suo governo. Consapevoli di ciò, Ben Gvir e Smotrich sfruttano appieno il loro potere.
GR : Esiste la prospettiva di un colpo di Stato militare in Israele?
DP : Non riesco a immaginarlo. Le Forze di Difesa Israeliane accettano pienamente il primato del controllo politico.