Tra i due palazzi (pubblicato con questo titolo in Italia nel 1996 Tullio Pironti Editore, pp. 653 [Traduzione di Clelia Sarnelli Cerqua], N.d.T.) è il miglior romanzo di Naguib Mahfouz, vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1988; il presente volume e altri due che completano La trilogia del Cairo potrebbero benissimo essere il capolavoro della letteratura araba del XX secolo.
In Tra i due palazzi, (il titolo in inglese, Palace Walk, si riferisce a una strada principale nella parte vecchia del Cairo), Mahfouz descrive il processo di modernizzazione avvenuto in Egitto attraverso la storia di una famiglia cairota, gli Abd al-Jawad, nel corso di un solo anno: il 1919. Le implicazioni sono epocali e il racconto è avvincente, almeno fino a quando non si indebolisce sotto il peso del proprio simbolismo, a due terzi del percorso.
Ahmad, il padre, è un 45enne commerciante di successo che vive una straordinaria doppia vita. A casa, domina la sua famiglia attraverso il governo autoritario e la moralità assolutista. Non solo gode di un potere assoluto sulla famiglia, ma esige abitualmente atti di servilismo da parte loro: i figli devono baciargli le mani quando è arrabbiato con loro; sua moglie, Amina, si siede ai suoi piedi ogni notte, quando lui rincasa dai bagordi, per togliergli scarpe e calze. L'altra personalità di Ahmad viene fuori con i clienti, gli amici e le amanti. Con loro è spiritoso e dissoluto: l'amante preferito di molte cantanti e sempre l'anima delle feste.
Pur essendo profondamente ipocrita, Ahmad non si sente tale, e i lettori occidentali constateranno senz'altro che il suo essere impenitente è una delle due caratteristiche più peculiari della vita egiziana di settant'anni fa.
L'altra peculiarità è la sorprendente condizione delle donne. Una cosa è sapere in astratto che le donne erano isolate e costrette ad accettare il comportamento del marito, costi quel che costi; un'altra cosa è sapere nello specifico della moglie di Ahmad, Amina. Con una domestica e un bagno privato, non ha bisogno di uscire di casa, e Ahmad le proibisce di mostrarsi in pubblico. In venticinque anni di vita coniugale, Amina mette piede fuori casa solo per recarsi in visita dalla madre in rare occasioni e anche in tal caso sorvegliata a vista dal marito.
Poi, c'è il doppio standard. Ahmad esce tutte le sere e spesso non rincasa fino all'alba, ma qualunque ora sia Amina lo aspetta ed è al suo servizio. Una volta, nel primo anno di matrimonio, la donna esprime il suo disappunto per le uscite di Ahmad e quest'ultimo risponde: "Sono un uomo. La questione è chiusa. Non accetto commenti sul mio comportamento. Devi obbedirmi e stare attenta a non costringermi a punirti". Amina poi "ha imparato da questa e dalle altre lezioni che ne sono seguite a sopportare tutto – anche la presenza dei jinn, i geni – per non suscitare la sua ira. Doveva essere obbediente senza restrizioni o condizioni; e lo era".
Insieme, l'isolamento delle donne e il doppio standard portano agli estremi della vita coniugale nella famiglia Abd al-Jawad. Il marito trascorre le giornate e le serate fuori casa, godendosi l'allegra compagnia di coetanei maschi e di donne dissolute, mentre la moglie resta per decenni in casa. Questo accordo chiaramente non poteva sopravvivere alla modernizzazione.
E infatti non ha funzionato. Ciascuno dei cinque figli della coppia contesta qualche aspetto, rilevante o meno, della vita dei genitori. I due punti di attrito più importanti riguardano i rapporti familiari e gli atteggiamenti sessuali.
Secondo Mahfouz, la Prima guerra mondiale ha segnato grandi cambiamenti nella tradizionale struttura familiare musulmana. Quando Fahmi, il secondo figlio, si rifiuta di obbedire all'ordine di Ahmad di interrompere le sue attività nazionalistiche, si comporta come un figlio moderno. Fahmi non è soltanto disobbediente, si ispira a principi morali che Ahmad non può né condividere né annullare con la forza dell'autorità personale. Un tale conflitto tra generazioni era quasi inconcepibile nella società più statica dei periodi precedenti, quando padre e figlio sarebbero stati all'unisono in sintonia con le lealtà tradizionali. Una volta stabilito il precedente, ci si aspetta che si reiteri con frequenza crescente e giustificazione decrescente. Man mano che il potere di Ahmad diminuisce, i rapporti familiari si avviano verso la modernità.
Zaynab, la moglie del figlio maggiore di Ahmad, vuole che ci siano cambiamenti nella sua condizione di donna. Insiste per uscire la sera con il marito; Amina, la donna tradizionale, si oppone prevedibilmente a questa idea (perché altrimenti i suoi decenni di accettazione sembrerebbero sprecati e sciocchi). Ma ancor più rivoluzionario è il fatto che Zaynab chieda il divorzio quando trova suo marito con un'altra donna. Potrebbe non sembrare una reazione sorprendente, ma lo è per Ahmad, il quale è cresciuto secondo un'etica completamente diversa. "Non c'era nulla di strano nel fatto che un uomo gettasse un paio di scarpe, ma le scarpe non dovrebbero lanciare il loro proprietario". Il mondo sta cambiando e ogni personaggio, pur rimpiangendolo, cambia con esso.
Mahfouz può essere paragonato a Honoré Balzac nel suo amore per la vita di una particolare grande città, alta e bassa, e nella sua tolleranza per l'ambiguità che alberga nel cuore di ogni essere umano. Al suo meglio, Tra i due palazzi è ricco di spunti sulla condizione umana. Il suo trionfo risiede nella descrizione dei personaggi, in particolare la complessa figura di Ahmad, che potremmo facilmente giudicare un mostro morale. Ma Mahfouz rende plausibile, attraverso i molteplici punti di vista e i monologhi interiori del commerciante, la buona opinione che gli amici, la famiglia e lui stesso hanno di lui.
I personaggi di Mahfouz sono nitidi grazie alla sua grande chiarezza di linguaggio, sebbene la sua verbalità, la sua capacità espressiva, sia leggermente pregiudicata in questa traduzione in inglese (a cura di William M. Hutehins e Olive E. Kenny) da una scelta lessicale che spesso sembra limitarsi alla mera trasposizione asettica del testo originale.
L'aspetto più contemporaneo del romanzo, e quello più debole, è il suo finale. A differenza di Balzac, Mahfouz lascia in sospeso la storia, interrompendo la narrazione in un momento clou che dà a riflettere, senza concludere una vicenda che avrebbe potuto essere un soddisfacente criterio di valutazione per il cambiamento dei suoi personaggi.