Bernard Lewis inizia il suo straordinario studio sulla storia del Medio Oriente evocando una normale caffetteria di un Paese come la Turchia, l'Egitto o l'Iran. È una scena comune: "uomini seduti a un tavolo che bevono una tazza di caffè o di tè, magari fumando una sigaretta, leggendo un giornale, giocando a un gioco da tavolo", con una radio o una televisione accesa nell'angolo.
Lewis procede quindi a decostruire gli elementi principali di questa immagine, mostrando nel processo come i suoi elementi derivano quasi tutti dall'Occidente. Gli habitué dei caffè indossano abiti in stile occidentale; gli occhiali e gli orologi che portano sono stati prodotti interamente nei Paesi occidentali. Tavoli e sedie sono arrivati con il colonialismo, sostituendo cuscini e pouf. Il tabacco viene dall'America. I giornali provengono dall'Europa, ovviamente, così come quasi tutti i loro contenuti, dalla copertura politica ai fumetti. Lo stesso vale per la radio e la televisione, compresi i programmi musicali. Solo il caffè e i giochi da tavolo possono vantare origini locali.
Questa caffetteria permette a Lewis di definire accuratamente uno dei temi principali del suo libro: comprendere oggi il Medio Oriente significa comprendere il "rapido e forzato cambiamento" che ha patito in un assalto occidentale che dura ormai da due secoli. E vedere l'influenza occidentale nel contesto, a sua volta, richiede un'immersione molto più profonda nell'esperienza mediorientale. Questo è esattamente ciò che Lewis procede poi a offrire al lettore in una storia pionieristica degli ultimi due millenni del Medio Oriente.
In molti modi, la versione di Lewis di questa storia migliora quella offerta dai suoi predecessori. In primo luogo, non inizia con il VII secolo, quando ebbe origine l'Islam, ma risale interamente ai tempi di Gesù. Pur riconoscendo che "l'avvento della dominazione islamica (...) ha segnato chiaramente l'inizio di una nuova società", l'autore si impegna a mostrare le continuità con l'antico Vicino Oriente. Questo ha il particolare pregio di collocare la storia islamica nel contesto, piuttosto che vederla come un'innovazione quasi completa.
In secondo luogo, Lewis aspira a fare di più che recitare nomi e date; spera di trasmettere qualcosa della trama della vita mediorientale. Come suggerisce l'immagine del caffè, la sua è una storia completamente moderna, piena di dettagli sorprendenti e di figure emblematiche. La narrazione politica necessaria è lì come spina dorsale della storia, ma le aree sociali, economiche e culturali, proprio quelle che più probabilmente incuriosiranno il lettore occidentale, arricchiscono lo studio. Ad esempio, Lewis osserva sinteticamente che una differenza apparentemente sottile nell'agricoltura ha profonde implicazioni: "Nell'Europa occidentale, l'agricoltura e l'allevamento del bestiame sono stati strettamente associati, spesso, anzi, nelle stesse mani. In Medio Oriente, ci sono sempre stati divisioni conflitti tra il contadino e il nomade". Gran parte della storia del Medio Oriente deriva da questo semplice fatto, compresi la sua esperienza politica e i suoi ritmi economici.
Se alcune delle sue informazioni saranno senza dubbio note a un lettore con una conoscenza di base del Medio Oriente, Lewis attinge ampiamente dalla sua ricerca originale assicurando che gran parte del suo libro sarà inedita anche per la mano più esperta del Medio Oriente. Inoltre, A Brief History aspira alla sofisticatezza che si trova nelle storie dell'Europa e degli Stati Uniti, un risultato degno di nota visto quanto poco, rispetto a quelle regioni, sia stato studiato il Medio Oriente.
In terzo luogo, l'autore resiste alle meschine ortodossie del politicamente corretto. Piuttosto che incolpare ritualisticamente l'imperialismo europeo per gli attuali guai del Medio Oriente, elogia la breve era del dominio anglo-francese del Medio Oriente come "un intermezzo di economia liberale e libertà politica". Anziché accettare l'attuale entusiasmo del Medio Oriente per l'Islam fondamentalista come un ripudio dei costumi occidentali, Lewis guarda sotto la superficie e scopre che la regione si sta occidentalizzando suo malgrado: "il rifiuto dell'Occidente e delle sue offerte non è affatto così completo e indiscriminato come la propaganda potrebbe indicare". Parecchie importazioni dalle terre della miscredenza, osserva l'autore, rimangono "molto gradite".
E per finire, il libro è scritto egregiamente. Recentemente definito "uno dei grandi scrittori di prosa degli ultimi cinquant'anni", Lewis ha un talento per l'immagine, i giri di parole e per le citazioni efficaci; inoltre, sviscera tematiche complesse (come l'impatto delle idee rivoluzionarie francesi sul Medio Oriente) in modo che si noti appena la loro difficoltà.
Guardando al futuro, Lewis vede la fine dei due secoli del Medio Oriente sotto la morsa occidentale vede la regione all'inizio di una nuova era. Le potenze straniere hanno recentemente chiarito che, al massimo, "agiranno per difendere i propri interessi, cioè i mercati e il petrolio, e gli interessi della comunità internazionale", ma non faranno di più. Rovesciare Saddam Hussein? Dipende dagli iracheni. Ricostruire il Libano e l'Afghanistan? No, grazie, non sono affari nostri. Per quanto i mediorientali continuino a incolpare l'Occidente per i loro problemi, scrive Lewis, solo loro "possono decidere se e come utilizzare questa opportunità che si presenta mentre, in un intervallo della loro travagliata storia moderna, rimane aperta".
Lewis ha scritto il suo primo articolo pubblicato nel 1936. Ora, alla vigilia del suo 80° compleanno alla fine di questo mese, ha scritto la pietra miliare nella sua lunga carriera, esaminando a grandi linee così tanti argomenti di cui ha precedentemente scritto in modo più dettagliato. Il lettore può ora beneficiare di questa vita di studio nelle pagine di un solo libro.