Ammetto di aver riposto certe aspettative nell'aprire il libro pubblicato dalla Yale University Press e scritto da un professore emerito di Relazioni Internazionali presso Near East South Asia Strategic Studies Center della National Defense University. Occorre osservare che il Centro è un'unità del Dipartimento della Difesa statunitense "focalizzata sull'obiettivo di rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza" tra americani e "specialisti [in ambito regionale] di politica estera e militare, diplomatici, accademici e leader della società civile".
Tali aspettative riguardano principalmente l'obiettività scientifica: non ci si aspetta di trovare un pio trattatello musulmano sciita. Tuttavia, questo è ciò che caratterizza L'erede del Profeta, un'apologia della figura chiave dello sciismo, uno dei personaggi più importanti della storia islamica, cugino e genero di Maometto, il Profeta dell'Islam.
Esaminiamo in che modo Abbas descrive il suo argomento nella sua introduzione (disponibile gratis qui): il professore emerito di Relazioni Internazionali, il cui stipendio viene pagato dai contribuenti americani ci informa a pagina uno del "valore ineguagliabile e della spiritualità" di Ali. Delinea l'inizio dell'Islam "quando l'arcangelo Gabriele allietò la città della Mecca con un messaggio divino per una persona molto speciale (... ) l'ultimo profeta di Dio sulla Terra". La pagina due prosegue spiegando che il messaggio divino a Maometto era "una continuazione di ciò che era già stato rivelato, ma era stato dimenticato o modificato", essendo questo per l'appunto la visione classica, superiore e sprezzante che l'Islam ha dell'Ebraismo e del Cristianesimo. A pagina quattro, Ali viene definito "un fervente difensore della giustizia (...) un guerriero coraggioso".
L'apologetica va anche ben oltre Ali. Pagina nove informa che i musulmani "primeggiavano in ambiti che vanno dalle arti e le scienze all'arte del governare e alla costruzione di imperi nei continenti durante gli ultimi quattordici secoli". Le successive 190 pagine continuano in un simile spirito da'wa (missionario), non preoccupandosi nemmeno di mascherare l'agiografia come biografia, ma trattando apertamente la storia religiosa come storia di fatto. Che un riverente musulmano sciita voglia scrivere una tale ode al suo modello religioso è abbastanza naturale. Ma il fatto che il governo finanzi e che la Yale University divulghi tali materiali per la scuola domenicale sorprende e sgomenta questo lettore.
L'erede del Profeta dovrebbe allarmare coloro che guardano con preoccupazione alla separazione tra Stato e Chiesa, chi si preoccupa degli sprechi del governo e chi teme i regolari sconfinamenti islamisti sulla pubblica piazza.