Il terrorismo è il linguaggio diplomatico ordinario in Medio Oriente.
- Josette Alia
Altri Paesi del Medio Oriente esportano datteri, tappeti oppure olio; la Siria esporta guai.
- Un ambasciatore americano in Siria
L'operazione Hindawi
Background
La migliore introduzione all'uso siriano della guerra segreta è legata a una singola vicenda, la distruzione quasi riuscita di un aereo El Al, nell'aprile del 1986. Il tentativo di Nizar Hindawi rivela molto dei metodi del governo siriano, e dice anche qualcosa in merito ai suoi obiettivi.
Nizar al-Hindawi. |
In cerca di asilo, arrivò a Londra nel 1979. All'inizio, sperava di scrivere per la stampa araba. Ma così non fu, in parte, perché aveva problemi di alcolismo. Non riuscendo ad avere un'occupazione stabile, Hindawi fece dei lavori saltuari. Ad esempio, nel 1982, lavorò per due mesi come fattorino per Al-'Arab, un giornale arabo con sede a Londra. Venne, però, licenziato per comportamento bizzarro (per aver chiuso a chiave la stanza delle telescriventi ed essersi portato a casa la chiave in un attacco di collera). Hindawi ebbe inoltre altri problemi. Sposò una donna polacca dalla quale ebbe una figlia, ma poi la moglie lo lasciò e fece ritorno in Polonia con la piccola.
Scoraggiato, nei primi anni Ottanta, Hindawi offrì i suoi servizi al governo siriano per far soldi. Secondo le autorità britanniche, l'ambasciatore siriano alla Corte di St. James, Loutuf Allah Haydar, provvide personalmente ad assumerlo. Il rapporto di lavoro iniziò in modo innocente, con Hindawi che scriveva pezzi sulla Siria. E poi, una cosa tirò l'altra e intorno alla fine del 1985 – all'incirca quando il governo giordano rifiutò di rinnovargli il passaporto – si recò in Siria per un addestramento militare di due mesi. Hindawi si formò in un campo gestito da Abu Nidal, nei pressi di Dahir, una città di 15 mila abitanti, a est di Damasco.
L'Operazione inizia
Nel gennaio del 1986, Hindawi si recò a Damasco, dove incontrò il generale di brigata Muhammad al-Khuli, capo dell'intelligence dell'aeronautica militare, capo dell'Ufficio della sicurezza nazionale e ritenuto essere il consigliere più fidato di Asad. (L'incarico di al-Khuli contemplava anche gli ospiti stranieri, la Syrian Arab Airlines, le operazioni segrete e la protezione personale di Asad.) Inoltre, Hindawi incontrò tre assistenti di al-Khuli: i tenenti colonnelli Haytham Sa'id, Mufid Akhur e Samir Kukash. Fecero un accordo: Hindawi avrebbe pianificato un attentato a un aereo El Al e in cambio i siriani lo avrebbero aiutato nei suoi sforzi contro il governo giordano. Sa'id, il numero due dell'intelligence dell'aeronautica militare, venne designato agente incaricato di controllare Hindawi.
In un incontro successivo, il 9 febbraio 1986, Sa'id fece un primo versamento di 12 mila dollari (l'intero importo di un'operazione di successo ammontava a 250 mila dollari) e gli fornì un passaporto "di servizio" siriano (un passaporto ufficiale valido per un solo viaggio alla volta) intestato a "Isam Shar". Hindawi usò il suo passaporto giordano originale per recarsi numerose volte nei Paesi del blocco sovietico, ma fece affidamento su quello siriano per recarsi in due occasioni nel Regno Unito.
Lo utilizzò l'indomani, il 10 febbraio, per il primo visto. Ogni volta, il ministero degli Esteri siriano avallava le richieste di visto di Hindawi al governo britannico con una nota ufficiale di approvazione. Secondo un comunicato stampa, i visti gli furono concessi, in parte, grazie alla complicità di un agente siriano nell'ambasciata britannica a Damasco. Hindawi fece una prova generale a Londra, a febbraio, facendosi passare per un agente di forniture militari che intendeva acquistare dei pezzi di ricambio per le British Leyland Range Rover. Come parte della sua copertura diplomatica, entrò anche a far parte di un club londinese.
Tornato a Damasco, si incontrò di nuovo con Haytham Sa'id, che gli mostrò come preparare una valigia-bomba mettendo il detonatore vicino alla carica principale in un doppio fondo; l'esplosivo sarebbe stato poi soggetto ad autocombustione. In altre parole, non erano necessari né fili elettrici né competenza tecnica. Se fosse stato preso, disse Sa'id a Hindawi, non avrebbe dovuto parlare dei suoi rapporti con la Siria. Piuttosto, avrebbe dovuto far credere di essere un corriere della droga. La violazione di queste disposizioni avrebbe portato il giorno dopo all'eliminazione di un quarto dei 500 membri della famiglia Hindawi residenti in Siria. E infine, Sa'id dette a Hindawi il suo numero di telefono: Damasco 336-068.
Prima di partire per il suo lavoro londinese, Hindawi pare abbia dimostrato le sue capacità, organizzando il 29 marzo 1986 l'attentato dinamitardo alla Società per l'Amicizia tedesco-araba con sede a Berlino, un'operazione condotta principalmente da suo fratello Ahmad Nawwaf al-Mansur al-Hasi.
Il 2 aprile, Hindawi chiese un secondo visto britannico, utilizzando di nuovo il suo falso passaporto. Stavolta si presentò come contabile del ministero degli Affari Esteri siriano in vacanza in Gran Bretagna. Il visto gli fu accordato il giorno dopo e il 5 aprile si recò a Londra per la seconda volta, come "Isam Shar". Il fratello di Haytham Sa'id, Ghasim, lo accompagnò, e i due si presentarono come membri dell'equipaggio della compagnia aerea Syrian Arab Airlines. Hindawi restò le prime due notti con l'equipaggio al Royal Garden Hotel, pernottando in una stanza pagata dalla compagnia aerea. Il 6 aprile, gli furono consegnati il detonatore e la valigia che avrebbe dovuto usare. La valigia era stata custodita da suo padre, Nawwaf Mansur, il quale viveva anche lui a Londra.
L'entrata in scena di Ann-Marie Murphy
Ann-Marie Doreen Murphy. |
Hindawi la mise incinta due volte. La prima gravidanza, avvenuta all'inizio del 1985, si concluse con un aborto spontaneo. Lui poi scomparve tra l'aprile e il settembre del 1985. La donna rimase incinta una seconda volta, nel novembre del 1985. Ma prima che lei lo scoprisse, Hindawi aveva lasciato di nuovo il Paese. Quando le telefonò da Berlino, nel gennaio del 1986, e apprese la notizia, disse di non volerne sapere. Piuttosto, Hindawi la spinse ad abortire. Nelle parole della Murphy, "Non voleva saperne. Voleva che me ne sbarazzassi". E invece, la donna iniziò a pensare di tornare da sola in Irlanda.
Poi, con sua grande sorpresa, Hindawi riapparve il 7 aprile 1986. Pieno di entusiasmo, le dichiarò il suo amore. L'indomani, in un fast-food sulla Oxford Street, insistette affinché si sposassero subito e partissero per la luna di miele. Fece dei piani per recarsi entrambi in "Terra Santa" e poi andare in Giordania dove, tre giorni dopo, avrebbe avuto luogo la cerimonia. Hindawi, però, insistette per viaggiare separatamente, dicendo che il suo datore di lavoro gli aveva pagato un biglietto aereo su un altro volo. La Murphy, ignara della politica mediorientale, accettò di buon grado tutti questi piani (anche il fatto che un giordano avrebbe fatto ritorno a casa passando per Israele).
Hindawi le chiese di non parlare con nessuno dei loro progetti e divenne irragionevolmente furioso quando seppe che la donna aveva informato due sue sorelle, un'amica e il marito di quest'ultima. Inoltre, voleva mantenere segreta la loro storia dalla compagnia aerea al personale israeliano delle dogane addetto ai controlli. A tal fine, le fornì delle risposte alle domande standard che le avrebbero rivolto andando in Israele. Poi la interrogò e la istruì per dare le giuste risposte.
Hindawi l'aiutò a preparare il viaggio anche in altri modi. Le disse che in aeroporto avrebbe trovato ad aspettarla una donna di nome Angela. Pagò il suo nuovo passaporto, le comprò degli abiti nuovi e le dette il denaro per acquistare un biglietto aereo per Israele su volo El Al 016 di giovedì 17 aprile. (Il giorno potrebbe essere stato scelto perché prossimo a Pesach, la Pasqua ebraica, e per la maggiore probabilità che il volo fosse pieno.) Il 15 aprile, Hindawi era fuori dall'agenzia viaggi Superstar, sulla Regent Street, mentre la Murphy acquistava un biglietto aereo. La sera del 16 aprile, le consegnò una valigia con le ruote ("holdall", in inglese britannico), per gentile concessione dell'ambasciata siriana. Sostenendo che le sue valige erano troppo grandi, Hindawi la convinse a usare questo bagaglio.
Oltre a contenere abiti maschili, la valigia aveva un doppio fondo contenente un foglio di mezzo pollice di spessore di Semtex, il potente esplosivo al plastico di fabbricazione cecoslovacca che in seguito fece saltare in aria un jumbo della Pan Am, in volo su Lockerbie, in Scozia, e un aereo UTA precipitato in Africa occidentale. Essendo quasi privo di cavi, il Semtex è praticamente irrilevabile dai raggi X dell'aeroporto. Le tre libbre e mezzo di Semtex erano state attaccate al fondo del bagaglio; test della polizia mostrarono che alcuni capelli di Hindawi erano stati rinvenuti sotto il nastro adesivo. (Questo piccolo punto confuta definitivamente la pretesa siriana che l'intelligence israeliana aveva scambiato la valigia della Murphy per una messa in scena.)
Mentre aiutava la Murphy a fare il bagaglio, Hindawi inserì nella valigia una calcolatrice scientifica Commodore, dicendole che era un regalo per un amico in Israele. In effetti, se è vero che questo meccanismo era una calcolatrice funzionante, erano però stati aggiunti un timer a circuito stampato e 1,7 once di Semtex. La calcolatrice, se dotata di una batteria, sarebbe servita a innescare la valigia-bomba. Ma il dispositivo era stato assemblato così abilmente che la calcolatrice avrebbe potuto essere testata da un addetto ai controlli e sarebbe risultata funzionante. Secondo Scotland Yard, la sofisticazione di questa bomba quasi certamente implicava che era stata costruita a Damasco, anche se alcuni rapporti affermano che era stata assemblata nell'ambasciata siriana a Londra.
L'Operazione
La mattina dopo, il 17 aprile, Hindawi si alzò presto e indossando un completo marrone, scarpe nere e un cappotto beige prese un taxi per recarsi a casa della Murphy, a Kilburn, dove arrivò intorno alle 7:30 del mattino. Alle 8:03, mentre si dirigevano verso l'aeroporto di Heatrow, un Hindawi visibilmente nervoso inserì una batteria nella calcolatrice, innescando il detonatore affinché esplodesse cinque ore e un minuto dopo, alle 13:04 GMT [ora media di Greenwich]. La partenza del volo era fissata alle 9:50 del mattino; con ogni probabilità l'aereo avrebbe volato a 39 mila piedi al di sopra dell'Austria, quando la bomba sarebbe esplosa e tutti i passeggeri sarebbero rimasti certamente uccisi. Hindawi spinse la calcolatrice sul fondo del bagaglio, dove sarebbe stata più vicina alla carica principale, e rendere così più sicura l'esplosione.
Quando la coppia arrivò in aeroporto, intorno alle 8:30, Hindawi pagò il taxi e mise la valigia su un carrello. I due trascorsero un po' di tempo a chiacchierare nel terminal prima che Hindawi baciasse rapidamente su entrambe le guance la donna incinta e la salutasse con un semplice "Arrivederci a più tardi". Tornò quindi al Royal Garden Hotel, con l'intenzione di presentarsi di nuovo come membro dell'equipaggio sul volo delle 14:00 che quel pomeriggio sarebbe partito per la Siria.
Non fu un caso che la Murphy venne catturata e in gran parte perché il suo comportamento destò dei sospetti. Per cominciare, il suo biglietto era stato ri-prenotato, cosa che fa scattare automaticamente uno speciale controllo da parte della El Al. Poi, l'intervista di sicurezza al Gate B23 fu un disastro. La Murphy passò senza problemi attraverso la macchina a raggi X e raggiunse la porta di imbarco con il bagaglio sul carrello. Lì attese con calma fino alle 9:10, quando un addetto della El Al le fece delle domande di routine. Innanzitutto, quando le chiese se avesse fatto i bagagli da sola, la ragazza rispose di no, facendo scattare l'allarme. Come ricostruito da Neil C. Livingstone e David Halevy, il seguente rapido susseguirsi di domande e risposte andò pressappoco in questo modo:
"Qual è lo scopo del suo viaggio in Israele?"
Ricordandosi quello che le era stato detto di rispondere, la Murphy replicò: "Per una vacanza".
"Lei è sposata, Miss Murphy?"
"No."
Poiché le donne irlandesi nubili e incinte solitamente non si recano in vacanza in Israele, l'addetto della El Al indagò ulteriormente e le chiese: "Viaggia da sola?"
"Sì."
"È il suo primo viaggio all'estero?"
"Sì."
"Ha parenti in Israele?"
Esitante, la Murphy rispose "no".
Ogni risposta aumentava la stranezza della passeggera. "Ha intenzione di incontrare qualcuno in Israele?"
"No."
"La sua vacanza è stata pianificata da molto tempo?"
"No."
Incalzandola con una serie di domande, le chiese: "Dove starà durante il soggiorno in Israele?"
"Al Tel Aviv Hilton."
"Quanto denaro ha con lei?"
"Cinquanta sterline [circa 70 dollari]."
"Sa quanto costa una camera all'Hilton?" E poi, senza aspettare una risposta (costa almeno 100 dollari a notte), le domandò: "Ha una carta di credito?"
"Oh, sì", rispose la Murphy ed estrasse dalla borsa un documento di riconoscimento da esibire a un'agenzia di cambio.
Questo era troppo. Convinto che qualcosa non andava, l'addetto della El Al svuotò il bagaglio e lo trovò "abbastanza pesante", con "una sorta di doppio fondo". Disse alla Murphy che avrebbe dovuto sottoporsi a una perquisizione e prese la valigia per ispezionarla in una stanza del personale. Sebbene la donna non avesse nulla addosso, l'ispezione sul bagaglio rilevò la presenza di un sacchetto di plastica sul fondo, pieno di una sostanza oleosa e giallastra: il Semtex. A seguito di un controllo più approfondito emerse il detonatore nella calcolatrice Commodore.
Successivamente
Se l'attentato dinamitardo avesse avuto successo, Hindawi avrebbe lasciato la Gran Bretagna quel pomeriggio. Ma la Murphy era ancora viva per raccontare alla polizia di Hindawi e la notizia del fallito attentato era stata diffusa nella mattinata. Hindawi l'aveva appresa mentre aspettava il bus della Syrian Arab Airline per andare a Heatrow. Piuttosto che fuggire come programmato, Hindawi venne condotto dalla scorta dell'intelligence all'ambasciata siriana, dove l'ambasciatore Loutuf Allah Haydar lo incontrò e si complimentò con lui per "l'eccellente lavoro". Hindawi consegnò una lettera al diplomatico che telefonò a Damasco per ricevere istruzioni. Hindawi fu fatto poi uscire dalla porta sul retro da dove raggiunse un appartamento privato al numero 19 della Stonor Road, a West Kensington. Una volta lì, una guardia dell'ambasciata gli tagliò e i capelli e li tinse. Hindawi trascorse la notte nell'abitazione. L'indomani, due uomini andarono a prenderlo alle 5:30 del mattino per ricondurlo all'ambasciata siriana. Fuggì prima che lo facessero salire in auto, preferendo non mettere il suo destino nelle mani del regime di Damasco.
Si rifugiò nel London Visitors Hotel, in zona Holland Park, dove si registrò per una notte, pagando 24 sterline, e gli fu assegnata la camera 18. Il gestore riconobbe Hindawi dalla foto pubblicata su tutti i quotidiani e informò il proprietario dell'albergo, Na'im 'Awran, di origine giordana. Quest'ultimo era una conoscenza d'affari di Mahmud, il fratello maggiore di Nizar, un contabile che lavorava presso l'ambasciata del Qatar a Londra. 'Awran telefonò a Mahmud e insistette affinché si recasse all'albergo. Insieme, i due convinsero Nizar a consegnarsi alla polizia. Accettando il consiglio, Nizar tornò nella sua camera e attese tranquillamento l'arrivo delle autorità. Due poliziotti in borghese arrivarono e lo portarono via.
Dopo aver inizialmente tentato di ingannare la polizia con la storia di essere stato coinvolto in niente altro che un traffico di sostanze stupefacenti in Israele, Hindawi finì per confessare, raccontando i dettagli dell'incontro avuto a febbraio con Khuli e a dimostrazione della sua buona fede fornì il numero di telefono personale di Khuli. Secondo un resoconto, Hindawi avrebbe anche affermato che Hafiz al-Asad in persona avrebbe ordinato l'attentato all'aereo della El Al. Hindawi disse, inoltre, ciò che sapeva sugli equipaggi della compagnia aerea Syrian Arab Airline che trasportavano esplosivi, armi e stupefacenti nel Regno Unito.
Anche se in seguito Hindawi ritrattò, forse memore delle minacce lanciate da Sa'id contro la sua famiglia, le informazioni contenute nella sua confessione furono successivamente confermate. Inoltre, la sua cattura coinvolse suo fratello Ahmad e suo cugino 'Awni. La polizia trovò nell'appartamento di Hindawi il numero di telefono di Berlino di Ahmad. Un tribunale della Germania Ovest in seguito riconobbe Hasi colpevole dell'esplosione verificatasi il 29 marzo 1986 alla Società per l'Amicizia tedesco-araba a Berlino Ovest, in cui persero la vita due persone. Era anche implicato nell'attentato dinamitardo avvenuto la settimana successiva a La Belle Discoteque, a Berlino. Anche Hasi aveva lavorato per i siriani: ammise di aver ritirato gli esplosivi nella cucina dell'ambasciata siriana a Berlino Est. Poi la polizia intercettò una lettera che Hindawi aveva inviato dal carcere a suo cugino, 'Awni al-Hindawi, a Genova, in cui gli chiedeva di "dire ai siriani di prendere degli ostaggi e di farlo uscire di prigione". 'Awni venne arrestato per complicità nell'attentato di Berlino.
Conclusioni
Va osservato che il regime di Asad era coinvolto in ogni fase dell'operazione poiché aveva istruito Hindawi in Siria; gli aveva fornito un passaporto; aveva approvato le sue richieste di visto; lo aveva fatto passare per un membro dell'equipaggio della Syrian Arab Airlines; gli aveva dato gli esplosivi e il bagaglio con il doppio fondo e lo aveva aiutato dopo il tentativo fallito. Hindawi aveva ancor più implicato il governo chiedendogli di prendere in ostaggio dei cittadini britannici in suo favore. La partecipazione diretta di Damasco è alquanto inusuale, ma l'affaire Hindawi per altri versi esemplifica bene anche l'uso siriano del terrorismo – l'utilizzo di un cittadino non siriano; l'utilizzo sfacciato dell'immunità diplomatica; l'uso di un esplosivo altamente tecnologico; il ricorso a una donna autoctona; e la paura da parte dell'operativo dei suoi mandanti. Il giudice dell'Old Bailey lo dice bene all'atto della pronuncia della sentenza: "Si è trattato di un crimine ben pianificato e ben organizzato che ha coinvolto molte altre persone oltre a lei, alcune delle quali in alto loco".
Il giudice aveva ragione, anche se c'erano molte congetture in merito al fatto che il tentativo di Hindawi facesse parte di un'operazione segreta o di "un'iniziativa privata di funzionari intermedi dell'intelligence siriana". Un giornalista riteneva addirittura che Asad "e il resto del suo governo non sapessero nulla dell'operazione fino a quando non appresero la notizia dalla radio".
Inoltre, ci sono diversi motivi per credere che Hafiz al-Asad in persona avesse supervisionato l'operazione di Londra. Innanzitutto, Hindawi inizialmente lo confermò. In secondo luogo, sembra inconcepibile che Asad avesse permesso a dei subalterni di prendere delle iniziative che sarebbero potute sfociare in una guerra con Israele. In terzo luogo, Muhammad al-Khuli era uno dei più stretti collaboratori di Asad, ben lungi dall'essere un burocrate di medio livello. In quarto luogo, se il fallito attentato fosse stata un'operazione segreta, Khuli e i suoi collaboratori avrebbero pagato un certo prezzo, ma non sembrano essere stati affatto puniti. E per finire, Asad supervisiona personalmente tutte le operazioni importanti, pertanto è inconcepibile che un'operazione di questa portata avrebbe avuto luogo a sua insaputa. Nelle parole di un ex membro del Partito Ba'th siriano, "se fosse stata davvero la Siria, allora lo stesso Asad sarebbe stato responsabile. Per quanto concerne le questioni di sicurezza della massima importanza, egli cura ogni dettaglio".
Concludendo, sembra che il governo britannico sia stato coinvolto in qualche sotterfugio. Mentre Scotland Yard ha annunciato che la Murphy era stata fermata in seguito a "un controllo di sicurezza di routine", è lecito supporre che dietro vi fosse molto di più. In particolare, sembra quasi certo che gli inglesi, nel marzo del 1986, avessero intercettato una richiesta di assistenza rivolta all'ambasciata siriana per sostenere l'operazione pianificata di Hindawi. Quest'ultimo era quindi sotto sorveglianza 24 ore su 24 da quando era arrivato nel Regno Unito, il 5 aprile. Inoltre, gli aerei americani con base in Gran Bretagna avevano bombardato la Libia appena due giorni prima, e il timore di ritorsioni misero l'aeroporto in massima allerta. Come affermato da un anonimo specialista del governo americano: "Gli israeliani stavano aspettando la signorina Murphy. Non fu una sorpresa quando lei e il suo bagaglio arrivarono. Era sicuro che sarebbero stati eseguiti dei controlli ripetuti".
Il terrorismo nel contesto di una politica estera
Perché il governo siriano promuove attività come quella di Hindawi? In che modo tali operazioni promuovono gli interessi dello Stato? Come si può indurre Damasco a non sostenere il terrorismo?
Sono delle domande complesse, ma il punto da cui partire è la descrizione del regime di Asad e delle sue priorità. Dal suo avvento al potere, nel novembre del 1970, il primo obiettivo di Asad fu quello di mantenere il potere. Questa è una sfida costante, perché le posizioni di vertice del regime sono ricoperte principalmente dagli Alawiti, membri di una piccola e disprezzata minoranza religiosa molto invisa alla maggioranza musulmana sunnita. Poiché beneficiano in maniera sproporzionata dal governo di Asad, gli Alawiti temono ciò che potrebbe accadere se perdessero il controllo sui sunniti. Questa paura arriva perfino a spiegare la natura bellicosa della politica estera siriana. Il tentativo di eliminare Israele fa appello ai sunniti soppiantati e li accomuna al regime. Anche i tentativi di Damasco di controllare la regione conosciuta sotto il nome di Grande Siria (che include il Libano, la Palestina e la Giordania) sono ampiamente popolari. E l'allineamento con l'Unione Sovietica ha reso più facile da molto tempo la possibilità di reprimere i sunniti ogni volta che escono dalle righe.
Ognuna di queste politiche implica anche la necessità di una guerra segreta. Gli israeliani sono troppo forti per attaccarli con mezzi convenzionali, pertanto, si ricorre ai metodi irregolari. La Grande Siria esige degli sforzi irredentisti contro il Libano e la Giordania, oltre che contro l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP). La connessione sovietica porta a campagne di sabotaggio contro la Turchia e l'Occidente. Tenuto conto di questa aggressività, il terrorismo – piuttosto che le forme tradizionali della violenza armata – diventa un utile strumento di governo. È poco costoso, permette di ricorrere ad azioni che uno Stato non potrebbe sostenere apertamente e intimidisce gli avversari.
Nelle mani di Asad, il terrorismo ha spesso influenzato le azioni degli Stati stranieri. In Libano, spinse fuori le truppe occidentali e israeliane, nel 1982-1984, e ha aiutato Damasco a guadagnare e a mantenere il controllo su gran parte del territorio del Paese. Nel conflitto arabo-israeliano, è un fattore essenziale per evitare che gli Stati arabi adottino politiche più concilianti verso Israele; in particolare, ha impedito a Re Hussein di Giordania di avviare negoziati di pace con Israele. Nel Golfo Persico, è una questione di denaro che continua ad arrivare. Con la Libia e l'Iran, promuove un'alleanza che altrimenti sarebbe fragile. Per ciò che concerne l'Unione Sovietica, aumenta il potere siriano e rafforza l'utilità di Asad.
Il terrorismo serve anche a scopi più mirati. In un'occasione, nel settembre del 1986, i funzionari siriani si offrirono di fare il possibile per contrastare il terrorismo in Francia – ma solo in cambio di aiuti economici. La serie di incidenti sostenuti dalla Siria tra aprile e settembre avevano, secondo l'analista israeliano Moshe Zak, due obiettivi. Impedire un dialogo israelo-egiziano-giordano ed eliminare l'influenza israeliana sul sud del Libano. Inoltre, a suo dire, le due cose sono collegate: "L'intelligence siriana sembra credere che le esplosioni a Parigi siano un buon contesto per ammorbidire la posizione della Francia sul Libano e per fare in modo che l'Eliseo eserciti pressioni su Israele" per lasciare il Libano.
Asad iniziò a sponsorizzare il terrorismo prima di diventare il governante della Siria, nel 1970. Il sostegno da lui dato a metà degli anni Sessanta ai gruppi palestinesi, ad esempio, contribuì direttamente allo scoppio della guerra arabo-israeliana del giugno 1967. Da quando Asad prese il potere, il ricorso da parte sua a questo strumento può essere suddiviso in quattro periodi distinti.
Primi anni Settanta-1982. I cittadini siriani parteciparono alle operazioni a Damasco, la maggior parte delle quali erano dirette contro obiettivi israeliani ed ebraici o contro gli arabi. Questi ultimi annoveravano nemici dello Stato siriano come i dissidenti siriani e i palestinesi pro-Arafat; così come i funzionari di Paesi che Damasco voleva intimidire (come la Giordania, l'Arabia Saudita e il Kuwait).
1983-1985. Due importanti cambiamenti nel modus operandi ebbero luogo nel 1983, entrambi connessi alla guerra del 1982 in Libano. Innanzitutto, il governo siriano divenne il fulcro internazionale del terrorismo, avendo assunto questo ruolo dall'OLP. Si stima che 3.500 disperati si siano trasferiti a Damasco dopo la fine del 1983. In secondo luogo, le autorità siriane iniziarono a stare molto attente a non usare i cittadini siriani nelle loro campagne di terrorismo; i siriani agivano solo da supervisori, mentre coloro che non erano siriani facevano il lavoro sporco.
1986. Durante un breve periodo, soprattutto nella primavera del 1986, Asad, direttamente coinvolto, fece affidamento sui suoi servizi di intelligence. A un certo punto, uno dei più alti responsabili dell'intelligence, il colonnello Haytham Sa'id, si recò addirittura a Berlino per supervisionare un'operazione. Nonostante una rete elaborata e ingegnosa, il coinvolgimento siriano venne scoperto a più riprese – ma alla fine di quell'anno, una serie di azioni giudiziarie per terrorismo finanziato dalla Siria erano in corso a Londra, Madrid, Parigi, Berlino Ovest, Genova, Vienna, Istanbul e Karachi. Il regime divenne famoso a livello internazionale e alla fine sembrava avere trovato il prezzo troppo elevato. Le bombe a Beirut sono una cosa, a Parigi, sono tutt'altra cosa. Scottato dal clamore, Asad si ritirò in Medio Oriente.
1987 a oggi. L'attività siriana ritornò a un mix di primo e secondo periodo. Come nel primo periodo, il terrorismo è principalmente dispiegato in Medio Oriente (in Turchia e in Libano, contro palestinesi e israeliani); questo tiene Damasco lontano dai titoli dei giornali e riduce i costi politici. Come nel secondo periodo, il regime si basa principalmente sui mandatari. Dopo l'ambiziosa sperimentazione del 1983-1986, questo connubio sembra offrire uno stabile approccio a lungo termine al terrorismo.
Protettori e partner
Asad ha reso di fatto la Siria un membro del blocco sovietico; questo spiega non solo questo tipo di comportamento generale, come la posizione violentemente antioccidentale del governo Asad, ma anche le specifiche attività terroristiche siriane che, altrimenti sarebbero difficili da spiegare. Ma l'attività più importante è costituita dai tentativi siriani a lungo termine di destabilizzare la Turchia, di cui il Cremlino beneficia molto più di Asad.
In cambio, il blocco sovietico fornisce una vasta gamma di assistenza al terrorismo di matrice siriana. Ciò include le armi stesse (in particolare il Semtex, un esplosivo molto malleabile) e l'addestramento al loro uso. Fino a poco tempo fa, "i consulenti per la sicurezza" della Germania Est e della Bulgaria lavoravano nei campi siriani, mentre i membri di alcune organizzazioni terroristiche si recavano in Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est per la formazione specialistica; alcuni di loro hanno perfino imparato il russo o le lingue del blocco orientale.
Ma i legami tra la Siria e i Paesi del blocco sovietico sono andati ben oltre gli aiuti materiali. Nonostante ciò che Harvey Sicherman ha definito come "una storia di tradimenti sottili" tra la Siria e l'URSS, numerose prove indicano che l'Unione Sovietica e i suoi clienti hanno un ruolo importante, sebbene non specifico, nell'incoraggiare i siriani a ricorrere al terrorismo. Forniscono alla Siria un sostegno che accresce la sua fiducia ad assumersi dei rischi. Non solo Asad sa che i suoi nemici rifletteranno bene e a lungo prima di affrontare le batterie di missili intorno a Damasco o la rabbia sovietica, ma ha anche il sostegno politico e psicologico di una rete mondiale di Stati e movimenti. A differenza di altri leader mediorientali intraprendenti e bellicosi (Khomeini, Gheddafi, Arafat), non è mai stato solo. Ci possono essere tensioni su questioni del momento, ma il legame si è dimostrato durevole e profondo.
Nella regione mediorientale, Damasco è collegato principalmente al governo iraniano e a quello libico. La connessione iraniana riveste una particolare importanza in Libano. I Boeing 747 dell'aeronautica militare iraniana volano a Damasco per trasportare uomini, armi e fondi per le operazioni di Teheran in Libano. Questi vengono poi prelevati da convogli di camion, che percorrono strade militari per evitare controlli doganali e ispezioni alla frontiera, e raggiungono la valle della Bekaa, in Libano. I gruppi radicali fondamentalisti musulmani come la Jihad islamica, Amal islamica e Hezbollah dipendono da questo accordo per quasi tutte le forniture. In cambio, per consentire questo accesso, oltre che per fornire aiuti, il governo siriano esercita un ampio margine di controllo sugli alleati libanesi dell'Iran.
Così, agli inizi dell'ottobre del 1983, circa tre settimane prima che la caserma dei Marines americani a Beirut saltasse in aria, un volo speciale sarebbe arrivato a Damasco da Teheran, con una cinquantina di operativi iraniani a bordo. Furono immediatamente trasferiti a Baalbek nel Libano sotto il controllo siriano e da lì trovarono il modo di arrivare a Beirut. La pianificazione reale dell'attacco coinvolse tanto agenti siriani quanto iraniani. Il segretario alla Difesa Caspar W. Weinberger sintetizzò l'alleanza osservando che i responsabili dell'esplosione della caserma dei Marines erano "essenzialmente iraniani con il patrocinio e sotto gli occhi dell'autorità del governo siriano".
Per quanto concerne le tre modalità di cooperazione, sembra che Damasco collabori sia con il governo libico sia con quello iraniano nell'appoggio offerto all'organizzazione di Abu Nidal. Secondo un palestinese pro-siriano, i tre Paesi trovano vantaggioso aiutare di concerto questo gruppo perché "fornisce loro una forza araba che li solleva da ogni responsabilità pubblica". Secondo un esperto israeliano di terrorismo, "la Libia acquista, immagazzina e distribuisce armi grazie alla sua valigia diplomatica; la Siria fornisce l'intelligence logistica e la formazione necessarie a un tale attacco; l'Iran fornisce i commando suicidi e qualche finanziamento".
La cooperazione può essere ancora più vasta: alcuni terroristi di primo piano hanno un timbro misterioso sulla sesta pagina del loro passaporto che mostra un aereo, la data del "30 novembre 1984" e la parola "Casa-Nouasseur". Secondo quanto riferito, questo consente loro di entrare, senza rispondere ad alcuna domanda, in molti Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.
Se questa cooperazione avviene alla luce del sole, il terrorismo resta un mondo molto segreto nel quale i Paesi agiscono da soli, soprattutto a livello operativo. Un funzionario del controspionaggio francese ha usato un'analogia per spiegare la cooperazione tra i gruppi terroristici: questi ultimi assomigliano a delle imprese che fabbricano gli stessi prodotti che di solito sono concorrenti, ma talvolta uniscono le loro forze come membri di un'associazione di categoria per cooperare.
Complessivamente, Asad preferisce alleanze con piccoli gruppi che può dominare, e questi hanno un ruolo molto più ampio nella sua guerra segreta rispetto ad altri Stati.
Organizzazioni
La maggior parte dell'attività terroristica di matrice siriana dal 1983 è stata svolta dai membri di organizzazioni con base in Libano che sono influenzate, se non controllate, dal governo siriano. Un assistente di Husayn Musawi dell'Islamic Amal, nel 1984, spiegava così la portata del controllo siriano: "Non abbiamo libertà d'azione. Le nostre operazioni non sono approvate se non sono nell'interesse di Damasco". Un rapporto del Dipartimento di Stato del dicembre del 1986 spiega i vantaggi di questo assetto:
Gli elementi a disposizione evidenziano che la Siria preferisce appoggiare dei gruppi le cui attività sono in genere in linea con gli obiettivi siriani, anziché scegliere obiettivi o controllare le operazioni stesse. Damasco utilizza questi gruppi per attaccare o intimidire i nemici e gli avversari ed esercitare la sua influenza nella regione. Ma allo stesso tempo, può negare di essere a conoscenza delle loro operazioni.
In questo modo, Asad esercita un controllo efficace, pur declinando al contempo ogni responsabilità – una combinazione perfetta.
Oltre a una negabilità plausibile, il sostegno indiretto rende possibile aggiungere manodopera e competenze. I gruppi che agiscono come mandatari possono contare su molti più quadri di fedeli sostenitori di quanti possano contare i dittatori militari a Damasco. Il sostegno indiretto consente altresì ad Asad di svolgere un ruolo di intermediario. Egli assume ripetutamente il ruolo di statista, parlando ai leader stranieri dei modi per ottenere la liberazione dei loro ostaggi o per fermare il terrorismo sul loro territorio, una posizione che non solo dissocia Asad dai gruppi terroristici, ma lo protegge dall'ira degli stranieri. Nessuno Stato osa punirlo, perché nessuno vuole inimicarsi questo intermediario chiave. Asad mantiene così ottime relazioni con numerosi leader – anche con coloro i cui cittadini subiscono le sue vessazioni.
Asad si avvale di tre tipi di organizzazioni:
Le organizzazioni palestinesi. Dopo essere state cacciate dal Libano nel 1982, molte fazioni dell'OLP si rifugiarono in Siria, dove Asad le pose sotto l'egida del Fronte di Salvezza Nazionale per la Palestina (PNSF). Il PNSF annovera As-Sa'iqa, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (guidato da George Habash), il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina-Comando Generale (di Ahmad Jibril), il Fronte Popolare Democratico per la Liberazione della Palestina (di Na'if Hawatma) e i dissidenti di Fatah di Abu Musa. Tra gli altri gruppi spiccano l'Organizzazione Araba del 15 Maggio per la Liberazione della Palestina (di Naji 'Alush) e Fatah-Comando Rivoluzionario (di Abu Nidal). I siriani corteggiarono Abu Nidal nel tentativo di sottrarlo ai suoi protettori iracheni alla fine del 1979 o all'inizio del 1980; da allora egli divenne uno degli agenti più attivi di Asad, conducendo operazioni in quasi tutti i Paesi dell'Europa occidentale e in molti del Medio Oriente. Nidal sembra essersi trasferito in Libia all'inizio del 1987.
Le organizzazioni arabe. Il Partito Social Nazionalista Siriano (PSNS o SSNP), fondato nel 1932, approvato con entusiasmo da Asad perché i suoi obiettivi coincidono con i suoi piani per la creazione di un unico Stato siriano che corrisponde ai territori attuali di Siria, Libano, Israele e Giordania. Il sostegno siriano consente al PSNS di controllare una porzione del territorio libanese a sud di Tripoli. Insieme al Partito Baath del Libano e al Partito comunista libanese, ha condotto quasi tutti i 15 attentati suicidi contro Israele e le truppe dell'Esercito del Libano del Sud avvenuti nel 1985.
Altri gruppi includono il Partito Socialista Progressista (druso), l'Amal (sciita), i Nasiriti (sunnita), le Brigate Rivoluzionarie Libanesi, la Fazione Rivoluzionaria Armata Libanese (FARL), l'Egitto Arabo, la Commissione per la Difesa delle Libertà Democratiche in Giordania, il Fronte Democratico per la Liberazione della Somalia, il Fronte di Liberazione dell'Eritrea e il Polisario. I media iracheni hanno raffigurato l'Organizzazione per la Jihad Islamica in Libano come "una copertura per i crimini politici [della Siria]" e questo è almeno in parte vero.
Le organizzazioni non arabe. Dal 1980 circa, l'Esercito Segreto Armeno per la Liberazione dell'Armenia (ASALA) riceve l'aiuto siriano – basi di addestramento, sostegno logistico e un centro operativo. Quando il gruppo dovette lasciare Beirut nel 1982, trovò nuovi quartieri nel Libano sotto il controllo siriano. Secondo quanto riferito, l'intelligence francese ritiene che Damasco utilizzi l'ASALA sotto la supervisione sovietica come un modo per destabilizzare la Turchia e indebolire l'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO). Il Partito del Lavoratori del Kurdistan (PKK) fungeva da strumento principale della Siria contro il governo turco. Il PKK, da tempo lungo il più probabile sospettato dell'assassinio del primo ministro svedese Olof Palm, avvenuto nel febbraio del 1986, è stato definito "uno Stato all'interno di uno Stato nell'Europa occidentale". Mehmet Ali Agca, l'attentatore del Papa ha testimoniato in Siria come membro dei Lupi Grigi turchi.
Per le operazioni in Europa occidentale, gli agenti siriani hanno lavorato con la Fazione Armata Rossa della Germania Ovest, Azione diretta operante in Francia, le Brigate Rosse in Italia, l'ETA basca e le Cellule Comuniste Combattenti del Belgio. Un po' più lontano, l'aiuto va anche a Zulfikar del Pakistan, all'Organizzazione di Liberazione Unita Pattani della Thailandia e alle Tigri di Liberazione dell'Eelam Tamil dello Sri Lanka. Il portavoce dell'Armata Rossa Giapponese vive a Damasco.
Se un terrorista condannato esce di prigione, è probabile che si recherà nel territorio controllato dai siriani. Magdelena Kopp, membro della banda Baader-Meinhof, ha lasciato una prigione francese ed è partita per Damasco, passando da Atene. A meno di un mese dal suo rilascio avvenuto nel maggio del 1985, Kozo Okamoto dell'Armata Rossa Giapponese si recò nella valle della Bekaa. Al suo rilascio, Bruno Breguet, un affiliato di "Carlos", volò a Damasco, dove venne accolto al suo arrivo dalle autorità siriane e portato via. Nell'aprile del 1986, anche Frédéric Oriach di Azione Diretta (e si dice che fosse "l'inventore" della FARL) raggiunse la Siria. "Quando tutte queste persone sono in città nello stesso momento", scrive G. Jefferson Price, "nella hall dell'hotel [Sheraton] che prediligono si respira l'atmosfera di una riunione di malavitosi".
In tutto, secondo Abdullah Öcalan, il leader del PKK che vive a Damasco, ci sono circa 73 organizzazioni di questo genere che il governo siriano sostiene.
Cosa significa questo per le organizzazioni? Perché fanno il lavoro sporco di Damasco? Perché lo Stato siriano (come ogni altro) può offrire un grande aiuto a gruppi collaborativi. I vantaggi includono: accesso internazionale, denaro, alta tecnologia e attentatori suicidi.
L'immunità diplomatica permette di trasportare pressoché indisturbati armi, esplosivi, attrezzature speciali e denaro attraverso le frontiere internazionali. Le ambasciate hanno il duplice vantaggio di essere strutture sicure, in tempo di crisi, e di fungere da santuari inviolabili. A differenza dei gruppi rivoluzionari, gli Stati hanno inesauribili somme di denaro da spendere per il terrorismo. Dal punto di vista di uno Stato, si tratta di un modo molto economico di fare la guerra. Le retribuzioni agli agenti sembrano essere buone, ma non generose.
Gli Stati hanno accesso a materiale costoso, delicato e riservato che i gruppi privati non potrebbero sperare di acquisire. Gli agenti siriani sono stati catturati in possesso di sostanze altamente esplosive, come il Semtex H di fabbricazione cecoslovacca, la pentrite e il tritolo. Dispongono altresì di sotto-mitragliatrici, di propellenti e di una varietà di dispositivi di controllo a distanza. Si dice che a Damasco si tenga un corso specializzato nella produzione di valigie Samsonite manomesse (che vengono poi scambiate con quelle di ignari passeggeri). Gli Stati falsificano i passaporti di altri Stati con particolare maestria; così, Georges Ibrahim 'Abdullah, capo della FARL, portava con sé non meno di cinque passaporti (due marocchini, uno algerino, uno maltese e uno dello Yemen del Sud).
Gli Stati possono fornire alle organizzazioni degli operativi pronti al suicidio. Gli attentatori suicidi hanno due grandi vantaggi: tendono ad arrecare il maggior numero di danni e in genere muoiono prima di essere catturati (e pertanto non rivelano ciò che sanno). Ci sono, però, pochi fanatici che si offrono volontari a rinunciare alla propria vita ed è là che lo Stato ha un ruolo. La connessione tra l'autorità statale e il suicidio non può essere ovvia, ma può essere molto diretta. I governi possono usare i loro poteri di coercizione per scegliere qualcuno e offrirgli un'opzione: "O muori di una morte lenta, dolorosa e certa in prigione, i tuoi familiari vengono vessati o uccisi, e il tuo nome viene trascinato nel fango. Oppure compi questa operazione, e in tal caso hai l'opportunità di sopravvivere. E se muori, sarà una morte repentina, la tua famiglia sarà ricompensata e faremo di te un eroe nazionale". In queste circostanze, l'attacco suicida è una scelta razionale e prudente.
Operazioni
In Siria, ci sono circa 25 campi di addestramento per la guerra irregolare, cinque dei quali a Damasco. Il campo di Yarmuk pare sia quello più specificamente destinato ad affinare le abilità terroristiche. Altre basi, tra cui quella di Abu Nidal a Hammara, operano apertamente nella valle della Bekaa, una zona sotto il completo controllo siriano. I campi di addestramento sono supervisionati dall'esercito siriano e i membri della famiglia vivono nei campi palestinesi a Damasco. Un ex membro del gruppo di Abu Nidal ha affermato che riguardo all'addestramento in Iraq (simile presumibilmente a quello in Siria) i corsi standard durano sei mesi. Una giornata tipo consiste in una corsa di dieci chilometri, da quattro ore di allenamento fisico e dall'esercitazione con armi come kalashnikov e mitragliatrici WZ 63, seguite da lezioni di indottrinamento. Nell'addestramento avanzato, "abbiamo imparato a uccidere la gente con una varietà di metodi; come introdursi negli edifici; come seguire le persone per strada e poi dileguarsi".
Il governo siriano, in genere, organizza il passaggio dal Libano o dalla Siria al luogo dell'operazione. Fornisce un passaporto falso (o due). In certi casi, un funzionario dell'intelligence siriana (Mukhabarat) accompagna l'operativo. I viaggi tendono a non essere diretti: gli agenti che vanno a Roma, ad esempio, passano dalla Jugoslavia o dalla Grecia.
Per ottenere la massima versatilità, le autorità siriane fanno molto affidamento sugli agenti "dormienti" attivati con largo anticipo rispetto a un'operazione. Tali operativi solitamente si iscrivono a una scuola di lingue o all'università, un modo facile per ottenere lo status giuridico in un Paese straniero, per poi raccogliere informazioni sugli obiettivi e passare liberamente le frontiere. Sfruttano il gran numero di persone di passaggio e le permissive leggi in materia di asilo politico di luoghi come Berlino Ovest. Gli agenti dormienti spesso allestiscono due residenze, una per una vita normale e l'altra come casa rifugio, quest'ultima spesso nei pressi di un aeroporto. Gli alloggi talvolta sono molteplici: in tre Paesi dell'Europa occidentale, la polizia ha contato cinque appartamenti appartenenti alla FARL. I conti bancari cifrati, in Svizzera, sono d'obbligo. Presumibilmente, i tre membri dell'SSNP sorpresi a introdurre furtivamente dal Canada negli Stati Uniti materiale esplosivo nell'ottobre del 1987 stavano preparando una cellula dormiente; e lo stesso dicasi per Yu Kikumura, membro dell'Armata Rossa Giapponese, sorpreso con tre potenti bombe sul New Jersey Turnpike, nell'aprile del 1988. Più in generale, secondo Pierre Marion, il capo della Direzione generale francese della Sicurezza esterna nei primi anni Ottanta, "in Occidente, in Europa occidentale e in Francia, in particolare, esistono delle infrastrutture logistiche, permanenti, dormienti" che sono "attivate per questa o per quella operazione particolare".
I siriani sono attenti a non lasciare impronte. In alcuni casi, chiamano gli agenti lo stesso giorno dell'operazione o fanno affidamento su "intermediari", individui che svolgono un incarico senza sapere nient'altro dell'operazione. Preferiscono altresì contare sui membri di una famiglia, pensando che questi siano impenetrabili alla polizia. Tra le famiglie in vista dei servizi siriani ci sono gli Abdallah del Libano e il clan Hindawi-Hasi della Giordania. Marion ha spiegato il metodo siriano dell'operazione: "Le armi e le bombe entrano nel Paese con la valigia diplomatica. Il terrorista arriva nel Paese in aereo o su un treno, con le mani in tasca [ossia non portando nulla]. Incontra il suo contatto, che gli fornisce gli obiettivi e i mezzi per portare a termine la missione".
Hafiz al-Asad conserva le schede personali degli operativi terroristi attraverso i suoi stretti collaboratori. I campi e le operazioni sotto la supervisione del generale di brigata Muhammad al-Khuli. In un'occasione, un agente ricevette istruzioni da Khuli che erano state firmate direttamente da lui. Il controllo viene ulteriormente mantenuto obbligando gli operativi a chiamare nei momenti cruciali le figure chiave a Damasco, anche da Paesi stranieri.
Il governo siriano fa affidamento sulle squadre suicide per alcune delle sue operazioni più difficili. Nel maggio del 1985, Asad pronunciò un discorso sorprendente, rivolgendosi a una platea studentesca:
Credo nella grandezza del martirio e nell'importanza dell'autosacrificio sin dalla mia giovinezza. Ho la sensazione e la convinzione che il pesante fardello per la nostra popolazione e per la nostra nazione (...) potrebbe essere rimosso e sradicato solo con l'autosacrificio e il martirio. (...) Tali attacchi possono infliggere pesanti perdite al nemico. Garantiscono risultati, in termini di sferrare un colpo diretto, diffondere il terrorismo tra i ranghi nemici, sollevare il morale della popolazione e accrescere la consapevolezza dei cittadini sull'importanza dello spirito del martirio. Così, le ondate di martirio popolare seguiranno successivamente e il nemico non sarà in grado di sopportarle. (...) Spero che la mia vita finisca solo con il martirio. (...) La mia convinzione nel martirio non è né accidentale né temporanea. Gli anni hanno consolidato questa convinzione.
Asad non si vanta quasi mai; si può essere certi che una dichiarazione del genere ha una prospettiva funzionale. In effetti, sembra che, a partire dal marzo del 1985, Asad e Khuli supervisionarono l'addestramento di squadre suicide appositamente scelte. I piloti tra i soldati venivano addestrati in Libano nella base aerea di Minakh, nei pressi del confine turco. Un certo numero di terroristi catturati ha affermato di voler abbandonare, ma di non aver osato farlo per paura di ritorsioni da parte di Damasco.
Alcuni dettagli sui suicidi di matrice siriana furono resi noti nell'agosto del 1987, quando un egiziano, 'Ali 'Abd ar-Rahman Wahhaba, si consegnò all'Esercito del Libano del Sud, una forza sostenuta da Israele. Wahhaba raccontò la seguente storia: si era recato in Libano nei primi anni Ottanta in cerca di lavoro; sotto ripetute torture fu costretto nel 1984 a unirsi a un gruppo appoggiato al Mukhabarat, la forza di intelligence egiziana. Nel 1986, seguì un corso di formazione di due settimane in armi ed esplosivi, in un campo gestito dal sergente maggiore capo dell'intelligence siriana nella valle della Bekaa. Nel gennaio del 1987, Wahhaba "venne condotto negli studi televisivi siriani a Damasco, dove gli fu consegnato un copione. Fu filmato mentre diceva che si sarebbe suicidato di sua spontanea volontà in un attacco contro il nemico sionista". 'Abdallah Ahmar, comandante in seconda nel Partito Ba'th siriano, supervisionò le riprese; in seguito, il generale Ghazi Kan'an, capo del Mukhabarat in Libano, lo inviò in missione e benedì la sua impresa. Alla fine, Wahhaba non fece esplodere gli 11 chilogrammi di TNT nascosti nel suo giubbotto, ma si consegnò all'Esercito del Libano del Sud.
Per quanto economici, i campi di addestramento, le armi speciali, gli agenti dormienti e dell'intelligence esauriscono le scarse risorse del governo siriano, pertanto, è necessario un finanziamento speciale. I siriani si impegnano allora in una varietà di forme di finanziamento creativo: traffico d'armi e di droga, furto di auto, racket delle tangenti, rapine in banca ed estorsione ai danni dei petro-Stati. Alcuni Stati utilizzano addirittura i fondi destinati agli studenti a questo scopo; tra il 1976 e il 1978, il denaro iracheno per le borse di studio agli studenti palestinesi in Europa passava da Abu Nidal e quest'ultimo si avvalse della propria posizione traendo profitto da prestazioni come acquistare un appartamento, noleggiare un'auto, trasferire bagagli od ospitare uno sconosciuto.
Le vittime
I precedenti dimostrano che, nonostante il regime siriano sfrutti qualsiasi luogo, gli obiettivi rimangono quasi sempre gli stessi – giordani, libanesi, palestinesi, da un lato; israeliani, ebrei, americani e britannici, dall'altro. (Si veda la Tabella per una sintesi statistica degli anni 1983-1986, alla fine di questo saggio.) I giordani sono stati maggiormente vittime dell'aggressione siriana rispetto a qualsiasi altra popolazione. La Giordania è stata altresì teatro del maggior numero di incidenti, seguita da Grecia e Italia. Ma né i greci né gli italiani sono mai stati delle vittime prescelte. Al contrario, se in Israele si sono verificati solo tre episodi, israeliani ed ebrei hanno subìto nove attacchi.
Gli arabi. Molti degli oppositori del regime siriano vengono perseguiti all'estero. Muhammad 'Umran, un politico siriano di spicco durante gli anni Sessanta, viveva a Tripoli, in Libano, dal 1967; venne assassinato il 4 marzo 1972. Le prove sul luogo del delitto rivelarono la complicità del governo siriano. Salah ad-Din al-Bitar, uno dei fondatori del Partito Ba'th (che governa la Siria e al quale appartiene Asad) fondò un giornale a Parigi, Al-Ihya' al-'Arabi, in cui denunciò i misfatti del regime di Asad. Bitar riteneva che la "situazione in Siria avesse raggiunto il limite: ogni giorno, la dittatura diventa più sanguinosa e la politica internazionale di Hafiz al-Asad è un insulto alla causa araba". Nel luglio del 1980, dopo aver esortato i siriani a rovesciare Asad, Bitar venne ucciso in un garage parigino. Sebbene il governo francese non avesse formulato accuse formali per questo crimine, i gruppi di opposizione siriani puntarono il dito contro l'attaché militare dell'ambasciata siriana a Parigi, il colonnello Nadim 'Umran, un alawita.
Quattro giorni dopo la morte di Bitar, Asad annunciò che "tutti coloro che si oppongono al regime saranno annientati. (...) Noi li perseguiremo ovunque". Tenendo fede a questa minaccia, nel marzo del 1981,sicari siriani perpetrarono un attentato ad Aachen, nella Germania Ovest, ai danni dell'abitazione di 'Isam' Attar, un leader dei Fratelli Musulmani, il quale sopravvisse all'attacco perché al momento non era in casa, ma la moglie ne rimase vittima. Altri dissidenti vennero uccisi da commando in azione nella Germania Ovest, in Francia, in Jugoslavia e in Spagna.
L'ala dell'OLP guidata da Arafat è stata attaccata in numerose occasioni. Sia Abu Nidal sia il PNSF assassinarono un certo numero di uomini di Arafat in Europa, tra cui Na'im Khadir a Bruxelles, Majid Abu Sharar a Roma e 'Isam Sartawi a Lisbona. Un palestinese molto vicino ad Arafat che curava un settimanale antisiriano ad Atene venne freddato con tre colpi d'arma da fuoco sparati a distanza ravvicinata mentre usciva dal suo appartamento, nel settembre del 1985. Due gruppi palestinesi con base a Damasco hanno rivendicato la responsabilità dell'omicidio di Zafir al-Masri, il neo sindaco di Nablus, avvenuto nel marzo del 1986; nella stessa Cisgiordania, tuttavia, molti residenti accusarono gli agenti siriani di questo crimine.
I leader libanesi che non fanno ciò che vuole Asad si ritrovano presi di mira da quest'ultimo. Kamal Junblatt, il leader druso della sinistra libanese, fu avvertito di mettere a tacere le sue critiche in merito alla presenza militare siriana in Libano con l'assassinio di sua sorella, nel maggio del 1976; non prestò alcuna attenzione, così anche lui venne ucciso dieci mesi dopo. Temendo che Bashir Jumayyil portasse il governo libanese molto vicino a Israele, Damasco lo fece uccidere dall'SSNP, nel settembre del 1982. Nel febbraio 1988, uomini della sicurezza trovarono mezzo chilogrammo di esplosivi sofisticati su un aereo pilotato da Amin Jumayyil, il fratello di Bashir, il presidente libanese. Subito dopo la scoperta, funzionari dell'intelligence siriana all'aeroporto di Beirut, sequestrarono l'esplosivo e si rifiutarono di lasciarlo andare.
Anche i giornalisti libanesi sono stati vittime della violenza siriana. Salim al-Lawzi, editore dell'importante magazine libanese Al-Hawadith, aveva acquisito informazioni imbarazzanti sulle condizioni interne in Siria; in risposta, agenti siriani lo torturarono e lo uccisero nel febbraio del 1980. Pochi mesi dopo, Riyad Taha, presidente dell'Associazione degli editori libanesi fu ucciso da colpi d'arma da fuoco sparati da un'auto.
In nessun luogo, tuttavia, l'impatto del terrorismo è così grande come nei confronti del governo giordano. L'insieme delle relazioni siro-giordane è dominato dalla minaccia di violenza occulta da parte della Siria. Una serie di attacchi vennero lanciati alla fine del 1983: l'ambasciatore giordano in India venne ucciso il 25 ottobre; il giorno dopo, fu ferito l'ambasciatore giordano in Italia; in Grecia, un agente della sicurezza venne ucciso a novembre; e in Spagna, il 29 dicembre, un dipendente dell'ambasciata giordana fu ucciso e un altro rimase ferito da raffiche di mitra. Il gruppo di Abu Nidal – con base nel quartiere Rukn ad-Din di Damasco – era implicato in tutti questi crimini.
Gli attacchi in seguito diminuirono, per poi ricominciare, quando Re Hussein e Yasser Arafat concordarono l'11 febbraio 1985 di lavorare insieme, un patto fortemente contestato dal governo siriano e da quello sovietico. Undici giorni dopo, ebbe inizio una serie di atti terroristici di quattro mesi. Azioni come una bomba messa all'American Research Center di Amman; un'esplosione su un volo di linea dell'Alia, la compagnia di bandiera giordana; il lancio di una granata a mano contro gli uffici dell'Alia ad Atene; un colpo di bazooka contro l'ambasciata giordana a Roma; un attacco contro un aereo dell'Alia ad Atene; un volo dell'Alia dirottato a Beirut e fatto saltare in aria; un attentato dinamitardo che colpì gli uffici dell'Alia a Madrid e l'assassinio in Turchia di un diplomatico giordano, cognato del comandante in capo giordano.
Questa campagna pose Amman sotto assedio. Per porre fine all'assalto, Re Hussein, nel novembre del 1985, scrisse una lettera sorprendente al suo primo ministro. Nella missiva, il sovrano ammise che i Fratelli Musulmani, i quali avevano attaccato il regime di Asad, si erano da lungo tempo stabiliti in Giordania – qualcosa che fino a quel momento non aveva realizzato! "Sono stato ingannato. (...) All'improvviso, la verità è stata rivelata e noi abbiamo scoperto ciò di cui eravamo ignari. Siamo venuti a sapere che alcuni di coloro che avevano qualcosa a che fare con quello che era accaduto in Siria in termini di atti sanguinari erano in mezzo a noi [in Giordania]". I campi furono immediatamente chiusi, Asad venne rabbonito, si tenne un incontro siro-giordano e i giordani sfuggirono al terrorismo siriano. Quest'orientamento venne confermato nel febbraio del 1986, quando Re Hussein abrogò l'accordo con l'OLP. L'esempio giordano suggerisce un modo per un bersaglio per scrollarsi di dosso la minaccia siriana: capitolare.
I non arabi. Ovviamente, il regime siriano colpisce anche gli israeliani e gli occidentali. L'ambasciatore francese in Libano, Louis Delamare, fu ucciso il 4 settembre 1981, meno di una settimana dopo che aveva organizzato un incontro tra Yasser Arafat e il ministro degli Esteri francese, Claude Cheysson. Sebbene il governo francese – sempre preoccupato dei sentimenti di Asad – non attribuisse direttamente la responsabilità a Damasco, fece trapelare informazioni a Michel Honorin, un reporter della rete televisiva TF1. Con queste prove, Honorin dimostrò con certezza la complicità siriana durante un programma tv trasmesso il 21 aprile 1982. L'indomani mattina, alle 9:02, delle bombe esplosero negli uffici di Al-Watan al-'Arabi, un settimanale iracheno con sede a Parigi. (Aveva anche pubblicato delle informazioni imbarazzanti sul massacro del febbraio 1982 a Hama.) A mezzogiorno, il governo francese decise di espellere Michel Kasuha e 'Ali Hasan (un alawita), rispettivamente l'attaché culturale e quello militare all'ambasciata della Siria.
Gli agenti siriani hanno ripetutamente attaccato gli americani in Libano. L'ambasciatore americano, Francis E. Meloy Jr., venne ucciso nel giugno del 1976 da palestinesi che lavoravano per la Siria. Un funzionario dell'intelligence siriana, il tenente colonnello Diyab, incontrò gli agenti uno o due giorni prima per pianificare la distruzione della caserma dei Marines americani a Beirut, avvenuta il 23 ottobre 1983. Fra coloro che vi parteciparono c'erano diversi membri delle organizzazioni palestinesi gestite dalla Siria, tra cui Ahmad Hallaq e Billal Hasan di As-Sa'iqa e Ahmad Qudura del gruppo Abu Musa.
Asad non tollerò lo studio pubblicato dallo studioso francese Michel Seurat (pseudonimo: Gérard Michaud) e lo fece giustiziare nel marzo del 1986. |
La visione degli arabi sul terrorismo siriano
Le democrazie occidentali e Israele non sono i soli a considerare Damasco responsabile del terrorismo. Anche i governi arabi riconoscono il ruolo della Siria, e talvolta sono perfino intervenuti pubblicamente su questo argomento.
Nell'estate del 1985, la polizia egiziana scoprì un'autobomba all'esterno dell'ambasciata statunitense al Cairo. Il primo ministro Kamal Hasan 'Ali dette la colpa ai palestinesi che lavoravano per la Siria, e aggiunse che "i servizi di sicurezza di Damasco erano a conoscenza" dell'episodio. Un anno dopo, il ministro degli Interni accusò i siriani di aver pianificato "un certo numero" di tentativi di sabotaggio in Egitto.
Il Kuwait subì una serie di attentati dinamitardi, perché il governo si era rifiutato di rilasciare i libanesi che avevano fatto saltare in aria l'ambasciata americana. Un'inchiesta del settembre 1985 concluse che la Siria era "direttamente responsabile" della violenza in Kuwait. I media giordani arrivarono a una conclusione simile: "Il regime fascista settario in Siria non è soddisfatto del massacro dei cittadini siriani nel loro Paese (...) ma sta creando gruppi terroristici armati i cui obiettivi sono (...) compiere azioni terroristiche fuori dalla Siria e in tutta l'arena araba". Accusano Asad di creare "apparati speciali per il terrorismo, l'assassinio e il crimine". Nel 1988, il presidente libanese Amin al-Jumayyil dichiarò che gli iraniani non avrebbero osato prendere ostaggi stranieri in Libano senza l'approvazione siriana.
Perfino i leader che appoggiano il terrorismo prendono posizione contro il regime di Asad. Saddam Hussein, l'uomo forte iracheno, ha detto esplicitamente che il governo siriano e quello libico "incoraggiano il terrorismo contro gli arabi". Yasser Arafat ha accusato apertamente la polizia siriana di aver ucciso Louis Delamare. L'omicidio commesso ad Amman di un ex sindaco di Hebron e membro del Comitato esecutivo dell'OLP, Fahd al-Qawasima, ha suscitato aspri commenti da parte di Arafat, il quale, parlando del defunto alla sua sepoltura, disse: "I sionisti nei territori occupati hanno cercato di ucciderti, e non riuscendoci, ti hanno espulso. Tuttavia, i sionisti arabi rappresentati dai governanti di Damasco hanno pensato che ciò non bastava, pertanto, ti hanno ucciso come martire". Salah Khalaf dell'OLP ha dichiarato pubblicamente che "c'era Damasco dietro i recenti comunicati" minacciando il governo francese, a meno che non avesse rilasciato i terroristi detenuti in prigione.
Dopo l'attacco al settimanale Al-Watan al-'Arabi, il direttore Nabil al-Maghribi, commentò: "È un atto dei servizi di intelligence siriani, e non è la prima volta che hanno compiuto un attentato contro il magazine. Nel dicembre del 1981, abbiamo disinnescato una bomba alla nostra porta; l'indagine ha portato all'attaché culturale dell'ambasciata siriana, Michel Kasuha". Questo episodio ha indotto un leader dell'OLP a osservare, correttamente, che Damasco era "passata dal terrorismo locale al terrorismo internazionale".
Infine, gli stessi cittadini siriani accusano il loro governo di terrorismo. Così, un libro dei Fratelli Musulmani è intitolato I musulmani siriani e il terrorismo nusayrita, mentre i sunniti si riferiscono al loro governo come "lo Stato terrorista alawita".
Fronteggiare Damasco
Il terrorismo di Stato. Il terrorismo finanziato dallo Stato divenne un fattore importante dopo l'arrivo al potere di Asad, nel novembre del 1970, e l'utilizzo giudizioso di questo strumento è diventato da allora uno strumento indispensabile dello Stato. Più di ogni altro governo, quello siriano fa affidamento sulla guerra segreta, ancor più degli altri tre importanti sponsor del terrorismo in Medio Oriente: l'OLP, la Libia e l'Iran. Se i primi due attirano maggiormente l'attenzione, di fatto, hanno un primato di inefficienza. Nonostante quasi due decenni di terrorismo intenso, né l'OLP né la Libia hanno raggiunto i loro obiettivi. L'Iran e la Siria sono stati coinvolti in attività legate al terrorismo per dei periodi più brevi, ma questo ha avuto un effetto maggiore, poiché i loro governanti utilizzano il terrorismo non come un modo per uccidere in maniera indiscriminata, ma come un mezzo per un fine specifico. Non si vantano né indulgono nella spettacolarità mediatica, ma lo programmano con precisione. Asad, in particolare, agisce in segreto e presta molta attenzione alla sua reputazione pubblica, non volendo essere considerato un sostenitore del terrorismo. Il suo marchio di fabbrica è l'uso del terrore attentamente calcolato, limitato e lungimirante. Ciò che rende questo risultato particolarmente impressionante è fare tutto questo senza attirare quel tipo di disonore che è collegato all'OLP, alla Libia o all'Iran. Esiste una correlazione inversa fra estremismo ed efficacia. Gheddafi è il più estremista e quello che ha meno successo, e Asad è il meno estremista e colui che ha maggior successo.
Il terrorismo di Stato è oggi la forma dominante di terrorismo. Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato che "quasi la metà di coloro che sono stati uccisi dal terrorismo nel 1983 erano legati in senso lato al coinvolgimento dello Stato nel terrorismo". Secondo un comunicato stampa, il Quai d'Orsay ha concluso che ogni attentato terroristico perpetrato in Europa occidentale e legato al Medio Oriente è stato "appoggiato" da Damasco, da Tripoli o da Teheran.
Il coinvolgimento della Siria e di altri Stati significa che la vecchia tesi che l'ingiustizia e la frustrazione politica sono all'origine della violenza è ora assolutamente insostenibile. "In altre parole," osserva Thomas L. Friedman, "le cause profonde di una parte significativa del terrorismo odierno non sembrano risiedere in un particolare rancore che può essere sanato, ma negli intrighi, nelle lotte di potere, nelle gelosie e nelle macchinazioni che fanno parte della rete di relazioni internazionali".
Nella fattispecie, il fenomeno non sparirà con una risoluzione del conflitto arabo-israeliano, poiché gran parte del terrorismo di matrice siriana non ha a che fare con questo conflitto. In effetti, il terrorismo legato a Israele non è finalizzato a promuovere una risoluzione pacifica, ma a bloccare una tale eventualità. Non appena il processo di pace che mira a risolvere il conflitto arabo-israeliano fa dei progressi, Damasco entra in azione. Asad non protesta contro la mancanza di progressi nei negoziati con Israele, ma cerca innanzitutto di bloccare i negoziati. Il processo di pace deve andare contro la volontà siriana. "Purtroppo", come osserva Barry Rubin, "più gli Stati Uniti spingono per la pace, più il terrorismo aumenterà".
Gli ostacoli a una politica. È difficile vedere un ruolo per le Nazioni Unite o per altre organizzazioni internazionali nell'affrontare il problema del terrorismo appoggiato dalla Siria. Innanzitutto, i problemi con le definizioni costituiscono un grosso ostacolo agli accordi internazionali o ad altre azioni. Alcuni Stati si nascondono dietro la disputa in merito all'esistenza di un fenomeno chiamato terrorismo ("un vocabolo che non ha nessun significato e nessuna definizione"). Altri si rifugiano nella frottola del terrorista inteso come un uomo che combatte per la libertà di un altro uomo. Queste stesse considerazioni spiegano altresì perché è improbabile che le organizzazioni internazionali intraprendano azioni legali contro il terrorismo di Stato. Inoltre, le coalizioni di voto stipulate dal governo siriano all'Assemblea Generale dell'ONU e di numerosi altri organismi gli forniscono un sostegno massiccio. Può contare sull'approvazione pressoché automatica da parte di tutti gli Stati satelliti dell'Unione Sovietica e di quasi tutti i Paesi arabi e musulmani. E ancora, il governo siriano ricorre all'intimidazione per ottenere quello che vuole. L'intenzione stessa di utilizzare lo strumento del terrorismo contro i nemici rivela la propensione a punire coloro che ignorano il volere di Damasco: e molti di coloro che votano alle Nazioni Unite hanno già abbastanza problemi, senza aggiungere a questi il pericolo dello spirito combattivo siriano.
Né ci sono buone ragioni per aspettarsi che l'Occidente intraprenda azioni efficaci contro il regime di Asad. È vero il contrario, l'ultimo decennio mostra che i governi dell'Europa occidentale e del Nord America sono riluttanti ad affrontare Asad. Diversi fattori spiegano questa anomalia.
Innanzitutto, non comprendendo la profondità delle relazioni siro-sovietiche, continuano a sperare che Asad possa essere corteggiato dal campo occidentale. Elias Sarkis, presidente del Libano dal 1970 al 1976, ha colto il problema sintetizzandolo come segue: "È un vero rompicapo! Le relazioni tra la Siria e gli Stati Uniti, a mio avviso, non hanno senso. La Siria agisce come se avesse un reale conflitto con gli Stati Uniti, e questi ultimi si comportano come se avessero degli interessi comuni con la Siria!" Alcuni americani sembrano credere che Asad desideri avere buoni rapporti con gli Stati Uniti, ma non è in grado di farlo a causa delle azioni americane. "I siriani vorrebbero porre fine al connubio con i sovietici". I diplomatici occidentali indulgono nella speranza che Asad possa essere convinto a rinunciare (come fece Anwar as-Sadat) al suo legame con il Cremlino, se solo il giusto accordo e il portavoce giusto riuscissero a convincerlo. Continuano a recarsi a Damasco nel tentativo di convincere Asad a ravvedersi, e non sembrano capire che il suo calcolo è differente dal loro, e che la strada che percorre da due decenni gli ha apportato reale vantaggi.
Allo stesso tempo, Asad beneficia del fatto di essere considerato tanto uno stretto alleato dell'URSS quanto ammaliato dai sovietici. Coloro che sono in contrasto con Asad sanno che lui quasi sempre fa affidamento sul suo benefattore molto potente per essere sostenuto.
In secondo luogo, a differenza del terrorismo sponsorizzato dalla Libia o dall'OLP, quello siriano tende a non essere diretto contro i cittadini occidentali. Anziché attaccare in maniera casuale gli americani o gli europei, Asad persegue l'obiettivo più ampio di sabotare la politica americana in Medio Oriente. E questo lo rende più una minaccia, ma emotivamente meno un bersaglio.
In terzo luogo, il governo siriano è duro, forte e pericoloso. Lo scotto da pagare quando si litiga con Asad potrebbe essere il terrorismo o più ostaggi rapiti a Beirut. E nessuno vuole bissare il fallimentare confronto americano con le forze siriane avvenuto alla fine del 1983. Anche gli israeliani ci pensano due volte prima di affrontare Damasco.
In quarto luogo, le grida d'indignazione s'intensificano a Damasco quando i governi stranieri (tra cui quello della Germania Ovest, quello italiano, britannico e americano) mostrano la Siria come uno dei principali promotori del terrorismo. Ma il presidente Hafiz al-Asad e i suoi collaboratori rispondono all'unisono che sono le vittime, e non i perpetratori del terrorismo. Affermano addirittura che non sono più responsabili del terrore di quanto non lo siano le autorità italiane delle Brigate Rosse. A sostegno di ciò, il fratello del presidente ha giudicato il terrorismo "codardo, disgustoso e ripugnante". Il vicepresidente 'Abd al-Halim Khaddam ha dichiarato che "la Siria è il Paese più colpito da atti di terrorismo". Il ministro della Difesa Mustafa Tallas ha definito la Siria "la prima vittima del terrorismo". Il ministro dell'Informazione ha dichiarato: "Noi non intratteniamo relazioni con gruppi come quello di Abu Nidal". E la radio siriana ha ribadito: "La Siria è tra i Paesi che hanno condannato, denunciato e hanno opposto resistenza al terrorismo".
In quinto luogo, i siriani sono riusciti a prendersi il merito di scovare e di restituire gli ostaggi che i loro stessi mandatari e alleati avevano catturato. Gérard Michaud spiega come ciò avviene: "La vittima scompare senza che gli autori del rapimento ne rivendichino la responsabilità o si identifichino; poi la vittima riappare al momento giusto – come un coniglio bianco che esce dal cappello del servizio di informazione siriano". I funzionari occidentali si recano spesso a Damasco per chiedere aiuto ad Asad nella lotta al terrorismo. In un caso, le autorità spagnole hanno trasmesso ai siriani copie dei passaporti siriani "falsi, ma di alta qualità" appartenenti a due autori di un attentato all'aeroporto di Madrid! Un altro esempio: David Dodge, ex rettore dell'Università americana di Beirut, fu rapito in Libano, ma trascorse parte della sua prigionia in Iran. Passando da uno Stato all'altro, dovette passare dalla Siria – e questo non sarebbe potuto accadere senza il placet di Damasco. Dopo la sua liberazione grazie alle autorità siriane, la Casa Bianca espresse la sua "gratitudine" a Hafiz al-Asad e a suo fratello Rif'at per i loro sforzi "umanitari". Tributi quasi identici furono resi all'inizio del 1990, quando Robert Pohill e Frank Reed ottennero la libertà grazie a Damasco.
Questo approccio divenne particolarmente rilevante nel 1987, quando Damasco si dette molto da fare per migliorare le relazioni con i paesi dell'Europa occidentale. A gennaio, la sequenza degli eventi fu la seguente: due tedeschi vennero rapiti a Beirut; Bonn inviò a Damasco un inviato speciale per discutere la loro situazione; il governo tedesco decise di ripristinare pieni rapporti diplomatici con la Siria e subito dopo il governo siriano annunciò in un comunicato di essere riuscito a ottenere la liberazione dei due ostaggi tedeschi. Alcuni mesi più tardi, una sequenza di eventi quasi identica portò al rilascio di ostaggi francesi. Il ritorno dell'ambasciatore americano fu attribuito agli sforzi siriani per liberare un prigioniero americano, Charles Glass. Il ministro della Difesa Mustafa Tallas offrì a Londra un accordo simile (Terry Waite in cambio delle relazioni diplomatiche), ma il governo Thatcher non accettò.
Infine, gli sforzi per non lasciare nessun "indirizzo del mittente" hanno funzionato, pur sapendo che i siriani sono fortemente implicati nel terrorismo, salvo poche eccezioni, i Paesi cercano di evitare il fatto evidente della complicità del governo siriano. I sospetti abbondano, ma molto spesso i governi evitano di accusare direttamente Damasco. Così nel maggio del 1986, nel pieno svolgimento delle attività siriane, il portavoce della Casa Bianca definì "prematuro" parlare di complicità siriana nel terrorismo, affermando che le prove non erano "inoppugnabili". Anche se il ministro degli Interni italiano ammise di essere in possesso di documenti "comprovanti l'innocenza della Siria", un magistrato italiano ignorò le prove circostanziali altamente incriminanti di un ruolo ufficiale siriano nel massacro del dicembre 1985 all'aeroporto di Roma; la sua riluttanza a emettere un mandato per avviare un procedimento giudiziario era giustificata dalla mancanza di prove. Ufficiosamente, nel 1986, le autorità francesi definirono la responsabilità siriana "di fatto, una certezza", ma non lo dichiararono pubblicamente.
Per tutti questi motivi, i siriani sono ripetutamente riusciti a non pagare le conseguenze delle loro azioni.
La prima priorità nello sviluppo di una politica è comprendere la natura del regime siriano, il suo comportamento negli affari interni ed esteri, e il suo ruolo chiave in molti dei problemi del Medio Oriente. È necessario stabilire le reali dimensioni del problema, prima di impegnarsi a elaborare una politica nei confronti del regime siriano. Il rapporto siro-sovietico non è un matrimonio di convenienza; lo Stato siriano è un avversario formidabile degli interessi statunitensi e occidentali; Asad non accetta l'esistenza di Israele e non vuole che si raggiunga una soluzione del conflitto arabo-israeliano; e minaccia diversi governi amici degli Stati Uniti. Contrariamente alle ipotesi americane, il governo siriano non beneficerebbe della pace.
Solo quando questi punti fondamentali saranno stati accettati e diventeranno i pilastri della politica occidentale nei confronti della Siria, sarà utile formulare una risposta dettagliata.
Impostare una politica americana
Supponiamo, per ipotesi, che questi punti siano accettati. Cosa accadrebbe? La formulazione di una politica riguardo al terrorismo appoggiato dalla Siria inizia tenendo presente che questo è uno strumento dello Stato e una forma di guerra. Di conseguenza, gli sforzi per ridurre la sua incidenza devono andare al di là delle misure di polizia e devono integrare le misure militari e politiche. Per essere davvero efficaci, gli sforzi americani devono considerare il regime nel suo insieme, e non solo il suo ricorso alla guerra segreta. Di conseguenza, la definizione di una politica americana riguardo al terrorismo appoggiato dalla Siria è pressoché identica a una politica nei confronti della Siria.
È inutile che gli Stati Uniti si aspettino che delle pressioni modeste o dei piccoli incentivi possano ridurre il terrorismo siriano, e tanto meno che Damasco possa essere convinto che l'utilizzo di questo strumento vada contro i suoi interessi. Cercare di intimidire Asad infastidendolo con alcuni aerei da combattimenti (come accaduto alla fine del 1983) è stato sbagliato come conquistare il suo favore con una dichiarazione del Dipartimento di Stato secondo cui Damasco è un "attore utile" in Libano (come accaduto nel luglio del 1984). Piuttosto, influenzare la politica siriana richiede una mano ferma e la disponibilità ad affrontare gli ostacoli.
Il governo statunitense ha numerose opzioni. La lista qui di seguito va dalle misure meno ambiziose a quelle più temerarie:
· Aspettare la fine di Hafiz al-Asad. In mancanza di qualcosa di più concreto, la politica americana può semplicemente resistere fino alla morte di Asad. Non dovrebbe volerci molto, visto che Asad, nato nel 1930, è un uomo malato. Nel novembre del 1983, ha avuto una crisi cardiaca e stava per morire. Inoltre, è diabetico. I segni esteriori dei suoi problemi di salute sono evidenti anche per l'occhio del profano: capelli che si sono rapidamente ingrigiti, pelle giallastra e i tratti sempre tirati. La salute di Asad è di grande rilevanza per il futuro della Siria poiché è un brillante stratega che da solo mantiene in vita lo Stato. Quando Asad morirà, quasi sicuramente si scatenerà una lotta intestina per succedergli. L'inverosimile potere che Asad ha accumulato in più di due decenni è pressoché certo che verrà dissipato nel corso di questa lotta.
· Cambiare il tenore delle relazioni siro-americane. Condannare le pratiche siriane nelle assemblee dei diritti umani; mostrare Damasco come una delle principali fonti di problemi in Medio Oriente; rendere pubbliche le accuse di terrorismo di matrice siriana. Questo significa porre fine a dichiarazioni come quella dell'ex vicesegretario di Stato Richard Murphy secondo cui "la Siria ha troppo da guadagnare e ha un ruolo importante nella realizzazione di qualcosa di durevole nella regione". Questo significa anche ridurre le dimensioni delle missioni diplomatiche a Washington e alle Nazioni Unite.
Non dovrebbe essere così difficile dire le cose come stanno; ed esiste un precedente a riguardo. Quando era vicepresidente, George Bush dichiarò che il governo americano era "convinto che le impronte [della Siria fossero] sugli atti di terrorismo internazionali". Anche il Dipartimento di Stato si è espresso con decisione, affermando che le osservazioni formulate dai tribunali di Londra e di Berlino Ovest indicavano uno "schema di coinvolgimento diretto da parte di alti funzionari del governo siriano".
· Fare pressioni su terzi affinché modifichino le loro relazioni con Damasco. 1) Gli alleati dovrebbero ridurre le dimensioni e il numero delle missioni diplomatiche siriane all'estero. Sprovvista di diplomatici e di missioni, Damasco perde il suo principale canale di armi, di finanziamenti e di intelligence nelle località estere. 2) Il Cremlino dovrebbe limitare l'approvvigionamento di armi al suo cliente damasceno e contenere la bellicosità di Asad. (Come le relazioni sovietiche con la Siria costituiscono uno dei criteri essenziali delle politiche di Mikhail Gorbaciov, questo ha un'importanza che trascende la Siria.) 3) I Paesi arabi dovrebbero continuare a concentrare l'attenzione sull'obiettivo che le forze siriane abbandonino il Libano. Tali forze oggi controllano due terzi del Paese e la loro presenza in Libano ha tre finalità principali per Asad: dimostra che il presidente siriano ha ottenuto qualche risultato riguardo al sogno della Grande Siria; offre un'anarchia controllata in cui l'esistenza di basi terroristiche e l'addestramento al terrorismo non implicano che il governo siriano debba assumersene la responsabilità; ed è la fonte della droga che fornisce al suo governo miliardi di dollari. I Paesi arabi si sono mostrati ansiosi di porre fine all'occupazione siriana; un sostegno discreto del governo americano può aiutare questa causa.
· Imporre sanzioni economiche. Negli ultimi anni, sono emersi in Siria numerosi problemi urgenti. La situazione economica siriana si è deteriorata con il calo delle entrate petrolifere, l'aumento delle spese militari e il Paese è sprofondato in un'inefficienza di stampo sovietico. La fornitura di energia elettrica viene regolarmente sospesa per ore nelle città. Occasionalmente, le riserve valutarie sono state ridotte a 20 giorni. Perfino gli agenti siriani sulle alture del Golan si sono visti ridurre i loro stipendi da un terzo alla metà dei loro livelli precedenti. Per affrontare tali problemi, Asad ha spesso esortato ai sacrifici economici:
Ci troviamo in difficoltà economiche. Noi tutti le avvertiamo. (...) Dobbiamo passare dalla fase dello squilibrio economico a quella dell'equilibrio e dalla fase del consumo eccessivo e delle importazioni eccessive per soddisfare i nostri bisogni alla fase del consumo razionalizzato. (...) L'auto-sufficienza richiede un aumento della produzione e la riduzione dei consumi. (...) I consumi ridotti possono contrariare molti di noi.
In fin dei conti, tuttavia, Asad ha paura di chiedere troppo alla popolazione siriana; le aliquote fiscali rimangono notevolmente basse e l'onere principale dei circa 4 miliardi di dollari destinati alle spese militari negli ultimi dieci anni ricade sugli alleati stranieri, soprattutto sull'Unione Sovietica e sugli esportatori di petrolio arabi.
La situazione di Asad offre reali opportunità per esercitare pressioni sul regime siriano al fine di cambiare il suo comportamento. Patrick Clawson conclude nel suo studio innovativo sull'economia siriana che "contrariamente al buonsenso, la Siria è vulnerabile alle pressioni esterne. (...) La vulnerabilità è economica, perché l'economia della Siria è estremamente dipendente dall'Unione Sovietica e dai Paesi arabi ricchi di petrolio". Questi Stati possono influenzare notevolmente la politica siriana; domare Damasco può testare la sincerità di Mikhail Gorbaciov e l'amicizia dell'Arabia Saudita e del Kuwait.
· Intraprendere un'azione militare. Il raid americano contro la Libia avvenuto nell'aprile del 1986 è il caso più importante di rappresaglia militare per un atto terroristico. Va sottolineato per questo motivo e per il profondo paradosso che contiene. Il governo americano dovette ricorrere all'azione militare perché i suoi alleati non prendevano i provvedimenti diplomatici, commerciali e politici che avrebbero potuto isolare Muammar Gheddafi ed esercitare pressioni sul suo regime. L'attentato stesso sembrava essere una misura molto impopolare in Europa e in Giappone. Eppure, il suo effetto sugli alleati occidentali fu molto benefico. "L'azione militare statunitense ebbe un ruolo centrale nello spingere gli alleati ad adottare posizioni che erano decisamente più vicine a quelle delle Nazioni Unite". Un segnale di questo cambiamento arrivò un mese dopo, al vertice economico di Tokyo, quando gli Stati Uniti e sei alleati principali proclamarono la "condanna del terrorismo in ogni sua forma" e si impegnarono a combattere il terrorismo con "un'azione determinata, tenace, discreta e paziente che combina misure nazionali e cooperazione internazionale".
Ne consegue che la confusione tra gli alleati porta all'azione militare americana; il che comporta una posizione concertata da parte dei governi occidentali. Applicare questo alla Siria induce a pensare che, per quanto rischiosa possa essere, l'azione militare potrebbe ancora una volta riavvicinare gli alleati.
Tabella: Vittime e luoghi del terrorismo siriano, 1983-1986
Le seguenti statistiche su 49 episodi di terrorismo di matrice siriana sono ricavate da un rapporto governativo statunitense, "Sostegno siriano al Terrorismo Internazionale: 1983-1986". Essendo un'analisi ufficiale, questo documento pecca dal lato conservatore. Ad esempio, non attribuisce nessuna delle attività del PKK al sostegno siriano al terrorismo.
Identità delle vittime prescelte |
|
18 |
Giordani |
9 |
Israeliani ed ebrei |
8 |
Americani |
7 |
OLP di Arafat |
6 |
Inglesi |
1 |
Kuwaitiano |
Quadro generale |
|
26 |
Arabi |
23 |
Israeliani e occidentali |
Luoghi |
|
11 |
Giordania |
8 |
Grecia |
7 |
Italia |
4 |
Turchia |
0 |
Cipro |
3 |
Spagna |
0 |
Israele |
1 |
Germania Ovest |
0 |
Regno Unito |
0 |
Austria |
0 |
Paesi Bassi |
0 |
Portogallo |
0 |
Romania |
0 |
Kuwait |
0 |
Emirati Arabi Uniti |
0 |
India |
Quadro generale |
|
23 |
Europa occidentale |
13 |
Medio Oriente arabo |
11 |
Medio Oriente non arabo |
1 |
Europa orientale |
1 |
India |