I palestinesi sono sulla strada sbagliata e continueranno a percorrerla fino a quando il mondo esterno non esigerà il meglio da loro.
Ogni anno o due giunge notizia di una campagna di violenza istigata dai leader politici e religiosi palestinesi che diffondono stralunate teorie del complotto (quella preferita è che la moschea di al-Aqsa, a Gerusalemme, è in pericolo). Poi fa seguito un conato di immotivata violenza contro gli israeliani: attacchi missilistici da Gaza, "l'intifada delle auto" in Israele, sassaiole in Cisgiordania, accoltellamenti per strada a Gerusalemme. Alla fine, il parossismo di esaurisce per poi iniziare di nuovo dopo un po'.
Amin al-Husseini è rimasto all'apice del potere per decenni. Egli rappresentò la "Palestina" alla Conferenza di Bandung, nell'aprile 1955, pregando (nella foto, in basso) insieme al futuro re Faisal dell'Arabia Saudita (in alto, a sinistra, nella foto, col capo coperto), il presidente egiziano Gamal Abdul Nasser (al centro, che guarda l'obiettivo) e l'imam dello Yemen Ahmad (con gli occhiali da sole). |
Sì, è vero, questi attacchi di violenza recano alcuni benefici ai palestinesi; alle Nazioni Unite, nelle sale docenti e nelle strade delle città occidentali essi ottengono sostegno contro Israele. Ma alla fine di ogni round i palestinesi hanno la peggio in termini di morti e feriti, edifici distrutti e di un'economia a pezzi.
Inoltre, le azioni immorali e barbare esasperano l'opinione pubblica israeliana, rendendo la prospettiva delle concessioni e del compromesso assai meno probabile. Le allegre speranze israeliane di venti anni fa per "un partner di pace" e un "Nuovo Medio Oriente" da tempo hanno lasciato il posto alla mancanza di consenso. Di conseguenza, le recinzioni di sicurezza sono presenti ovunque, anche a Gerusalemme, per proteggere gli israeliani che sempre più credono che la separazione e non la cooperazione sia la via da seguire.
Potrebbe essere elettrizzante per i palestinesi vedere l'Unesco condannare Israele per questo e quello, come ha appena fatto, ma le sue azioni sono più un teatrino che misure concrete per la risoluzione del conflitto.
Da dove deriva questo insistere ad adottare strategie autodistruttive?
Risale a quasi un secolo fa, agli importanti anni 1920-1921. Nell'aprile 1920, come un gesto nei confronti dei sionisti, il governo britannico creò una regione chiamata "Palestina" destinata a essere "un focolare nazionale per il popolo ebraico"; poi, nel maggio 1921, Amin al-Husseini (1895-1974) fu nominato mufti di Gerusalemme, una decisione terribile le cui ripercussioni si riflettono ancor oggi.
Husseini nutriva un'atroce ostilità verso gli ebrei; come asserisce Klaus Gensicke nel suo importante saggio del 2007, The Mufti of Jerusalem and the Nazis, "l'odio di Husseini verso gli ebrei non conosceva pietà e lui è sempre intervenuto con particolare zelo quando temeva che alcuni ebrei potessero sfuggire all'annientamento". A tal fine, egli avviò un'intransigente campagna di negazionismo – con l'intento di eliminare ogni traccia di presenza ebraica in Palestina – e utilizzò ogni possibile strategia per conseguire questo obiettivo infame.
La Cupola della Roccia, prima della nomina del mufti, intorno al 1875. Si noti lo stato di abbandono e rovina. |
Ad esempio, Husseini può essere considerato in gran parte responsabile dell'antisemitismo endemico del Medio Oriente, avendo diffuso la falsificazione antisemita dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, l'atroce calunnia o la calunnia del sangue, e la negazione dell'Olocausto nella regione. Tra le eredità lasciate dal mufti ricordiamo l'aver trasformato Gerusalemme nel punto caldo che è ancor oggi; la diffusione delle numerose teorie del complotto sionista che affliggono il Medio Oriente ed essere stato uno dei primi islamisti a invocare il jihad.
Husseini incoraggiò e fu l'artefice della violenza ingiustificata contro gli inglesi e gli ebrei, tra cui una lunga intifada durata tre anni dal 1936 al 1939. Poi collaborò con i nazisti, vivendo in Germania negli anni della guerra, dal 1941 al 1945, rivelandosi talmente utile da guadagnarsi un incontro con Hitler. E non si trattò di una visita di cortesia, come ha giustamente osservato il 20 ottobre il premier israeliano Binyamin Netanyahu, perché il mufti ebbe un ruolo centrale nella formulazione della "soluzione finale" che portò allo sterminio di sei milioni di ebrei.
Hajj Amin al-Husseini che ispeziona le truppe dell'Asse. |
Husseini fu il mentore di un giovane parente, il futuro Yasser Arafat, e quest'ultimo attuò fedelmente il programma del mufti per 35 anni, dopo di che il suo burocrate Mahmoud Abbas ha mantenuto viva la sua eredità. In altre parole, il negazionismo di Husseini domina ancora l'Autorità palestinese. Inoltre, egli trascorse gli anni postbellici in Egitto, dove influenzò i Fratelli musulmani il cui spin-off Hamas è caratterizzato dal negazionismo. Pertanto, entrambi i principali movimenti palestinesi perseguono i suoi metodi omicidi e autodistruttivi.
Solo quando i palestinesi emergeranno dalla nube del lascito oscuro di Husseini potranno cominciare a lavorare con Israele anziché combatterlo; a costruire la loro forma di governo, la società, l'economia e la cultura piuttosto che distruggere quelle di Israele; e diventare un influsso positivo senza continuare a essere la forza nichilista che sono oggi.
E come accadrà questo? Se il mondo esterno, come simboleggiato dall'Unesco, smetterà di incoraggiare l'esecrabile comportamento dei palestinesi e di ostacolare la difesa israeliana da esso. Solo quando i palestinesi si renderanno conto che non saranno ricompensati per il comportamento omicida, fermeranno la loro campagna di violenze e inizieranno ad accettare lo Stato ebraico.