Se qualcuno ritiene che il giudizio della Corte dell'Aja sulla barriere di sicurezza israeliana in Cisgiordania influenzerà le decisioni dell'amministrazione Bush «si sbaglia». Ad affermarlo è Daniel Pipes, lo studioso di questioni mediorientali che il presidente Usa ha designato a guidare il «Us Institute of Peace» di Washington. Pipes è considerato una delle voci ufficiose più attendibili sugli orientamenti della Casa Bianca in Medio Oriente.
L'intervento della Corte dell'Aja sulla questione del «Muro» avrà conseguenze sull'approccio politico dell'amministrazione americana al processo di pace fra israeliani e palestinesi?
«Le conseguenze che posso prevedere saranno scarse, se non del tutto nulle».
Perchè ne è così sicuro?
«Bisogna tener presente una valutazione di tipo generale, che va ben oltre lo scenario arabo-israeliano. Questa amministrazione non ha eccessiva fiducia nelle Nazioni Unite o nei fori multilaterali. La priorità viene data a iniziative concrete sul terreno da parte di chi è direttamente coinvolto nelle singole situazioni di crisi. Prevale il pragmatismo. Si guarda agli attori dei conflitti in corso. La Corte internazionale dell'Aja non viene considerata un protagonista significativo nella crisi del Medio Oriente. Ciò che deciderà, o non deciderà, sulla questione della barriera di sicurezza sarà ininfluente».
Ma l'amministrazione Bush si dice impegnata a far avanzare la Road Map. Gli effetti della sentenza potrebbero sentirsi sull'iniziativa del Quartetto? «Ciò di cui si discute oggi in Medio Oriente non è la Road Map confezionata da Russia, Unione Europea, Stati Uniti e Nazioni Unite ma l'iniziativa che è stata presa dal primo ministro israeliano Ariel Sharon per arrivare a smantellare tutti gli insediamenti presenti nella Striscia di Gaza, all'interno di un progetto che sembra essere più ampio e teso ad arrivare alla completa separazione territoriale fra israeliani e palestinesi. Non sono stati i Paesi arabi o i palestinesi a prendere l'iniziativa ma Sharon. Stiamo andando in una direzione totalmente nuova, ricca certo di incognite ma anche di nuove opportunità, che devono essere valutate». Ariel Sharon arriverà in marzo a Washington per discutere con Bush l'iniziativa adottata. Cosa si prepara a dirgli il presidente? «Al momento è difficile fare previsioni, l'unica cosa certa è che il governo israeliano afferma di aver deciso di ritirare i propri cittadini dalla Striscia di Gaza.. Questo è il nuovo punto di partenza sul quale Stati Uniti ed Israele stanno iniziando a lavorare in attesa di segnali di disponibilità ed apertura da parte dei palestinesi e dei Paesi arabi della regione. Ricordiamoci che per George Bush il ruolo delle nazioni che confinano con Israele è cruciale per garantire il raggiungimento dell'obiettivo di due Stati uno a fianco dell'altro, in pace e sicurezza. Il presidente resta fortemente vincolato alla visione dei due Stati, è stato il primo inquilino della Casa Bianca a parlare chiaramente in favore della nascita di uno Stato di Palestina».
George Bush ed i suoi più stretti collaboratori hanno espresso giudizi alterni sulla barriera di sicurezza che Israele sta costruendo dentro il territorio della Cisgiordania. Quale è l'opinione prevalente? «Il tema della barriera di sicurezza non può essere ridotto ad una questione legale o morale, ovvero il terreno su cui qualcuno sta tentando di spingere la Corte internazionale dell'Aja. La barriera deve essere inquadrata nella realtà regionale. Si tratta di un problema sussidiario rispetto alla questione centrale, che è quella della sicurezza e della necessità di contrastare gli attacchi terroristici da parte dei gruppi islamici. E' il terrorismo l'ostacolo sulla via dell'accordo fra palestinesi ed israeliani. Non la barriera. Non bisogna perdere di vista il quadro generale della crisi, neanche alla luce dell'inizio dei lavori della Corte dell'Aja». In Europa tuttavia l'aspetto morale della costruzione di cemento e filo spinato che separa città e villaggi è prevalente... «In America l'approccio è molto differente. Come spesso avviene sulle questioni che concernono il tema della sicurezza e della lotta al terrorismo».