Il manifesto politico ha avuto una vita breve ma movimentata. Esso prese forma alla fine del 1914, quando gli eserciti europei languivano e i governi dovevano trovare nuovi modi per mobilitare le truppe, mantenere l'entusiasmo, aumentare la produzione economica e chiedere in prestito il denaro. Durante la Prima guerra mondiale, gli artisti creatori dei manifesti svilupparono dei meccanismi stravaganti per raffigurare la purezza e la forza dei soldati della loro nazione e l'orribile malvagità del nemico. I governi totalitari usarono questi stessi motivi durante gli anni fra le due guerre; e tutti i combattenti li utilizzarono nel corso della Seconda guerra mondiale. Poi, il manifesto politico perse rapidamente il suo significato dopo il 1945, vittima della televisione.
Peter Paret, Beth Irwin e Paul Paret hanno selezionato 312 manifesti (per lo più stampati negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia, in Germania e in Russia) appartenenti alla collezione unica della Hoover Institution e la Princeton University Press ha realizzato un bel volume illustrato. I commenti brillanti degli autori mostrano dei temi ricorrenti, l'originalità degli stili nazionali e l'evoluzione che va dai dettagli meticolosi all'ardita semplicità.
Delle numerose immagini persuasive – madri, amanti, lavoratori, capitalisti, bestie, invalidi, vittime – forse le più memorabili sono le figure dei soldati di fanteria. Essi se ne stanno in piedi eroici o stoici davanti alle ritirate codarde del nemico. E se nessun manifesto da solo cattura la realtà sfaccettata della vita della fanteria, tutti insieme trasmettono qualcosa che si avvicina alla sua esultanza, al suo terrore, alla sua noia e al suo dolore.