Gli americani tendono a pensare che solamente altri tre paesi (Canada, Australia e Argentina) sono da considerarsi delle società d'immigrazione, ma l'esperienza francese ha più rilevanza. Non solo la circostanza generale è simile (oggi, circa il 7 per cento della popolazione americana è di origine straniera, l'8 per cento in Francia), ma l'immigrazione di massa nei due paesi è iniziata quasi contemporaneamente (a metà del XIX secolo) e ha attinto all'incirca alle stesse fonti (all'Europa in passato, ai paesi non-occidentali oggi).
Prendendo in esame un periodo di tre anni, un team americano dell'American Academy of Arts and Sciences e uno francese della École Normale Supérieure hanno messo a confronto le carriere degli immigrati nei loro paesi: i risultati ottenuti sono interessanti. Purtroppo, la maggior parte degli autori del volume Immigrati nelle due democrazie – come spesso accade nei saggi comparativi che raccolgono contributi di molti autori – non si preoccupa di conoscere l'altro paese: solo l'introduzione pionieristica di Horowitz e un articolo che confronta la politica dell'immigrazione nei due paesi (scritto da Sophie Body-Gendrot e Martin A. Schain) si lanciano veramente nelle duplici esperienze. Per il resto – la concettualizzazione, la demografia, l'istruzione, la religione, le distribuzioni spaziali, il lavoro, gli aspetti legali, la discriminazione – gli autori presentano in modo distaccato le loro informazioni, spesso abili sommari di precedenti lavori, ma non delle idee nuove ispirate da questo progetto creativo. Anche nelle traduzioni, alcuni degli scritti francesi (ad esempio, il capitolo di Michel Oriol sulla religione) sono ellittici e rischiano di lasciare perplessi i lettori americani.
La Hoskin confronta più brevemente quattro paesi: gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna e la Germania, esaminando in particolare i motivi dell'ostilità pubblica verso gli immigrati. È a causa della paura della disoccupazione, della lingua e della cultura straniere, della criminalità, delle differenze politiche? Quali sono i fattori che più influenzano gli atteggiamenti di una persona: il livello d'istruzione, il reddito, l'età, l'ideologia o l'esperienza diretta con gli immigrati? Munita di sondaggi e statistiche, la Hoskin arguisce che ciò che più conta sono i valori, seguiti da istruzione ed età. L'occupazione e le preferenze politiche contano meno. L'autrice giunge anche alla piacevole e sorprendente conclusione che avere contatti con gli immigrati migliora gli atteggiamenti degli autoctoni verso di loro. Favorevole all'immigrazione, la Hoskin invita i partiti a esprimersi sulle questioni dell'immigrazione.