Johnson ha scoperto un nuovo genere di argomento – la pratica occidentale di celebrare gli anniversari di personaggi della cultura e di avvenimenti politici – e ha pubblicato un libro incredibilmente eccentrico e del tutto originale. Egli fa risalire le origini delle commemorazioni politiche in Francia, in particolare il primo anniversario della presa della Bastiglia del 1790; la prima commemorazione culturale ebbe luogo in Germania nel 1817 per il 300° anniversario dell'affissione delle 95 tesi di Lutero. L'autore argomenta che queste due tradizioni si sono fuse, acquisendo in tal modo una nuova importanza. Egli si sofferma su cinque paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria e Italia) – "le Grandi potenze" degli anniversari – e ritiene che gli Stati Uniti siano in una posizione opposta e al contempo predominante.
Johnston tira una serie di conclusioni: i paesi dell'Europa occidentale incoraggiano "il culto degli anniversari" come un modo per inculcare l'identità nazionale; l'Austria, dove l'identità nazionale era in gran parte plasmata attraverso le celebrazioni di anniversari, è il caso più evidente. Se gli americani ricordano gli avvenimenti importanti, gli europei commemorano i personaggi celebri. (Questo aiuta a spiegare perché il bicentenario della morte di Benjamin Franklin nel 1990 ricevette più attenzione in Francia che negli Stati Uniti.)
L'autore trae delle conclusioni intelligenti e provocatorie. "Oggi, in Europa, gli anniversari importanti riescono a ottenere maggiore attenzione rispetto alle cerimonie religiose". "Quando i budget militari diminuiscono, i budget per le commemorazioni aumentano". "L'avanguardia è scomparsa e chi commemora ha preso il sopravvento". "La gente commemora ciò che non può più venerare"."Nel mondo odierno, niente ha successo come un anniversario ben organizzato".