Scegliendo di studiare ciò che forse è la pratica sociale più ripugnante che si possa trovare in qualche parte del mondo di oggi, la Hicks giunge a delle conclusioni di considerevole importanza per i sedicenti ingegneri sociali. L'autrice esamina le varie forme d'infibulazione (definita come "la forma più estrema di circoncisione femminile"), e poi le localizza geograficamente e culturalmente. Questa pratica è osservata in modo sistematico solo fra le popolazioni musulmane nomadi e poligame che vivono nell'area geografica africana lungo il Mar Rosso. Sembrerebbe essere una sorta d'iniziazione sessuale per le ragazze per prepararle al matrimonio.
La Hicks dedica una particolare attenzione alla questione del perché – contrariamente alla volontà degli organismi internazionali, dei governi nazionale e di molti uomini – l'infibulazione continua a prosperare e perfino a proliferare. Il mondo esterno può ravvisare in questa pratica un problema sociale, osserva l'autrice, ma la grande maggioranza della popolazione femminile nelle aree geografiche, dove si pratica l'infibulazione, insiste sulla necessità di iniziare le ragazzine dai quattro agli undici anni a quest'usanza. Lo fanno perché "l'identità sociale collettiva delle donne è fondata su tutte le donne che sono infibulate". O più in generale perché: "L'esistenza stessa di una donna è riconosciuta attraverso l'atto dell'essere infibulata". Tenendo conto di questa funzione molto importante, la Hicks arguisce che gli attacchi esterni all'infibulazione tendono a essere non solo futili ma di fatto controproducenti. Per sradicare questa pratica, suggerisce l'autrice, occorre cambiare nientemeno che il modo di vivere.