Come la maggior parte degli studenti iraniani, Abrahamian dà molta importanza ai pregiudizi accademici contro la religione. Egli preferisce considerare le idee di Khomeini "un movimento politico flessibile". Ma se non si tiene conto di questo pregiudizio, si rileverà che l'autore adduce un argomento forte e originale, ossia che "il comportamento di Khomeini e la Repubblica islamica sono frutto delle urgenti esigenze politiche, sociali ed economiche piuttosto che dei principi scritturali".
Abrahamian argomenta questa teoria alla vecchia maniera: attraverso una lettura attenta dei testi e lo studio degli eventi. La profonda conoscenza che l'autore ha dell'Iran impregna il suo breve studio di una perspicacia fin troppo rara per un saggio del genere; e questo volume è sicuramente uno dei libri più importanti sull'Iran, pubblicati in inglese nel giro di alcuni anni. Abrahamian cataloga i profondi cambiamenti nel pensiero di Khomeini che hanno avuto luogo nel periodo che va dal 1965 al 1970, quando egli rimpiazzò molte delle sue convinzioni tradizionali sciite con le idee di tendenza del marxismo europeo (come diffuse dagli intellettuali iraniani di sinistra). L'autore dimostra il nesso esistente tra l'evoluzione dei mullah e la Sinistra attraverso un'analisi attenta dei festeggiamenti del Primo maggio. Più e più volte, egli mostra come Khomeini abbia cambiato le sue idee per adattarle alle esigenze attuali, contraddicendo non solo se stesso, ma alcuni dei principi fondamentali dell'Islam (come ad esempio, la priorità della legge sacra sulla ragion di Stato). In effetti, l'ayatollah venerato come un santo, in tutta la sua carriera, non è riuscito a sbarazzarsi solo di un principio: l'inviolabilità della proprietà privata.