Il curatore afferma che è il primo libro di questo genere e ha assolutamente ragione, proprio come ha ragione a dire che "l'unione teorica tra arabi e iraniani è assai più ampia di quella esistente fra gli arabi e gli altri Paesi vicini". A confermare quest'osservazione, un gran numero di figure intellettuali e culturali di spicco provenienti dai Paesi arabi e dall'Iran che hanno riempito un grosso volume di analisi serie su queste relazioni. Qualche saggio si occupa del lungo passato storico, un numero maggiore di scritti esamina le questioni attuali. Tra gli argomenti trattati, la politica bilaterale (segnali governativi, dispute territoriali), i temi internazionali ("l'ordine del Medio Oriente", la questione palestinese e quella curda) e i problemi interni (le donne, l'economia, la società civile, i libri di testo).
Purtroppo, quella che poteva essere una raccolta di saggi molto innovativa è rovinata da due grossi inconvenienti. Innanzitutto, molti degli scrittori sono costretti dai loro governi a imitare la linea ufficiale: ed è così che alcuni saggi sembrano opuscoli di propaganda. In secondo luogo, lo studio ha un programma esplicitamente militante (che per gli arabi consiste nel considerare l'Iran "una parte della profondità strategica islamica della nazione araba") che incoraggia una buona intesa, poco importa se le tensioni devono essere seppellite per farlo. A titolo di esempio, l'iraniano Ghoulam Ali Haddad Adel scrive con tono di approvazione che i libri di testo iraniani non hanno mai attribuito "il massacro" dei visitatori e dei pellegrini iraniani in Iraq al "fanatismo arabo": una formulazione timida che permette ad Adel di sembrare di larghe vedute pur criticando gli arabi. Solo quando i partecipanti saranno liberi di esprimere le loro opinioni e lo faranno in modo disinteressato, la qualità di un progetto come questo migliorerà notevolmente.