NEW YORK — La Casa Bianca è soddisfatta. Soddisfatta, prudente e soprattutto sorpresa. Le analisi del giorno dopo, dal New York Times al Washington Post, sottolineano come l'Amministrazione Obama non si aspettasse questo risultato nelle elezioni iraniane, dove, con la vittoria del riformista Hassan Rohani, si apre la porta «a segnali di speranza, ad un cauto ottimismo». L'augurio della diplomazia Usa è che il voto popolare possa portare il «paese ad una svolta moderata» e ad una «distensione sul fronte nucleare». Una buona notizia, dunque, dentro uno scenario sempre più complicato dal conflitto in Siria. Uno spiraglio che però non intravede Daniel Pipes, studioso e analista del Medio Oriente.
Anche lei sorpreso del risultato in Iran? Cosa ne pensa?
«In parte sì, anche se qualche lampo iniziale di insofferenza da parte della gente verso il regime si vedeva. Per il Paese è senza dubbio un fatto molto positivo, è un giorno importante. Il presidente ha autonomia nelle scelte che riguardano l'economia, la religione e altri temi che noi chiameremmo di politica interna. Ma sarei più cauto a sbilanciarmi per gli altri aspetti che ci interessano più da vicino».
Ovvero i rapporti con l'Occidente, a partire dal programma nucleare?
«Esatto. A Teheran l'esercito è saldamente in mano alla Guida Suprema, così come la politica estera e la strategia militare. Per capirci, è l'ayatollah Ali Khamenei che decide se far la guerra o la pace, se andare avanti o no con il programma nucleare. Ecco se parliamo di questo aspetterei ad esultare, anche se il nuovo presidente Rohani nel complesso equilibrio dei poteri di Teheran può provare a giocare un suo ruolo».
La Casa Bianca fa sapere di essere soddisfatta. Londra e Parigi parlano di una nuova via possibile. Lei dunque sarebbe più cauto?
«Penso che i vari governi adesso staranno alla finestra con giusta curiosità. Proveranno ad allentare un po' la pressione sull'Iran, magari attenuando l'embargo per dare respiro e sostenere all'ala riformista che è emersa da questo voto e che come prima cosa deve affrontare la crisi economica. Ma temo che rimarranno delusi».
Nella partita siriana che si sta giocando in questi giorni potrà cambiare qualcosa?
«L'atteggiamento dell'Iran non cambierà, non in tempi brevi almeno e le dichiarazioni di Assad verso Rohani lo confermano».
Obama ha scelto di aiutare i ribelli che combattono il regime di Assad. Come giudica questa scelta?
«E' un errore. Al Qaeda è infiltrata nelle truppe dell'opposizione, non si può capire in quale mani finiranno le armi e le munizioni americane. Io non avrei mai fatto una mossa del genere».