Francona, un tenente colonnello in pensione dell'aeronautica militare americana, ha imparato l'arabo ed è stato in prima fila nelle relazioni militari con l'Iraq, cominciando da "una relazione professionale di cooperazione" durante la guerra Iran-Iraq (facendo sei viaggi a Baghdad tra il marzo e il giugno 1988) e finendo con la guerra che ha fatto seguito all'invasione irachena del Kuwait nel 1990.
Come ci si poteva aspettare, le esperienze di prima mano di Francona forniscono numerose informazioni molto interessanti. Egli spiega come, dopo essersi abituato al nemico iraniano, gli iracheni non si curassero di coprire le loro attività militari, per poi pentirsene amaramente in seguito. Gli iracheni hanno catturato "quasi il 75 per cento" dei mezzi corazzati e dell'artiglieria dell'Iran, compreso un cannone da campagna nordcoreano sul quale l'esercito americano voleva disperatamente mettere le mani. Francona ritiene che la vittoria dell'Iraq sull'Iran "direttamente attribuibile" all'aiuto dell'intelligence americana. Ma con quella vittoria, l'aiuto americano all'Iraq "cessò da un giorno all'altro". L'autore afferma che il 27 luglio 1990 (sei giorni prima la reale invasione irachena), la Defense Intelligence Agency, l'agenzia per la quale Francona lavorava come ufficiale dei servizi segreti della difesa per il Medio Oriente, l'Asia meridionale e il terrorismo, disse chiaramente all'ambasciatore del Kuwait negli Stati Uniti che "l'Iraq avrebbe invaso il Kuwait". Nonostante la certezza di questa previsione, non fu allertata "nessuna forza americana" né fu fatta nessuna preparazione logistica per il Golfo Persico.
Le sue esperienze offrono anche una serie di aneddoti, meno importanti ma significativi. Cercando di inviare una lettera in Iraq, a Francona fu detto che aveva bisogno di un'autorizzazione da parte del Ministero degli Affari Esteri per acquistare i francobolli. Gli iracheni gli hanno mostrato con orgoglio "enormi pile" di equipaggiamenti iraniani che avevano catturato e che a quanto pare erano di fabbricazione israeliana. Gli iracheni parlavano sdegnosamente degli uomini kuwaitiani come di "donne con la barba". Molti diplomatici americani in Arabia Saudita erano infastiditi dalla presenza delle truppe che giungevano a salvare il Paese, al punto di voler negare in modo stizzito ai soldati l'accesso a uno spaccio militare (gestito dal Dipartimento della Difesa). Ma questo era blando rispetto alle pretese di quelle figure religiose saudite che chiedevano che tutti i rifiuti prodotti dalle truppe americane nel loro Paese fossero trasportati fuori di esso. Il decreto saudita che autorizzava le soldatesse americane a guidare era formulato in modo bizzarro: "Le soldatesse Usa in uniforme non sono donne quando guidano veicoli militari".