Gli analisti concordano sul fatto che "l'erosione delle capacità del regime siriano sta subendo un'accelerazione", ossia che passo dopo passo esso continua a perdere terreno, rendendo sempre più probabile un'avanzata dei ribelli e una vittoria islamista. Come risposta, riformulo le mie raccomandazioni politiche passando da una posizione di neutralità a qualcosa che m'induce, come nemico di lunga data della dinastia Assad, a esitare prima di scrivere che i governi occidentali dovrebbero appoggiare la dittatura malefica di Bashar al-Assad. Ecco la logica che sta dietro a questo suggerimento riluttante: le forze del male sono meno pericolose per noi quando si fanno guerra a vicenda. E questo 1) le tiene concentrate localmente e 2) impedisce che una di esse ne esca vittoriosa (comportando così un pericolo ancora maggiore). Le potenze occidentali dovrebbero guidare i nemici allo stallo aiutando la parte sconfitta in modo da prolungare il conflitto. Questa politica ha dei precedenti. Per la maggior parte della Seconda guerra mondiale, la Germania nazista fu sull'offensiva contro l'Unione Sovietica e mantenere le truppe tedesche impegnate sul Fronte orientale fu di fondamentale importanza per una vittoria degli Alleati. Franklin D. Roosevelt aiutò dunque Joseph Stalin fornendogli le sue truppe e coordinando lo sforzo bellico con lui. Col senno del poi, questa politica moralmente ripugnante ma necessaria a livello strategico ha avuto successo. E Stalin era un mostro di gran lunga peggiore di Assad.
Stalin, Saddam Hussein... e Bashar al-Assad? |
La guerra Iran-Iraq (1980-1988) creò una situazione simile. Dopo la metà del 1982, quando le forze armate dell'Ayatollah Khomeini passarono all'offensiva contro quelle di Saddam Hussein, i governi occidentali cominciarono ad appoggiare l'Iraq. Sì, è vero, il regime iracheno aveva dato il via alle ostilità ed era più brutale ma quello iraniano era ideologicamente più pericoloso e sull'offensiva. La cosa migliore fu che le ostilità ostacolarono entrambe le parti e impedirono a una di esse di uscire vittoriosa dal conflitto. Nelle parole apocrife di Henry Kissinger, "È un peccato che entrambe non possano perdere". In questo spirito, ho dunque argomentato che gli Stati Uniti aiutino la parte sconfitta, a prescindere da quale essa possa essere, come affermo in quest'analisi del maggio 1987: "Nel 1980, quando l'Iraq minacciava l'Iran, i nostri interessi erano riposti almeno in parte nell'Iran. L'Iraq è, però, sulla difensiva dall'estate del 1982 e Washington ora è dalla sua parte. (…) Guardando al futuro, se l'Iraq dovesse ancora una volta passare all'offensiva – un cambiamento improbabile ma non impossibile – gli Stati Uniti dovrebbero ripensarci e considerare la possibilità di offrire aiuto all'Iran". Applicando questa stessa logica alla Siria di oggi si ravvisano delle importanti analogie. Assad ricopre il ruolo di Saddam Hussein – il brutale dittatore baathista che dette inizio alla violenza. Le forze ribelli assomigliano all'Iran – la vittima iniziale che nel corso del tempo è diventata sempre più forte, costituendo un crescente pericolo islamista. I continui combattimenti mettono a repentaglio i Paesi vicini. Entrambe le parti commettono crimini di guerra e costituiscono un pericolo per gli interessi occidentali. Sì, è vero, la sopravvivenza di Assad giova a Teheran, il regime più pericoloso della regione.
Franklin Delano Roosevelt, Reagan... e Obama? |
I governi occidentali dovrebbero trovare dei meccanismi che obblighino le parti ostili a rispettare le regole della guerra, in particolare quelle che isolano i combattenti dai non-combattenti. Ciò potrebbe comportare che si esercitino delle pressioni sui fornitori dei ribelli (Turchia, Arabia Saudita e Qatar) e sui sostenitori del governo siriano (Russia e Cina) per condizionare gli aiuti all'osservanza delle regole della guerra; ciò potrebbe anche implicare l'uso occidentale della forza contro chi contravviene alle regole da entrambi i lati. Così facendo si ottempererebbe debitamente alla responsabilità di proteggere. Il fausto giorno in cui Assad e Teheran combatteranno i ribelli e Ankara fino allo sfinimento reciproco, il sostegno occidentale allora potrà andare agli elementi non-baathisti e anti-islamisti presenti in Siria, aiutandoli a offrire un'alternativa moderata alle scelte infelici di oggi e aprire la strada a un futuro migliore.