Fondatore e presidente del Middle East Forum, Daniel Pipes è un noto esperto di Medio Oriente e Islam politico. Pipes, un giornalista premiato per i suoi articoli apparsi nelle colonne del National Review e del Jerusalem Post, ha rilasciato interviste per network televisivi mondiali come la BBC e Al Jazeera, scrive analisi e articoli sul Medio Oriente per testate autorevoli come il New York Times, il Wall Street Journal e il Washington Post. In seguito alla sua visita del mese scorso in Turchia, Pipes – che è autore di 12 libri e di numerosi scritti sull'Islam, sulla Siria e sul Medio Oriente – ha pubblicato un pezzo per il National Review Online dal titolo "Turchia eloquente" [la versione italiana è stata pubblicata da Liberal e titolata "Erdogan, il piccolo Putin", N.d.T.]. Abbiamo parlato con lui [a metà dicembre] delle sue impressioni sulla Turchia e delle sue previsioni sul Medio Oriente.
Quando è stato in Turchia l'ultima volta?
Ero in Turchia due settimane fa. C'ero già stato anche nel 2007. La mia prima visita in Turchia risale al 1992. Ho trascorso l'estate del 2003 a cercare d'imparare il turco, vivendo nel quartiere di Üsküdar a Istanbul (…) ma senza molto successo.
Quanto tempo si è trattenuto in Turchia prima di scrivere il suo ultimo articolo "Turchia eloquente"? Ha incontrato qualche esponente del governo?
Sono rimasto in Turchia cinque giorni. La mia richiesta di incontrare i membri dell'Akp non è stata accolta. Tuttavia, ho potuto incontrare i rappresentanti del Chp (il Partito popolare repubblicano) e del movimento Gülen.
Tenuto conto delle sue visite in Turchia, che differenze ha riscontrato tra ora e allora?
Negli ultimi quarant'anni ci sono stati dei cambiamenti importanti. Innanzitutto, [ho riscontrato] uno sviluppo economico, soprattutto a Istanbul: ci sono numerosi edifici nuovi, imprese e marchi mondiali. Questo è ciò che rende il Paese completamente diverso dalla Turchia di quarant'anni fa, la cui economia non era per niente aperta agli scambi commerciali internazionali. In secondo luogo, l'Islam. Quarant'anni fa, la religiosità dei turchi era semivisibile. Se allora era necessario recarsi in moschea o in altri luoghi per rendersene conto, ora, la religiosità si respira dappertutto.
Intende le donne che indossano il velo islamico?
Sì, il turban (il velo) simboleggia questo fenomeno. Molti osservatori considerano la Turchia un Paese europeo con una lingua differente. Come tutti quelli che mostrano interesse per la storia dei musulmani, io ho sempre pensato che la Turchia sia un Paese musulmano del Medio Oriente. La rivoluzione di Atatürk mi ha colpito e ho cominciato a scrivere un libro a riguardo, paragonandola alla trasformazione Meiji, in Giappone (la rivoluzione o la restaurazione Meiji, che ebbe luogo tra il 1866 e il 1869, segnò un radicale cambiamento nella struttura sociale e politica del Giappone, riconsegnando il potere all'imperatore, N.d.T.). Trovo strano considerare la Turchia europea, solo perché una piccola parte del suo territorio si trova in Europa. Se il Marocco controllasse Gibilterra, questo ne farebbe un Paese europeo? Credo di no.
La Turchia s'inserisce perfettamente nel Medio Oriente?
Sì, la Turchia è storicamente, culturalmente, a livello religioso, commerciale e politico una parte del Medio Oriente.
Lei pensa che la visibilità dell'Islam sia negativa?
Non ho nulla in contrario che la gente voglia pregare, digiunare e recarsi in pellegrinaggio alla Mecca. Non sono però d'accordo sui tentativi di applicare la Shari'a. La Shari'a causa grandi sofferenze, afflizioni e dolore. In passato ci ha pensato [Necmettin] Erbakan, e ora anche [Recep Tayyip] Erdogan accarezza l'idea di dirigersi verso l'applicazione della legge islamica, ed io penso che questa sia un'evoluzione terribile.
Pensa veramente che Erdogan punti all'introduzione della Shari'a?
Quasi tutti coloro con cui ho parlato in Turchia mi hanno detto: "La Turchia non sarà mai un Paese in cui sarà in vigore il taglio della mano, né sarà mai il Paese del burqa o del jihad. Erdogan, Gül, Davutoĝlu, Arinç e Gülen lo sanno e accettano l'ordine di Atatürk stabilito 80-90 anni fa. Essi cercano solamente di creare un ambiente più religioso in seno a quell'ordine". Tra coloro con cui ho parlato, solo un alevita non era della stessa opinione. Secondo quest'uomo, Erdogan e Gül vogliono applicare la legge islamica. "Ci vorrà molto tempo", ha osservato quest'uomo, "ma questo è il loro obiettivo". Sono d'accordo con lui.
Vivendo io in Turchia, non riesco a capire come lei possa ravvisare un intento di applicare la Shari'a. Che cosa la rende così scettico in merito agli obiettivi dell'Akp (il Partito per la giustizia e lo sviluppo, N.d.T.)?
Negli anni Novanta, Gül ed Erdogan erano membri del Partito della Virtù di Erbakan; e anche se quest'ultimo non riuscì a raggiungere i suoi obiettivi perché fu rimosso dal potere dall'esercito, Erbakan voleva chiaramente applicare la Shari'a. La domanda è ora la seguente: Gül ed Erdogan si sono limitati a cambiare le loro tattiche per manovrare meglio di come faceva lui oppure hanno veramente abbandonato gli obiettivi di Erbakan? Io non credo che loro abbiano alterato i loro obiettivi. Lo ammetto, formulo delle ipotesi perché non posso leggere le loro menti ma è più logico concludere che essi si siano limitati a cambiare le loro tattiche.
A mio modo di vedere, questi luogotenenti di Erbakan hanno tratto una lezione dai suoi errori e ora attuano la sua politica in maniera più intelligente. Erdogan è una versione più raffinata e più capace di Erbakan. Se l'Akp restasse al potere, avrebbe inizio l'applicazione della legge islamica. Il risultato non assomiglierà all'Afghanistan sotto i Talebani, alla Repubblica islamica dell'Iran né all'Arabia Saudita, ma la Shari'a darà una direzione all'ordine sociale.
Prevedo che l'Akp governerà per molto tempo, in parte ciò è dovuto al fatto che l'opposizione in Turchia è talmente debole che si è ridotta a sperare nelle divisioni tra Gül ed Erdogan o tra Gülen e l'Akp. La base intellettuale del Chp e degli altri partiti è debole.
Potrebbe chiarire quanto da lei scritto nel suo ultimo articolo, ossia che ha sentito dire che l'Akp aspira a "creare un ordine post-Atatürk più che uno contrario ad Atatürk"?
La leadership dell'Akp ha veramente accettato l'ordine stabilito da Atatürk? Ho dei dubbi a riguardo. Penso che i dirigenti del partito vogliano gradualmente eliminare i risultati conseguiti da Atatürk. In questo senso, Erdogan è l'anti-Atatürk. Permettetemi di aggiungere che non sono contrario all'idea di rimuovere il nome di Atatürk dai muri, dalle citazioni e dalle celebrazioni. Sembra strano che una persona morta settantacinque anni fa resta onnipresente. Negli Stati Uniti, non gradirei vedere George Washington dappertutto.
La Turchia è in lotta per la conquista della leadership in Medio Oriente. Pensa che la Turchia possa essere la più grande potenza del Medio Oriente?
La Turchia è adesso il miglior candidato per la leadership in Medio Oriente. Tenuto conto della sua popolazione, della visione del partito al potere, della sua forza economica e della sua capacità intellettuale, la Turchia è il Paese che sta per assumere un ruolo guida in Medio Oriente.
Che ne pensa dell'assai controverso movimento Gülen?
Non ho mai incontrato Gülen, anche se egli vive a Philadelphia come me. Conosco un certo numero di persone che militano nel movimento. Esso è molto sofisticato, intellettuale e imponente, sono sbalorditive soprattutto le centinaia di scuole costruite. Secondo me, il suo obiettivo è fare dell'Islam la principale componente che regola la vita della gente e per ottenerlo il movimento opera con cura e intelligenza.
L'islamismo in Turchia è molto più intellettuale che, ad esempio, in Egitto. Prendiamo Mohamed Morsi: in pochi mesi, egli ha cercato di fare molte più cose rispetto a quanto abbia tentato di fare in dieci anni l'Akp, e per questo motivo, Morsi è in gran pericolo. L'Egitto affronta numerosi problemi, da un'economia che cola a picco alle violenti proteste di piazza. Al contrario, Gülen costruisce scuole e ha un impero mediatico, che è molto più impressionante dei Fratelli musulmani, di Khomeini o dei Talebani. Secondo me, ciò che differenzia l'Islam in Turchia da quello di altri Paesi è una leadership capace.
La primavera araba è cominciata con grandi speranze, oggi lei pensa che essa abbia portato un rinnovamento agli arabi?
Non l'ho mai definita "primavera araba"; l'espressione "insurrezione araba" è molto più esatta. Il Medio Oriente arabo è stato sorprendentemente stabile dal 1970 al 2010, con pochi cambiamenti dei dittatori in carica. Questi regimi non avevano un'ideologia né una visione, pertanto – ad eccezione della Siria – hanno stabilito delle ottime relazioni con il governo americano. In seguito a quanto accaduto in Tunisia nel 2010, gli islamisti hanno accresciuto il loro potere. Credo che questo peggiori le cose per le popolazioni della regione: i dittatori sono abbastanza cattivi, ma gli islamisti sono anche peggio. I dittatori uccidono decine di persone; gli islamisti ne uccidono centinaia di migliaia.
Perché lei contrappone gli islamisti agli americani?
L'islamismo è il terzo movimento totalitario. Noi abbiamo combattuto le minacce fasciste e comuniste; ora dobbiamo sconfiggere gli islamisti.
L'Arabia Saudita è il maggiore partner commerciale degli Stati Uniti.
No, non è così. Il Canada è il partner principale. L'Arabia Saudita è solo un partner tattico. I governi degli Stati Uniti e dell'Arabia Saudita lavorano insieme ma sono differenti in tutto dal modo di vivere alle ambizioni a lungo termine.
Lei critica l'Arabia Saudita?
Sì, il governo in Arabia Saudita è terribile. Sono imbarazzato per l'estensione dei privilegi conferiti all'Arabia Saudita a Washington.
Lei ha assunto una posizione molto negativa e inflessibile riguardo all'Islam?
No, non sono negativo riguardo all'Islam, sono contrario all'islamismo. Un governo, un movimento o un popolo che cercano il modo per applicare appieno la legge islamica sono piuttosto una piccola minoranza in quasi ogni Paese. Essi non sono la maggioranza, e sì è vero, io sono contrario a loro. Il mio motto è: l'Islam radicale è il problema, quello moderato è la soluzione.
Quali sono i Paesi che secondo lei in Medio Oriente possono applicare una versione moderata dell'Islam?
I governi come l'Iran, la Turchia e la Tunisia che hanno seguito una versione moderata dell'Islam sono scomparsi. Oggi, l'esempio più calzante è l'Algeria. L'Akp e il movimento Gülen cercano di sembrare moderati, ma non lo sono perché vogliono l'applicazione della Shari'a.
Nella dichiarazione d'intenti del Legal Project del Middle East Forum di cui lei è il fondatore, si legge che voi "lavorate per tutelare il diritto dell'Occidente di discutere liberamente di Islam, di Islam radicale, di terrorismo e di finanziamento del terrorismo…". L'Islam non è però la sola religione in Medio Oriente, e allora perché non mostrate la stessa preoccupazione per il cristianesimo e il giudaismo?
Non credo che l'islamismo sia paragonabile a qualunque cosa nel giudaismo o nel cristianesimo. Come ho detto prima, ritengo che esso sia paragonabile al comunismo e al fascismo. Considero l'islamismo una minaccia molto più grande del nazionalismo ebraico o di un cristianesimo integralista. Si può criticare gli ebrei e il giudaismo, i cristiani e il cristianesimo senza correre nessun pericolo. Ma criticando l'Islam, si metterebbe a repentaglio la propria vita.