La Dockser, corrispondente del Wall Street Journal in Israele tra il 1991 e il 1998, ci risparmia ancora un'altra interpretazione giornalistica sull'Islam o sul conflitto arabo-israeliano; invece, l'autrice fa qualcosa di molto più creativo e interessante, ossia fornire un resoconto leggibile e attendibile sui recenti progressi avvenuti nell'archeologia mediorientale.
Il suo titolo si riferisce alla collina in Giordania dalla quale Mosè avrebbe visto la Terra Promessa prima di morire; la Dockser usa i cambiamenti avvenuti nel modo di intendere quel posto come una metafora per i grandi cambiamenti verificatisi in seno al sapere, come li ha sintetizzati il monaco francescano che dirige gli scavi archeologici sul Nebo: "Noi siamo meno interessati a Mosè e più interessati all'archeologia". Più in generale, l'autrice ravvisa un abbandono di due secoli dei tentativi di utilizzare l'archeologia per confermare i racconti biblici. Ancora più in generale, la Dockser nota una tendenza a dare all'antico Israele una collocazione temporale e spaziale: "L'idea che la storia di Israele fosse unica ha progressivamente ceduto il passo all'idea che il passato di Israele può essere meglio compreso nel contesto della storia generale del Vicino Oriente antico".
Naturalmente, tutto questo ha un mucchio di implicazioni contemporanee e la Dockser le nota con abilità – ogni cosa, dalla commercializzazione del viaggio del Patriarca Abramo verso ovest al ritratto degli antichi governanti egiziani. È curioso apprendere che uno dei produttori del film d'animazione di Steven Spielberg Il principe d'Egitto abbia trascorso del tempo in Egitto e che sia stato sufficientemente influenzato dalle attuali tendenze del pensiero archeologico lì predominante tanto da cambiare la trama del film – ma il film è stato comunque vietato in Egitto.