Col passare del tempo, la presidenza di Dwight D. Eisenhower ha assunto un interesse supplementare per comprendere la politica americana in Medio Oriente. Questo è stato l'unico caso di un presidente americano che è sembrato accettare il punto di vista arabista che le buone relazioni con Israele avrebbero recato danno a quelle con gli arabi. Quando la situazione si deteriorò, Eisenhower agì secondo questa convinzione, costringendo gli israeliani a evacuare la penisola del Sinai dopo la guerra di Suez. Decenni più tardi, i leader arabi come Yasser Arafat sognano ancora che un altro presidente americano possa "fare ciò che ha fatto Eisenhower" e imporre agli israeliani di abbandonare la Cisgiordania e le alture del Golan.
Alteras mostra nel suo studio documentato con cura e presentato con eleganza che la realtà delle relazioni Usa-Israele negli anni Cinquanta è sostanzialmente differente dall'immagine che ne è stata data. Certo, Eisenhower ha ridimensionato le relazioni con Israele, ma non ha ridotto l'impegno americano a garantire l'esistenza e la sopravvivenza dello Stato ebraico. La cosa ancor più sorprendente è che l'autore sostiene che "se l'amministrazione Eisenhower è stata meno prodiga di dichiarazioni a favore di Israele [rispetto all'amministrazione Truman], è stata però più disponibile ad agire pro-Israele" (e questo fa pensare a George Bush!).
Su Eisenhower e Israele ci sarebbero molte altre cose da raccontare, compresa la storia del modo in cui il Congresso ebbe per la prima volta un ruolo importante nelle relazioni Usa-Israele e come sia emersa la lobby israeliana. In breve, Alteras traccia magistralmente il dibattito americano odierno sul conflitto arabo-isrealiano dalle sue origini che risalgono agli anni Cinquanta.