Nella terza iterazione delle sue memorie, Turki si concentra su due aspetti della sua vita: il cambiamento da arabo ad americano e l'estraniazione dall'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Nel caso di Turki, diventare un americano è un processo curioso, del tutto degenere e di certo spinto. È una trasformazione toccante, specie se comparata con la sua precedente avversione per gli Stati Uniti.
Quanto all'Olp, Turki denuncia la sua "corruzione e incompetenza" così come il suo "linguaggio trito e ritrito e le sue stupide banalità ". Non pensate però che lui abbia solamente delle parole dure: nelle mani di Turki, anche l'allontanamento dall'Olp ha un lato umoristico (in effetti, il suo giochetto sull'ambasciatore pomposo della Lega araba è molto divertente). Turki condanna altresì quella che considera come il lato terribilmente tradizionale della società palestinese e la definisce nientemeno che una rivoluzione: "La liberazione della società palestinese sarà possibile solamente quando gli stessi palestinesi riconosceranno la loro neoarretratezza e daranno inizio a un'Intifada contro di essa".
Non sono trascorsi molti anni da quando ogni palestinese si proclamava sostenitore dell'Olp. Hamas e la Jihad islamica sono stati i primi a porre fine al monopolio sul lato fondamentalista. Ora gli elementi più liberali sono pronti a dire a tutti quanto sia orribile l'organizzazione, fornendo dei dettagli detrattori che finora si potevano solo immaginare. Contrariamente a quelli che sono degli americani a denti stretti come Edward Said, Turki abbraccia con entusiasmo gli Stati Uniti e non accetta le brutalità dell'Olp: questo è uno sviluppo importante. In effetti, il suo candore e la sua serietà segnano un progresso significativo.