Doumani dà al suo studio un titolo politico, comincia il volume dichiarando che il suo obiettivo è "scrivere degli abitanti della Palestina nella storia" e lo termina facendo riferimento al processo grazie al quale "la Palestina è diventata una nazione". Il lettore è stato avvertito in anticipo di potersi aspettare una storia politicizzata. E pertanto, con una piacevole sorpresa, il contenuto si rivela essere del tutto apolitico. Scartabellando attraverso i faldoni dei tribunali e i documenti privati, l'autore mette insieme uno studio molto originale e illuminante della vita nella regione di Nablus nel corso di due secoli.
Doumani stabilisce molti punti importanti. Innanzitutto, e in modo incontestabile, a Nablus e dintorni i contadini non erano, come di solito raffigurati, gli "oggetti passivi della concorrenza per l'accesso e il controllo fra le comunità dei commercianti locali, le famiglie dominanti, il governo ottomano e gli uomini d'affari stranieri". Al contrario, essi erano dei partecipanti attivi "pienamente capaci di adattarsi alle nuove circostanze". In secondo luogo, egli mostra la trasformazione della regione nel corso di due secoli, passando dall'isolamento economico all'integrazione nell'economia mondiale. In terzo luogo, Doumani mostra come Nablus sia diventata il centro commerciale e industriale della Palestina.
Oltre a questi punti importanti, l'autore ha un occhio eccellente per i dettagli che rendono la narrazione di grande successo. I suoi capitoli sul commercio del cotone, dell'olio d'oliva e del sapone traboccano di drammi umani che riguardano gli usurai, le donne defraudate dei terreni che spettano loro di diritto, i contratti capestri che permettono il pagamento degli interessi sui prestiti e anche il contadino occasionale che la spunta sul suo avversario commerciante.