La Pinto, una studiosa portoghese, che si è laureata in Inghilterra, segue i sentieri già battuti ma lo fa da un punto di vista di un'osservatrice esterna. Lo studio contiene troppo materiale elementare, annoverando dei principi basilari sulla natura dell'Islam politico e sui legami tra l'America e il Medio Oriente che occupano la prima metà del libro. Nella sua analisi della politica americana verso l'islamismo (ciò che la Pinto chiama l'Islam politico), l'autrice comincia con una panoramica storica, arguendo da ciò che l'approccio americano "non è monolitico né generalizzato" ma "dipende dal tipo di movimento e dalla disposizione di quest'ultimo verso gli interessi americani". Il cuore del libro contiene un'analisi del dibattito sull'islamismo, in cui (con buona pace di Jonathan Paris) la Pinto individua due grandi scuole, quella del compromesso e quella che cerca lo scontro. La prima (rappresentata da una lunga lista di accademici) ritiene che l'islamismo "non sia una minaccia attraverso una forte reazione della base al fallimento dei governi arabi nell'affrontare i crescenti problemi socio-economici". La seconda scuola (rappresentata da un gruppo più ristretto e in genere meno specializzato di scrittori) sostiene che l'islamismo "è intrinsecamente più ostile al mondo occidentale ed è in rotta di collisione con esso".
Dopo aver ben descritto sinteticamente le due scuole, la Pinto, che si colloca saldamente nel campo del compromesso, non riesce più a resistere e sbotta asserendo che l'approccio a favore di uno scontro non è altro che "l'invenzione" di una minaccia. Secondo lei, tutti sanno che la minaccia islamista non esiste realmente ma qualcuno concorda sul fatto che sia stata evocata da pianificatori della difesa sconvolta bisognosi di un nuovo nemico, presumibilmente uno che giustifichi i loro grossi budget. Con questa scusa pietosa come premessa, la Pinto va poi a esaminare la linea politica ufficiale americana verso l'islamismo, un'indagine che manca di attendibilità e utilità, basata com'è su congetture distorte. Per comprendere fino a che punto l'autrice sia inattendibile ecco due citazioni: la Pinto ravvisa nell'invasione israeliana del 1982 "l'origine della china che ha fatto sprofondare il Libano nel caos", dimenticando in qualche modo che la guerra civile iniziata nel 1975 e assolvendo totalmente sia i palestinesi sia il governo siriano per il ruolo da essi avuto in questa tragedia. Ancora più fallace è la descrizione fatta dall'autrice di Osama bin Laden che lo ritrae meramente come "un uomo d'affari saudita che è stato un agente di reclutamento per l'Afghanistan e che ha un ufficio in Sudan".