"Talvolta, quando un parente descrive le caratteristiche religiose per definire l'identità araba, un altro parente mette in dubbio queste descrizioni dicendo che si è tenuti a parlare delle caratteristiche arabe e non musulmane". Forse senza rendersi conto di quanto ha scritto, Kristine Ajrouch indebolisce l'intera ipotesi degli arabi in America: ella mostra l'esiguo significato del termine "arabo". Ci sono musulmani che parlano arabo come altresì ci sono dei cristiani arabofoni, ma essi hanno poco in comune in un'era d'islamismo rampante. Continuare a pensare in termini di arabi significa lasciarsi andare alla nostalgia. Proprio come la Lega araba è un'istituzione antiquata e quasi defunta, lo sono anche istituzioni come il Comitato antidiscriminazione americano-arabo e l'Istituto arabo-americano. I maroniti non possono essere definiti esclusivamente per la lingua che parlano; né i copti condividono numerosi obiettivi comuni con i loro colleghi musulmani. Gli ebrei che parlano arabo non sono mai stati raggruppati come "arabi"; è arrivato il momento di far uscire i cristiani da questo insieme.
Tutto questo lascia un libro come Gli arabi in America, che ha un certo numero di ottimi articoli, inferiore alla somma delle sue parti. Il capitolo della Ajrouch citato sopra, uno studio sugli adolescenti di lingua araba in una scuola media di Dearborn, nel Michigan, riguarda interamente i musulmani; la stessa cosa vale per il capitolo scritto da Mohamed Mattar che tratta dell'interazione delle leggi americane e islamiche; il capitolo a cura di Richard Antoun riguarda gli immigrati giordani musulmani; e Linda S. Walbridge si occupa esclusivamente dei musulmani sciiti. Ma il capitolo scritto da Sharon McIrvin Abu-Laban e Baha Abu-Laban sugli adolescenti canadesi, prende in considerazione sei musulmani e quattro cristiani, il che è di poca utilità, perché i problemi che affrontano questi due gruppi sono sostanzialmente differenti, come lo sono le altre questioni affrontate dalle due comunità religiose.