Formatosi innanzitutto come analista politico dell'Iran, Zonis ha poi studiato psicoanalisi; questo primo frutto della sua cultura è un'interpretazione molto originale e ricca dello Scià Mohammed Reza Pahlavi. Zonis sostiene che lo Scià non era affatto quell'uomo grandioso e imperioso che sembrava essere in pubblico, visto che, di fatto, contrastare le sue inclinazioni personali e agire da sovrano gli è costato caro. Per mantenere la sua facciata imperiale, arguisce Zonis, lui ha fatto affidamento su quattro principali fonti di sostegno psicologico: l'ammirazione dei suoi sudditi, i legami con tre persone (il figlio di un giardiniere svizzero, un amico d'infanzia iraniano e sua sorella gemella Ashraf), essere convinto di avere la protezione divina e le relazioni strette con i presidenti americani. Queste quattro fonti gli sono servite per ben quattro decenni; ma in seguito, al momento della sua crisi, gli sono venuti meno. Quando questo è accaduto "lui ha trovato ancor più difficile mantenere i suoi modelli e l'equilibrio psicologico". Paralizzato a livello emotivo, lo Scià ha subito una regressione all'infanzia. E così ha perso il trono.
Un fallimento maestoso consta di un'interessante eterogeneità di notizie e argomenti. Un capitolo analizza l'ossessione dello Scià per le altitudini aeree, un altro offre una storia virtuosa dell'ingerenza straniera nella politica iraniana. Oltre alle informazioni dettagliate sulle relazioni particolari di Pahlavi con i suoi genitori (anche se sua madre ebbe un ruolo più importante nella sua vita rispetto a suo padre, il primo volume della sua biografia la nomina 12 volte, mentre il padre è menzionato 784 volte), Zonis fornisce altresì dei consigli strategici. Qualcuno è specifico (aiutare i governanti interdetti, come lo Scià nel 1978, a prendere delle decisioni difficili), altri sono generici (incluso un elemento psicoanalitico negli studi di politica estera), tutti sono sensati.