Nel 1921, solo tre anni dopo la fine della Prima guerra mondiale, il direttore dei servizi segreti militari britannici disse in modo sbalorditivo che il generale Allenby aveva vinto in Palestina perché "era a conoscenza, grazie ai suoi servizi d'intelligence, di tutte le intenzioni e dei movimenti del nemico. Egli conosceva tutte le carte degli avversari e di conseguenza era in grado di fare il proprio gioco con la più ineccepibile sicurezza di sé. In queste condizioni, la vittoria era certa". La ricerca di Sheffy accurata e di vasta portata ricostruisce in modo magistrale il modo in cui Allenby ha approfittato di tali informazioni straordinarie riguardanti i suoi nemici. Nel processo, egli mostra non solo come una campagna militare fondamentale sia stata condotta e vinta, ma anche il modo in cui i moderni servizi segreti abbiano preso forma in modo spontaneo e informe. Strada facendo, Sheffy dimostra la quasi inutilità dell'intelligence umana (spie, viaggiatori, prigionieri di guerra, ecc.), ricusandoli in blocco con una citazione del tempo: "Che cosa possono scoprire gli agenti segreti sulle intenzioni dei governi, quando questi ultimi non hanno alcuna idea di quali siano le loro stesse intenzioni?" Al contrario, i mezzi tecnici (ricognizioni aeree, intercettazioni radio) si sono dimostrati molto preziosi. L'autore spiega come questi ultimi abbiano dato ai britannici un'idea assai migliore delle tattiche rispetto alla grande strategia, e come abbiano pagato a caro prezzo le loro congetture errate riguardo a quest'ultima. Nonostante la loro giusta parte di errori, gli agenti dei servizi segreti britannici hanno fatto un debutto molto credibile portando "una dimensione fino ad allora nascosta (…) in prima linea nella guerra moderna".