Abrahamian sostiene che il Mojahedin-e Khalq, un partito politico iraniano perpetuamente in opposizione violenta al regime di Teheran, fu importante tra il 1968 e il 1981. In quegli anni, il partito ebbe un ruolo chiave di opposizione e sviluppò un'ideologia originale e assai importante dell'Islam rivoluzionario. Tuttavia, dopo il 1981, il Mojahedin si è confuso così spesso che gli osservatori esterni sono scusati se non lo hanno preso del tutto sul serio. Il partito ha dissimulato le sue dottrine con una trasparenza penosa, alleato di un governo nemico (quello iracheno) contro i propri concittadini, e ha glorificato il triste spettacolo del suo leader che porta via la moglie a un collega e la trasforma in una regina rivoluzionaria. Abrahamian fa un ritratto disastroso di una leadership che trasforma deliberatamente un partito politico in una setta e si trova sempre più intrappolato nei suoi riti e nei ragionamenti tortuosi. E alla fine, il risultato è un'estraneità a se stesso. Le prove addotte dall'autore evidenziano che il Mojahedin ha avuto il suo momento di gloria un decennio fa ed è improbabile che avrà una seconda chance.
Il volume Il Mojahedin iraniano presenta un certo numero di problemi: in particolare, troppo spazio (un terzo del testo) è dedicato a un'analisi molto generica della politica iraniana. Inoltre, l'autore si lascia troppo andare ad analisi marxiste, come ad esempio la sua interpretazione delle basi sociali del Mojahedin. Critiche a parte, questo lungo studio sul Mojahedin è assai prezioso per la mole di dati messi in luce e per le sue idee sulle stravaganze della vita nell'opposizione iraniana.