Clawson è quasi l'unico tra gli specialisti di Iran ad ammettere la reale minaccia che il Paese rappresenta per gli interessi occidentali. Egli mostra in modo convincente che i "moderati" iraniani sono caratterizzati dalle loro politiche interne, in particolare dalle loro idee sull'economia (a favore del libero scambio) e dalla politica socio-culturale (meno orientata verso lo Stato). Nell'arena estera, tuttavia, i moderati non solo condividono la visione musulmana fondamentalista dei loro colleghi radicali (le minoranze anti-americane, anti-israeliane, anticristiane, gli estremisti anti-Rushdie e pro-fondamentalisti, pronti a ricorrere al terrorismo), ma "rappresentano per l'Occidente una minaccia più grave di quella dei radicali". In primo luogo, esistono dei nazionalisti persiani che vogliono dominare l'area che circonda l'Iran. In secondo luogo, essi prendono più provvedimenti pratici per intensificare la forza militare iraniana. In terzo luogo, promettono una facile prosperità "che sarà possibile solo se l'Iran riuscirà in qualche modo a dominare le forniture petrolifere del Golfo Persico".
Clawson delinea altresì altri tre scenari preoccupanti: Teheran guida un fronte negazionista sirio-libanese-sudanese contro Israele; si allea con il Pakistan, ottenendo così armi nucleari e mescolando i conflitti mediorientali con quelli dell'Asia meridionale; oppure destabilizza la Turchia, causando il crollo del più importante e prospero Stato secolarista del mondo musulmano.
L'Occidente ha tre opzioni: inserire l'Iran nella famiglia delle nazioni, applicare la tattica del bastone e della carota o applicare una politica di contenimento. Clawson adduce validi argomenti per l'ultima di queste opzioni: "Gli attacchi violenti di Teheran contro l'Occidente richiedono delle risposte ugualmente esplicite".