Una volta un musulmano fondamentalista mi ha detto: "Ascolto Mozart, leggo Shakespeare, guardo Comedy Channel e credo altresì nell'applicazione della Shari'a (la legge islamica)." Questa inverosimile combinazione potrebbe apparire eccentrica, ma non lo è. Il fondatore della Jihad Islamica, un'organizzazione fondamentalista (o più precisamente islamista) responsabile di efferati omicidi, si vantava di leggere e apprezzare Shakespeare. L'ayatollah Ali Khamenei, il personaggio più influente del governo islamista iraniano, ha una risaputa passione per il Bardo di Strattford.
In linea di massima, gli estremisti islamici tendono a conoscere bene l'Occidente (con la primaria eccezione di quelli sauditi e afgani) avendone imparato le lingue, studiato le culture o poiché vi hanno vissuto. Uno sproporzionato numero di essi (come i capi delle organizzazioni islamiste turca e giordana) sono ingegneri. Dalla sua cella della prigione di Manhattan, la mente dell'attentato al World Trade Center, in una dichiarazione faceva riferimento, con una punta di sarcasmo, alle leggi della fisica di Newton.
Ciò mette in rilievo un'importante, sebbene ancora sconosciuta, realtà: per quanto molti islamisti odiano l'Occidente, sono profondamente legati ad esso. Non sono dei bifolchi che vivono in aperta campagna, ma delle persone evolute, spesso laureate. Da individui occidentalizzati, che vanno di pari passo con la vita moderna, essi amano il sapere occidentale e ne ammirano l'efficacia.
Paradossalmente, gli islamisti conoscono a malapena la loro stessa cultura e spesso la disprezzano. Aziz al-Azmeh, uno specialista di Islam, osserva che essi sono "totalmente indifferenti all'esperienza storica dei musulmani e al carattere storico della loro legge". Malgrado il loro disegno di ricreare la società così come era ai tempi del Profeta, si preoccupano poco e sanno ancora meno dell'Islam tradizionale – la fede profondamente gratificante di quasi un miliardo di fedeli. L'ampio corpus del sapere coranico li lascia indifferenti, come del resto anche i poeti lirici persiani e le meravigliose moschee egiziane. Ai loro occhi, come a quelli di un burocrate svedese che si occupa di assistenza o di un economista della Banca Mondiale che si occupa di sviluppo, il mondo musulmano è un luogo arretrato che necessita urgentemente di una riforma attraverso l'adozione di metodi occidentali.
Che gli islamisti cerchino non un tradizionale ordine islamico ma una variante, dal sapore islamico, della vita occidentale, è ravvisabile nella loro concezione della religione, della politica e della legge. Le loro idee sulle donne sono indubbiamente le più singolari; malgrado si ostinino a far indossare ad esse il velo e a punirle in caso di relazioni extraconiugali, gli islamisti sposano un approccio più vicino al femminismo di tipo occidentale di qualunque altro schema islamico.
Gli uomini musulmani tradizionalisti sono fieri del fatto che le loro mogli stiano a casa (a occuparsi delle faccende domestiche: le donne non escono quasi mai). Al contrario, gli islamisti parlano con orgoglio della "liberazione delle donne" e l'organizzazione dirigente degli Stati musulmani chiede "il pieno rispetto della dignità e dei diritti delle donne musulmane nonché l'accrescimento del loro ruolo in ogni aspetto della vita sociale". Un tempo, il velo serviva solo a preservare la virtù di una donna, oggi esso facilità altresì gli scopi femministi di perseguire una carriera.
Ed esso rappresenta qualcosa di più per alcuni islamisti uomini, che affermano di trovarlo sexy; Shabbir Akhtar, uno scrittore inglese, lo vede evocare "una cultura davvero erotica, in cui si fa a meno del bisogno di eccitamento artificiale che la pornografia procura". Ma le restrizioni islamiste imposte alle donne derivano da modelli occidentali. Come osserva As'ad Abu Khalil della California State University: "Ciò che al giorno d'oggi viene considerato in Arabia Saudita come conservatorismo sessuale, è più un retaggio del puritanesimo vittoriano che dei costumi islamici".
Gli islamisti sono loro malgrado occidentalizzati. Qualunque sia la direzione che hanno preso, essi finiscono per guardare verso l'Occidente. Gli uomini indossano magliette con la scritta: "L'Islam è la soluzione". Le donne indossano blue-jeans sotto i loro chador e scandiscono: "Morte all'America!". Pur se ricusano apparentemente l'Occidente, lo accettano.
Questo stato di cose ha due conseguenze. Per quanto nutra delle idee reazionarie, l'islamismo adotta idee e istituzioni che non sono solamente moderne, ma anche occidentali. Il sogno islamista di cancellare le abitudini occidentali dalla vita musulmana è destinato a fallire.
In secondo luogo, l'ibrido che ne risulta è più tenace di quanto si possa pensare.
Gli oppositori dell'islamismo, sia musulmani che non-musulmani, troppo spesso lo rifiutano come uno sforzo regressivo di preservarsi dalla vita moderna, rassicurandosi col predire il suo abbandono quando avrà luogo la modernizzazione. Questa speranza è illusoria, poiché l'islamismo seduce irresistibilmente i musulmani alle prese con le sfide della modernità e il suo utopismo totalitario ha ancora un enorme potere nocivo.
Per ancora un po' di tempo l'islamismo rimarrà una forza. I suoi avversari non possono restare passivi e attendere la sua caduta, ma devono combattere attivamente ciò che è divenuto un flagello di portata pressoché mondiale.