Il corrispondente di Hamodia, Yosef Rapaport, intervista l'accademico ed editorialista Daniel Pipes. La chiara attenzione di Pipes sulla crescita dell'Islam radicale negli Stati Uniti e nel mondo intero offre ai suoi numerosi lettori acute e preziose intuizioni. Qui, Pipes applica la sua estesa conoscenza analizzando gli sviluppi in Egitto e in Medio Oriente.
Ci sono i cosiddetti esperti che cercano di placare le paure in merito ai Fratelli musulmani. Hanno ragione, o c'è qualcosa da temere?
È qualcosa di molto pericoloso per gli Stati Uniti e i loro alleati. Gli islamisti al potere in Egitto cambierebbero l'equilibrio delle forze in Medio Oriente. A titolo informativo, ci sono due principali alleanze nella regione. Teheran conduce il cosiddetto blocco della "resistenza", con i governi di Turchia, Siria e Qatar come partner, insieme a Hamas e Hezbollah. Riad è a capo del blocco dello "status quo", insieme ai governi di Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Giordania, Yemen e dei Paesi del Golfo Persico – come pure l'Autorità palestinese e, nell'ombra, Israele.
Il Libano è appena passato dal blocco dello "status quo" a quello della "resistenza". Ma il Libano è un piccolo paese di circa 3-4 milioni di abitanti. L'Egitto conta 80 milioni di abitanti, ed è il Paese più grande della regione. Il suo passaggio da un blocco all'altro avrebbe delle importanti conseguenze estremamente negative.
Lei starebbe dalla parte di chi sostiene che gli Stati Uniti sbagliano ad abbandonare Mubarak in questo modo?
No. Mubarak è un ornamento costoso e abietto in cima alla struttura di potere dell'Egitto. Ciò che è accaduto in Tunisia è un modello di quello che potrebbe – e spero che sarà così – accadere in Egitto. Le forze di sicurezza hanno detto a Ben Ali: "Tu e la famiglia corrotta di tua moglie siete troppo dispendiosi da mantenere. Quindi andatevene!" E lui l'ha fatto. Ma quasi tutti gli altri sono rimasti al potere.
L'Egitto non è affatto un modello di liberalismo laico con la separazione di Stato e religione. Ma è ben migliore di quello che i Fratelli musulmani apporterebbero. Questa è una semi-replica di ciò che accadde in Iran negli anni Settanta. Io non ero un fan dello Scià, ma se avessi dovuto scegliere tra lui e Khomeini, di certo avrei preferito il primo. Lo stesso dicasi riguardo a Mubarak e gli islamisti. Se i Fratelli musulmani andassero al potere, mi aspetterei un loro dominio come quello di Khomeini e che provocherebbero una vera rivoluzione nella vita egiziana, compresi il sistema educativo, l'esercito, le finanze, la politica estera e di sicurezza.
Sentiamo parlare molto di "dignità" e di "umiliazione". Perché e quale ruolo questi concetti giocano nella cultura musulmana e araba?
Sono molto importanti. L'Islam impregna i musulmani di un profondo senso di superiorità sui non-musulmani e instilla l'idea che l'ordine naturale delle cose vuole che i musulmani dominino i non-musulmani. Nell'era moderna, non è affatto così, specialmente un secolo fa quando tanti musulmani sono caduti sotto il dominio europeo. Anche oggi, qualunque indice si guardi – potere, ricchezza, creatività o influenza – i non-musulmani sono dominanti. Questa è una fonte di profondo malcontento e frustrazione per i musulmani, che vedono il mondo alla rovescia e che considerano questo un affronto alla loro dignità e un'umiliazione.
C'è chi sostiene che Mubarak dovrebbe essere trattato con dignità e non andrebbe umiliato da chi lo vuole vedere uscire di scena. Anche questo è qualcosa di peculiare della cultura araba?
Sì, questo ne fa parte. Il concetto di karama, la dignità, è molto forte e l'idea che Mubarak dovrebbe essere trattato con dignità è importante. Al contrario, il fatto che ci sia un mandato di cattura per Ben Ali in Tunisia è un nuovo passo più pesante per i tunisini di quanto lo sia per noi. In effetti, aumentare la pressione e dire: "Noi ti rifiutiamo", è un'umiliazione – non solo quella di dover abbandonare il Paese, ma i suoi ex-colleghi inseguono lui, sua moglie e la sua famiglia.
Lei ha parlato della Turchia, un Paese complicato, fondato sulla laicità, ma un partito religioso ora lo governa. Esiste un modo per l'islamismo di poter coesistere con la democrazia? C'è un modello per questo, a suo avviso?
L'Islam è compatibile con la democrazia, ma l'islamismo non lo è. È come chiedersi, il fascismo e il comunismo sono compatibili con la democrazia? No.
L'islamismo è intrinsecamente antidemocratico. Esige che la sovranità di Dio abbia la meglio sulla sovranità della volontà popolare; che la shari'a sia applicata, non importa cosa ne pensi la gente; che i musulmani ricoprano uno status superiore a quello dei non-musulmani; che gli uomini godano di una superiorità sulle donne; e che il jihad violento sia un mezzo legittimo per diffondere l'Islam. Queste sono le caratteristiche profondamente antidemocratiche dell'islamismo.
Anni fa, gli islamisti hanno denunciato la democrazia come anti-islamica – fino a quando non hanno aperto gli occhi e hanno detto "Ehi, siamo popolari. E allora perché dobbiamo essere antidemocratici?" Essi potrebbero anche sfruttare le elezioni in modo da poter arrivare al potere e poi rimanervi a tempo indeterminato. In generale, più gli islamisti sono lontani dal potere, più sembrano democratici; più potere hanno, meno sono democratici.
La Turchia è il Paese più pericoloso perché i turchi hanno sviluppato una versione dell'islamismo molto evoluta che ha ottenuto un grande successo e ha trasformato il paese, e questa versione presenta un potenziale di longevità che quella iraniana non ha. L'islamismo è arrivato al potere in Iran attraverso la violenza e la rivoluzione e domina in modo pressoché totalitario. In Turchia, è più sofisticato e quindi più pericoloso.
Anche se i Fratelli musulmani non dovrebbero avere alcun ruolo, ci sarà un cambiamento al Cairo? Noi sappiamo che c'è una cooperazione tra Israele e l'Egitto sulle misure di sicurezza. La prima cosa che viene in mente è la profonda "barriera" di protezione tra Gaza e l'Egitto per impedire che vengano costruiti dei tunnel, e che tutto questo sia fatto senza pubblicità. Questa è solo un'indicazione del modo in cui Israele collabora e ha collaborato in passato con l'Egitto. Se ci dovesse essere un cambiamento di regime, il governo seguirà la volontà popolare? Non parlo degli islamisti. L'Egitto continuerà a cooperare con Israele nella lotta contro gli islamisti?
Sono d'accordo con la sua premessa che più ci si conformerà alla volontà popolare egiziana, più feroce sarà la politica verso Israele. E se gli islamisti dovessero arrivare al potere, le relazioni peggioreranno, senza alcun dubbio.
Io però non sono d'accordo con la sua opinione che il governo Mubarak sia stato in un certo senso utile o alleato d'Israele. Noto anche l'esempio da lei fatto che se gli egiziani avessero usato la mano pesante con Hamas, non ci sarebbe stato alcun tunnel di sorta. Il loro è uno Stato sovrano dotato di un grosso esercito e di una nutrita forza di sicurezza. Questi tunnel potrebbero essere tollerati con la collusione del Cairo.
Vedo che circolano questi rapporti che definiscono il governo egiziano un "alleato d'Israele". Non è affatto così. Gaza offre un esempio; se ne potrebbero includere altri come l'incessante antisemitismo della vita pubblica, la discordia diplomatica a livello internazionale e il potenziamento degli arsenali militari. Quell'accumulo di armi convenzionali nel corso degli ultimi trent'anni, utilizzando fondi americani per acquistare armamenti Usa, è stato unicamente finalizzato contro Israele. Oppure qualcuno vorrebbe argomentare che era necessario per difendersi dalla Libia o dal Sudan? Sarebbe peggio se gli islamisti ereditassero questa forza, ma Mubarak l'ha costruita.
Si potrebbe dire che la rimozione di Mubarak non ha fatto altro che infiammare la situazione e che arriverà inevitabilmente un cambiamento, e quando questo arriverà sarà peggio per Israele?
È una questione di competenza e di circostanze storiche. Ci potrebbe essere una presa di potere islamista in Egitto, ma non è inevitabile. Spero che l'esercito sia abbastanza competente per rimanere al potere, e spero che il neo-vicepresidente, Omar Suleiman, succederà a Mubarak come nuovo governante dell'Egitto.
Lei critica il modo in cui Obama sta affrontando la situazione?
Non particolarmente. È una situazione difficile e dire a Mubarak che se ne dovrebbe andare, appoggiando la transizione verso Suleiman, spingendolo a fare delle riforme, è la migliore politica che io possa ravvisare. Detto questo, preferirei un anti-islamismo più forte da parte di Washington. Pertanto sono perplesso. C'è un debole per gli islamisti, atteggiamento che io condanno, ma c'è anche un pessimismo verso Mubarak che invece appoggio.
In paesi come l'Egitto e la Tunisia costituisce un problema il fatto che il governo consideri l'islamismo come un'attività criminale, come un mezzo per ottenere il potere e ingannare la gente. Esso non viene rispettato come un'ideologia potente, ma lo si affronta ricorrendo all'intervento della polizia piuttosto che combatterlo a livello ideologico. Spero che Suleiman apporti meno repressione e ingaggi uno scontro con la visione islamista.
Pensa che si dovrebbe permettere agli islamisti di esprimere maggiormente le loro idee, ma che essi dovrebbero essere contraddetti?
No. Non si dovrebbe permettere agli islamisti di esprimere maggiormente il loro punto di vista. Sarebbe meglio il contrario: che avessero meno spazio. Ad esempio, il governo egiziano ha offerto ai leader islamisti di apparire in prima serata: non consiglierei di farlo. Ancora una volta le autorità considerano il problema prettamente in termini di diritto penale: finché gli islamisti non ricorrono all'uso della violenza, va tutto bene. Questa è una visione primitiva. Gli islamisti non sono soltanto una minaccia d'ordine militare, alla sicurezza o terroristica; essi sono altresì una minaccia sociale, politica e religiosa.
E allora come impedirebbe agli islamisti di esprimere il loro punto di vista senza violenza?
Non bisogna dargli la parola nei programmi radio-televisivi, e incoraggiare piuttosto le voci non-islamiste.
Secondo lei come andrà a finire?
Sono relativamente ottimista riguardo alle previsioni che l'esercito prevarrà in Egitto e spero che gli islamisti non prenderanno il potere.