Palestinesi profanano la Tomba di Giuseppe nell'ottobre 2000. |
Quando nel 1989 l'ayatollah Khomeini decretò che lo scrittore britannico Salman Rushdie dovesse essere giustiziato per le «empietà» contenute nel suo libro,
Versi satanici, fece qualcosa di più che applicare la legge della Shari'a. Inaugurò il cosiddetto "Codice Rushdie" a tutt'oggi ancora in vigore. In base ad esso chiunque si oppone «all'Islam, al Profeta e al Corano» può essere messo a morte, così come tutti coloro che hanno dei legami con il blasfemo. Ciò non bastasse, tutti i musulmani sono invitati a prendere parte a una rete di intelligence ufficiosa per mettere in atto le sentenze. Questo codice, come è evidente, contraddice una premessa fondamentale della vita occidentale: la libertà di parola. Come sintetizzato dalla famosa citazione: «Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo», quella libertà tutela il diritto a commettere degli errori, a insultare, a essere sgradevoli e blasfemi. All'inizio, il Codice Rushdie ha sconvolto l'Occidente. Oggi, vi è applicato. Perché quando l'Islam è l'argomento, la libertà di parola non è altro che una memoria antecedente al 1989. Scrittori, artisti e curatori sono pronti ad ammettere che criticare l'Islam può mettere in pericolo la loro vita.
I leader occidentali, occasionalmente, stanno dalla parte di coloro che oltraggiano l'Islam. Il premier britannico Margaret Thatcher nel 1989 resistette alle pressioni esercitate da Teheran e affermò con decisione che non sussistevano «motivi per i quali il Governo avrebbe dovuto prendere in considerazione l'idea di vietare I versi satanici». Un esempio seguito anche da altri: il Senato Usa, per esempio, deliberò all'unanimità «di tutelare e garantire il diritto di ogni persona a scrivere, pubblicare, vendere, acquistare e leggere libri senza alcun timore di incorrere in episodi di violenza». Allo stesso modo, nel 2006, il primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen prese una dura posizione quando le vignette satiriche su Maometto scatenarono un uragano di proteste: «È una questione di principio» – asserì allora con forza – e come premier non ho alcun potere di imbrigliare la stampa, né voglio disporre di un potere simile». Entrambi questi episodi generarono boicottaggi più che onerosi ed esplosioni di violenza, ma il "principio" ebbe la meglio sulla convenienza. Ma oggi l'Occidente tentenna sempre più spesso al riguardo e non si può fare a meno di ricordare che i governi di Australia, Austria, Canada, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Israele e Paesi Bassi hanno tutti cercato (a volte anche con successo) di mandare in galera i trasgressori del Codice.
Nel gennaio 1989, musulmani britannici bruciarono I versetti satanici. |
L'ultimo Paese ad aggiungersi a questa lista ignominiosa è stato l'America. Che con le pressioni esercitate sul reverendo Jones ha ulteriormente eroso la libertà di parola riguardo all'Islam e implicitamente decretato lo status privilegiato dell'Islam negli States, per mezzo del quale i musulmani possono oltraggiare gli altri, ma non possono essere oltraggiati. Di fatto Obama ha spinto il Paese verso la dhimmitudine, una condizione in cui i non-musulmani riconoscono la superiorità dell'Islam. Dimenticando, però, che la shari'a denigra la santità di altre religioni, una tradizione che si è manifestata in questi ultimi anni con la distruzione delle statue del Buddha scolpite nelle pareti di roccia della valle di Bamiyan e con la profanazione della Tomba di Giuseppe, uno dei luoghi più cari all'ebraismo, e della Basilica cristiana della Natività a Betlemme. Non solo: nel 2003, un decreto ha dichiarato la Bibbia adatta ad essere utilizzata dai musulmani come carta igienica e le autorità iraniane hanno bruciato centinaia di Bibbie nel maggio scorso. Questo squilibrio, in cui l'Islam gode di immunità e le altre religioni vengono disprezzate, è pericoloso. Obama avrebbe dovuto seguire le orme di Rasmussen e affermare la libertà di parola. E adesso spetta agli americani riconoscere e opporre resistenza ad ogni altra applicazione da parte del governo del Codice Rushdie.