Braude, fondatore e capo del Center for Peace Communications, un'organizzazione focalizzata sull'obiettivo di migliorare le relazioni arabo-israeliane, ha scritto un libro importante e molto originale. L'autore rievoca la storia positiva di questo rapporto difficile, plaude l'eccezione marocchina, esamina le prospettive attuali, conclude che "è emersa una massa critica a favore del recupero" il cui rumore "si sente dalle coste dell'Atlantico fino allo Stretto di Hormuz", e offre una serie completa di raccomandazioni politiche.
Il titolo e il sottotitolo contengono tre parole che meritano la dovuta attenzione. "Recupero" si riferisce al ricordo un po' nostalgico di Braude delle buone relazioni arabo-israeliane di un secolo fa. L'autore offre una serie impressionante di voci filo-sioniste egiziane e irachene come quella dello studioso egiziano Ahmad Zaki, che affermava che "la vittoria del sionismo è anche la vittoria del mio ideale". Ma tale visione è sempre stata minoritaria. Per renderla maggioritaria è necessaria una rivoluzione più che un recupero.
Anche il termine "culturale" riveste attenzione. Braude sostiene ragionevolmente il ruolo centrale che deve svolgere la società civile, anche nelle autocrazie, sottolineando l'inaccettabile divario tra i buoni rapporti che i governi mantengono con Israele e la denigrazione da parte di questi stessi governi nei confronti dello Stato ebraico per soddisfare le loro opinioni pubbliche interne. L'autore afferma che per migliorare le relazioni "le popolazioni arabe dovrebbero unirsi ai loro governi nella costruzione di un rapporto con Israele e il suo popolo". Ad esempio, "un progetto arabo-israeliano di desalinizzazione dell'acqua non influenza l'opinione pubblica finché i media lo ignorano e i predicatori persuadono le loro greggi che i 'sionisti' stanno avvelenando l'acqua potabile". In altre parole: "la particolare attenzione al raggiungimento di una serie di nuovi trattati rischiava di oscurare la possibilità di stringere innumerevoli legami con i popoli arabi". Per rimediare a questo problema, Braude ravvisa nelle scuole, nei leader religiosi e nei media gli elementi chiave capaci di cambiare le mentalità.
"Arabo" qui significa non palestinese. Mettendo a confronto le due popolazioni, Braude ritiene correttamente che "gli approcci che si applicano all'una non si applicano necessariamente all'altra", e quindi non include i palestinesi nel suo sondaggio né offre raccomandazioni applicabili a loro.
Il libro si conclude con un utile elenco di misure che israeliani e americani possono adottare per incoraggiare relazioni favorevoli tra gli Stati arabi e Israele, come ad esempio "la creazione di un'unità di controllo e responsabilità" e azioni atte a "promuovere l'accesso ai mezzi d'informazione stranieri". Sebbene Braude dia questo consiglio sia agli israeliani che agli americani, i primi dovrebbero ovviamente assumersi la responsabilità, data la centralità dei Paesi arabi nella politica estera di Israele.