Siamo fortemente colpiti dagli aumenti del prezzo del petrolio dell'ultimo decennio, ma le vere vittime sono le popolazioni degli Stati più ricchi dell'OPEC: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Libia.
Mentre il mondo industriale soffre per l'alto tasso di disoccupazione, per l'aumento dell'inflazione e per la diminuzione della crescita economica, i Paesi esportatori di petrolio fanno fronte alla prospettiva della distruzione totale.
Questa prospettiva è tanto più pericolosa perché è ben nascosta. Secondo qualsiasi standard economico, i grandi esportatori di petrolio prosperano. Regioni che una generazione fa erano tra le più isolate, tra le più povere e tra le più arretrate sono oggi tra le più ricche e potenti. Una ricchezza impensata ha reso possibili i benefici della civiltà moderna, compresa la sua scienza medica, l'apprendimento, la tecnologia, la cultura e la potenza militare.
Ma questi vantaggi hanno un prezzo. Uno sguardo attento agli Stati petroliferi più ricchi mostra che un massiccio afflusso di denaro mette in pericolo la loro stabilità, e forse la loro stessa esistenza.
Due problemi rappresentano la maggiore minaccia: il cambiamento e la dipendenza.
Il cambiamento degli stili di vita tradizionali si verifica in tutto il mondo, ma da nessuna parte avviene con rapidità e drammaticità come negli Stati che sono diventati all'improvviso milionari. Le relazioni sociali, le strutture politiche e le verità religiose del passato sono sotto pressione; i mestieri tradizionali sono praticamente inutili. Chi ha bisogno di cammellieri o di tessitori a mano? La vecchia élite mercantile, religiosa e tribale è stata superata da un nuovo gruppo che ha legami con agenti petroliferi, commercianti, tecnici. Quasi tutto ciò che è consueto è stato sostituito da forme dolorosamente nuove.
La dipendenza dal mondo esterno rende gli Stati petroliferi terribilmente vulnerabili. Prima della scoperta del petrolio, questi Paesi primitivi vivevano in gran parte al di fuori dell'economia mondiale, coltivando il cibo per il proprio sostentamento, producendo i propri beni, fornendo i propri servizi. Ora ottengono tutto questo dal mondo esterno. La ricchezza deriva dai pagamenti per il petrolio: beni alimentari e manufatti arrivano dall'estero, così come i lavoratori a tutti i livelli, dai trasportatori d'acqua ai tecnici delle raffinerie di petrolio. Gli stranieri lavorano nelle università e operano persino in molti eserciti.
I problemi idrici illustrano i pericoli del cambiamento e della dipendenza. Poiché gli Stati petroliferi più ricchi hanno climi desertici o semiaridi, le loro popolazioni in passato vivevano di piccole quantità di acqua. Tali risorse idriche provenivano da riserve sotterranee integrate da piogge occasionali, ma imprevedibili. La vita nel deserto ruotava attorno all'approvvigionamento idrico: il suo volume e la sua qualità determinavano i pascoli, i sistemi agricoli e i viaggi. Lo scavo di pozzi ha preoccupato gli abitanti e le controversie sui diritti di utilizzazione dell'acqua hanno causato la maggior parte dei loro conflitti. I beduini o vivevano in armonia con le loro riserve idriche oppure perivano.
I ricavi petroliferi hanno sconvolto bruscamente questo equilibrio. La nuova ricchezza ha fornito i fondi per l'acquisto di macchinari per scavare pozzi più profondi e per distribuire l'acqua a grandi distanze. La popolazione locale degli Stati petroliferi più ricchi ha abbandonato le proprie abitudini frugali e le orde di stranieri che vi si sono stabiliti hanno consumato profusamente l'acqua come erano soliti fare nei loro Paesi d'origine in America o in Europa. I progetti agricoli e di allevamento su larga scala hanno richiesto enormi quantità di acqua e ancora di più il cemento, per i grandi progetti edilizi.
Un impianto di desalinizzazione in Arabia Saudita. |
Di fatto, la crisi è stata soltanto ritardata. Gli impianti di desalinizzazione sono delicati, costosi e tecnicamente complessi e le loro attività possono essere facilmente interrotte. I disordini civili potrebbero costringere i tecnici stranieri, i quali mantengono in funzione gli impianti, a fuggire; un gruppo ribelle potrebbe impadronirsi degli impianti e farli smettere di pompare acqua; i terroristi potrebbero sabotarli; gli aerei nemici potrebbero bombardarli; la guerra potrebbe impedire l'arrivo di pezzi di ricambio o di carburante; i Paesi industriali potrebbero imporre un embargo sui pezzi di ricambio; oppure le entrate petrolifere potrebbero diminuire così precipitosamente che i costi della desalinizzazione non possono essere coperti.
Uno qualsiasi di questi sviluppi interromperebbe i rifornimenti di acqua dolce per milioni di persone. Intere città rimarrebbero a secco. Si potrebbero fare arrivare forniture di emergenza, ma non per molto; una città come Riad, in Arabia Saudita, oggi con più di mezzo milione di abitanti, diventerebbe all'improvviso una città fantasma.
Un disastro idrico è solo uno delle tante possibili strade verso la distruzione. La corsa dei prezzi petroliferi è una vera tragedia, perché danneggia non soltanto quelli di noi che stanno pagando così tanto, ma ancor di più coloro che ne traggono profitto. In breve tempo sarà vista come una delle grandi calamità del nostro secolo. Dobbiamo ancora assistere all'entità reale del suo pieno impatto.