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Smith, professore di Studi africani alla Duke University, esamina i dati demografici per giungere a conclusioni ponderate sul futuro dell'Europa e dell'Africa. Prende in considerazione alcuni fatti nudi e crudi: quando la "corsa all'Africa" dell'Europa ebbe luogo intorno al 1885, l'Europa (esclusa la Russia e quella che oggi è la Tracia turca) aveva una popolazione stimata di 240 milioni di abitanti l'Africa ne contava 100 milioni. Oggi quei numeri sono 600 milioni di abitanti per l'Europa e 1,25 miliardi per l'Africa. Nel 2050, secondo le previsioni ci saranno 600 milioni di europei e 2,5 miliardi di africani. Pertanto, nell'arco di 165 anni, l'Africa sarà cresciuta dieci volte più velocemente dell'Europa.
Osservando queste cifre e la disperazione che spinge numerosi giovani africani a raggiungere l'Europa, Smith sostiene che "né l'Europa né l'Africa si rendono ancora conto della sfida che ci attende. I due continenti sono ancora impreparati per un incontro migratorio di dimensioni senza precedenti". In questo libro avvincente, l'autore procede ad esplorare quella che chiama ironicamente la "corsa verso l'Europa".
Corsa che non sarà paragonabile a quella fatta nel XIX secolo dagli europei d'élite per accaparrarsi merci, mercati e "un posto al sole", ma riguarderà gli africani comuni, principalmente giovani maschi che dispongono dei mezzi necessari (per pagare i loro viaggi) e di "infinite ambizioni", alla ricerca della loro fortuna. Esaminando i precedenti storici, in particolare il confine tra Stati Uniti e Messico, Smith prevede che nelle prossime due generazioni "più di 100 milioni di africani attraverseranno il Mar Mediterraneo" e che un quarto della popolazione europea diventerà ciò che lui definisce afro-europea.
Ex giornalista di importanti testate francesi di Sinistra ( Le Monde, Libération ), l'autore non si preoccupa dello status giuridico dei migranti né tantomeno "di notte rimane sveglio, tremando al pensiero di 'un'africanizzazione' dell'Europa". Al contrario, gli africani che trovano lavoro "forniscono alle economie europee il cervello o i muscoli richiesti e alle società che invecchiano (...) giovinezza e diversità". Smith respinge sprezzantemente "la fantasia europea della conquista musulmana". La "fortezza Europa", come lui la definisce, è "famigerata agli occhi di molti per essere una battaglia persa combattuta per una causa vergognosa". Qualsiasi tentativo di arginare la migrazione africana esclusivamente attraverso le misure di sicurezza è "destinato a fallire".
Le preoccupazioni di Smith risiedono in gran parte altrove, in Africa, che si trasforma in "un relitto" poiché i suoi elementi più dinamici "decidono di partire per l'Europa [e] di rinunciare alla loro patria". L'autore comprende le motivazioni dei singoli africani, ma ritiene che "si sbagliano, andando nella direzione sbagliata (...) per il destino del loro continente". In effetti, essi guardano egoisticamente soltanto a se stessi e "scappano" dal futuro dell'Africa. Nel complesso, l'Africa ha molto da perdere con questo trasferimento di popolazione.
Dunque, questa è una conclusione derivante dai fatti cruciali che Smith ha evidenziato con chiarezza.