Il Medio Oriente occupa un posto di rilievo nella rivalità fra le superpotenze a causa della sua importanza geostrategica ed economica. È il centro di gravità della produzione mondiale di petrolio ed è cruciale per le condizioni economiche a lungo termine del mondo libero. A metà del 1988, gli Stati Uniti hanno importato giornalmente circa 1,7 milioni di barili di petrolio dal Medio Oriente e si prevede che ne importeranno molti di più negli anni Novanta. Politicamente, il Medio Oriente è l'arena in cui Israele, una democrazia assediata e strettamente alleata degli Stati Uniti, lotta per la sopravvivenza e dove il conflitto fra Iran e Iraq e le crescenti forze islamiche fondamentaliste esercitano un'influenza destabilizzante sulla regione.
I risultati dell'amministrazione Reagan
Quando l'amministrazione Reagan è entrata in carica, la regione del Medio Oriente/Golfo Persico si stava riprendendo dalla Rivoluzione iraniana, dall'invasione sovietica dell'Afghanistan e dall'inizio della guerra fra l'Iran e l'Iraq. Ribollivano anche le persistenti tensioni arabo-israeliane, l'anarchia sempre più profonda del Libano e la crescente ingerenza della Libia negli affari dei Paesi vicini. La cosa più minacciosa, forse, era data dal fatto che l'Unione Sovietica era in movimento, tentando di circondare il Golfo Persico con l'invasione dell'Afghanistan e aumentando la sua presenza in Etiopia, nello Yemen meridionale e in Siria.
L'amministrazione Reagan ha contribuito a bloccare la spinta sovietica verso il Golfo attraverso l'Afghanistan, sostenendo con forza il Pakistan e appoggiando la resistenza dei mujaheddin afghani. L'attacco aereo degli Stati Uniti contro la Libia del 14 aprile 1986 ha ridotto il terrorismo libico e ha isolato il dittatore libico Muammar Gheddafi. Gli Stati Uniti hanno guidato la riaffermazione del primato occidentale nel Golfo Persico schierando le forze navali occidentali per smussare e scoraggiare l'aggressione iraniana nelle acque del Golfo. Questa misura, insieme alla "operazione Staunch", un tentativo americano di negare all'Iran l'accesso alle forniture di armi straniere, sembra aver contribuito in modo significativo alla decisione iraniana di porre fine alla guerra fra Iran e Iraq.
Nel frattempo, l'amministrazione Reagan, ha attuato una politica coerente per quanto riguarda il conflitto arabo-israeliano e ha convinto gli Stati arabi dell'impossibilità di creare un cuneo tra gli Stati Uniti e Israele. La cooperazione strategica fra USA e Israele è stata rafforzata da accordi sugli scambi di intelligence, dalla cooperazione militare e dagli appalti per la difesa. Washington ha spronato Israele, e in misura minore l'Egitto, verso riforme economiche del libero mercato che hanno favorito la crescita economica nei settori deregolamentati delle loro economie. Il fallimento più doloroso dell'amministrazione Reagan è stato il ritiro dei Marines statunitensi dal Libano nel 1984 e la sua incapacità di aiutare i libanesi a ripristinare un consenso nazionale che avrebbe privato i terroristi delle loro basi operative libanesi. Sebbene l'obiettivo a lungo termine di Washington di portare a termine l'iniziativa segreta iraniana, ossia il ripristino delle relazioni con l'Iran post-Khomeini, fosse necessario e giusto, la sua realizzazione è stata inadeguata.
I successivi quattro anni
Gli Stati Uniti hanno quattro obiettivi principali nella regione: 1) bloccare la penetrazione sovietica; 2) assicurare la sicurezza di Israele; 3) mantenere l'accesso occidentale al petrolio mediorientale e 4) mantenere buone relazioni con gli Stati arabi moderati rafforzando al contempo tendenze filo-occidentali come la democrazia. Gli interessi americani sono avvantaggiati dalla stabilità. Pertanto, gli Stati Uniti devono lavorare per trovare soluzioni negoziali al conflitto arabo-israeliano e alla guerra fra Iran e Iraq, due delle principali fonti di instabilità mediorientale.
Rafforzare l'alleanza strategica con Israele
Israele è un prezioso alleato degli Stati Uniti per la sua posizione cruciale, l'opposizione al comunismo, l'impegno verso i valori occidentali, le straordinarie forze militari, l'esperienza nel sequestrare e contrastare le armi di fabbricazione sovietica, l'eccellente rete di intelligence e le creative organizzazioni per la ricerca nell'ambito della Difesa. Il nuovo presidente deve liberarsi della mentalità a somma zero che, fino all'amministrazione Reagan, aveva indotto gli Stati Uniti a tenere Israele a distanza nel vano tentativo di ottenere una stretta cooperazione strategica con gli Stati arabi riluttanti. Gli stretti legami fra gli Stati Uniti e Israele hanno spesso costituito per i leader arabi un incentivo per migliorare le proprie relazioni con gli USA.
Il nuovo presidente dovrebbe orientare il Segretario alla Difesa a integrare con discrezione Israele nel sistema di difesa antisovietico globale nell'area strategica situata fra il fianco sud dell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e il Golfo Persico. Questa zona comprende il Mar Mediterraneo orientale e il suo litorale. Dovrebbero essere elaborati e aggiornati piani di emergenza congiunti USA-Israele per fornire alle forze militari americane l'accesso ai porti, alle basi aeree e alle strutture mediche israeliane in caso di crisi. Armi pesanti, forniture mediche, carburante e munizioni dovrebbero essere predisposti in Israele per l'uso da parte degli Stati Uniti nelle contingenze del fianco sud della NATO o del Medio Oriente...
Un'attività di coordinamento tra l'intelligence militare israeliana e americana e una cooperazione tecnica dovrebbero essere predisposte per promuovere il massimo scambio di informazioni nella valutazione e nel contrasto congiunti della minaccia militare sovietica. E quando possibile, occorrerebbe adottare le innovazioni israeliane nella tecnologia militare, come i velivoli a pilotaggio remoto, le munizioni perforanti, i missili radar e l'avionica degli aerei da combattimento. Il Dipartimento della Difesa dovrebbe incoraggiare gli scambi con Israele nella ricerca nell'ambito della difesa, in particolare i contributi israeliani all'Iniziativa di Difesa Strategica. (Si veda la sezione Difesa Strategica del Cap. 28.)
Incoraggiare i colloqui di pace bilaterali diretti
La testimonianza storica mostra che solo i colloqui diretti tra Israele e i Paesoi vicini producono risultati. Il nuovo Segretario di Stato non dovrebbe quindi sollecitare una "conferenza internazionale". Ciò darebbe semplicemente agli Stati arabi estremisti un veto sul processo di pace e consentirebbe all'Unione Sovietica di accrescere la propria influenza prendendosi gioco degli arabi e isolando Israele e gli Stati Uniti La nuova amministrazione dovrebbe accettare una conferenza solo se fosse un evento internazionale puramente cerimoniale, un evento finalizzato a facilitare i colloqui bilaterali.
Ridimensionare il ruolo del processo di pace sovietico
Il nuovo presidente dovrebbe bloccare qualsiasi ruolo sovietico nel processo di pace fino a quando Mosca non sarà disposta a dimostrare il suo impegno costruttivo ripristinando le relazioni con Israele, riducendo significativamente il flusso di armi verso quegli Stati arabi in guerra con Israele e ponendo fine al suo sostegno ai gruppi terroristici mediorientali.
Contenere la Rivoluzione iraniana
Gli Stati Uniti dovrebbero fare in modo di contenere le ripercussioni destabilizzanti della Rivoluzione iraniana. Fra tali effetti spiccano il terrorismo sponsorizzato dall'Iran, l'agitazione islamica fondamentalista e l'intimidazione degli Stati filo-occidentali in tutto il Medio Oriente. L'obiettivo a lungo termine degli Stati Uniti dovrebbe essere quello di ripristinare un rapporto di collaborazione con un governo iraniano che non cerchi di esportare il proprio marchio di politica rivoluzionaria. Il vero riavvicinamento sembra impossibile finché l'Ayatollah Ruhollah Khomeini dominerà l'Iran.
Pur lasciando la porta aperta a migliori relazioni fra gli Stati Uniti e l'Iran, il Segretario di Stato deve rendersi conto che l'ostilità di Teheran nei confronti di Washington è una funzione della sua ideologia e non sarà mitigata da atti di buona volontà americani. Tali misure sarebbero interpretate da Teheran come segni di debolezza o sotterfugi. Il regime rispetta la forza e valuta attentamente i benefici del suo comportamento antiamericano. La nuova amministrazione dovrebbe quindi mantenere gli sforzi per isolare l'Iran, privarlo delle forniture di armi straniere e spingere gli alleati a vietare il commercio con Teheran; essere pronta a rispondere con la forza militare contro importanti obiettivi militari ed economici iraniani (come i giacimenti petroliferi), in caso di attacchi sostenuti dall'Iran contro obiettivi statunitensi; offrire assistenza economica e tecnica degli Stati Uniti nella ricostruzione dell'economia in frantumi dell'Iran, in particolare la sua industria petrolifera, se Teheran negozierà un trattato di pace con l'Iraq e smetterà di dare il suo sostegno ai terroristi; e, infine, dovrebbe offrirsi di riconoscere la Rivoluzione iraniana e limitare l'appoggio degli Stati Uniti ai gruppi di opposizione, se l'Iran porrà fine agli sforzi per destabilizzare i governi mediorientali filo-occidentali.
Impedire una vittoria decisiva da entrambe le parti nella guerra fra Iran e Iraq
Una vittoria assoluta dell'Iran o dell'Iraq minaccerebbe gli interessi degli Stati Uniti e dell'Occidente nel Golfo Persico. La continuazione della guerra, tuttavia, è intrinsecamente destabilizzante e offre a Mosca l'opportunità di espandere la propria influenza. Ora che l'Iran ha accettato gli sforzi di pace mediati dalle Nazioni Unite, gli Stati Uniti dovrebbero cercare un accordo negoziato basato sullo status quo prebellico e mantenere restrizioni sulla vendita di armi tanto all'Iran quanto all'Iraq. Gli Stati Uniti devono mantenere una potente presenza navale nel Golfo Persico fino a quando Teheran non assumerà un fermo impegno a ripristinare la libertà di navigazione e porrà fine ai suoi attacchi alla navigazione neutrale. Il Presidente e il Segretario di Stato dovrebbero condannare fermamente l'uso di armi chimiche da parte dell'Iraq.
Aiutare l'Egitto a riformare la sua economia
Il nuovo Segretario di Stato deve assicurare la sopravvivenza di uno stabile Egitto filo-occidentale aiutando Il Cairo a salvare il suo futuro economico a lungo termine. Un eccesso di burocrazia gestisce male il settore pubblico dominante in Egitto, mentre ingenti aiuti alimentari e altri beni essenziali deformano il comportamento economico e aggravano l'enorme deficit pubblico. Gli Stati Uniti devono aiutare il Cairo a mantenere standard di vita accettabili per i suoi poveri, avviando le riforme economiche del libero mercato che assicureranno la crescita economica dell'Egitto. Il Dipartimento di Stato dovrebbe utilizzare gli aiuti statunitensi per incoraggiare l'Egitto a sminuire il ruolo economico dello Stato, rafforzare il settore privato, privatizzare le imprese statali, eliminare gradualmente i controlli sui prezzi e passare a un'economia di libero mercato.
Per aiutare l'Egitto a compiere questa difficile transizione, Washington dovrebbe mantenere l'attuale livello di 2,1 miliardi di dollari in aiuti al Cairo, incoraggiando l'Europa occidentale e il Giappone ad aumentare i loro aiuti all'Egitto. Il Segretario di Stato dovrebbe collaborare con l'Egitto per incoraggiare altri Paesi arabi a seguirne le orme nella firma di trattati di pace con Israele, come fece l'Egitto nel 1979. Il Segretario alla Difesa dovrebbe cercare con discrezione una maggiore cooperazione strategica con Il Cairo, in particolare nel bloccare l'ingerenza libica in Ciad e in Sudan. Per evitare di offrire ai musulmani fondamentalisti l'opportunità di suscitare ansie egiziane, il Segretario di Stato dovrebbe ridurre le dimensioni e la visibilità della presenza ufficiale degli Stati Uniti in Egitto.
Proposte per il 1989
1) Astenersi dall'intromettersi nei disordini in Cisgiordania/Gaza. Le autorità israeliane dovrebbero poter far fronte alla rivolta palestinese, poiché esse comprendono meglio i disordini e si rendono conto dei rischi. Per gli Stati Uniti, sostenere le concessioni israeliane ai rivoltosi premierebbe la violenza, la perpetuerebbe e renderebbe il processo di pace molto più difficile. La nuova amministrazione dovrebbe astenersi dal dare consigli pubblici a Israele su come gestire i disordini.
2) Fungere da mediatore neutrale nel processo di pace arabo-israeliano. Gli arabi devono negoziare con Gerusalemme, e non con Washington. L'entusiasmo eccessivo da parte degli Stati Uniti induce gli Stati arabi a credere che Washington strapperà concessioni a Israele a favore degli arabi e quindi li scoraggerà dal fare loro stessi concessioni. Il Segretario di Stato non dovrebbe precisare la propria posizione, ma dovrebbe portare avanti il processo quando ci sono segni che entrambe le parti sono disposte a negoziare. Quindi, il Segretario di Stato dovrebbe offrire i suoi buoni uffici di mediatore. Il Presidente non dovrebbe essere coinvolto fino a quando non sarà evidente che ci sono ragionevoli possibilità di successo.
3) Esercitare pressioni sull'Iran perché smetta di esportare rivoluzione e terrorismo. Il Segretario di Stato dovrebbe continuare a mobilitare gli Stati occidentali per isolare l'Iran. Il Segretario di Stato dovrebbe avvertire Teheran che, se continuerà a sostenere il terrorismo e a minacciare la stabilità di altri Stati, gli Stati Uniti saranno ulteriormente inclini verso l'Iraq, fornendogli crediti economici, assistenza tecnica e forse anche armi.
4) Predisporre opzioni militari per le contingenze riguardanti l'Iran. Il Segretario alla Difesa dovrebbe sviluppare un'ampia gamma di possibili risposte militari rapide contro l'Iran in caso di terrorismo iraniano o di attacchi iraniani alle navi statunitensi nel Golfo Persico. Washington non dovrebbe preoccuparsi di spingere l'Iran tra le braccia dei sovietici perché Teheran ha valide ragioni storiche, geopolitiche e ideologiche per temere un abbraccio sovietico. L'ostilità iraniana nei confronti degli Stati Uniti è generata internamente e sarà placata nel breve periodo dai segnali favorevoli inviati da Washington. L'Iran risponde a una forte pressione, non alle buone intenzioni. Un'azione risoluta a breve termine può ovviare alla necessità a lungo termine di intraprendere azioni molto più costose e più rischiose per tenere a freno Teheran.
5) Isolare e mantenere la pressione sulla Siria. Il governo siriano ha finto interesse a partecipare al processo di pace arabo-israeliano e ha accennato alla possibilità di ridurre il sostegno al terrorismo come mezzo per uscire dal suo isolamento e riguadagnare l'accesso al commercio, agli aiuti e agli investimenti occidentali. Il Segretario di Stato americano dovrebbe riconoscere che queste misure sono motivate dalle debolezze interne della Siria e non da un genuino desiderio di pace. Pertanto, gli Stati Uniti devono mantenere la pressione diplomatica sulla Siria, non allentarla. Washington dovrebbe tornare alla dura posizione assunta nel 1986 in seguito alle rivelazioni sul coinvolgimento siriano in un complotto per fare saltare in aria un aereo di linea israeliano. A quel tempo, l'ambasciatore degli Stati Uniti a Damasco venne ritirato, alle compagnie petrolifere statunitensi fu vietato di esercitare le loro attività in Siria, furono inasprite le restrizioni alle esportazioni americane in Siria, furono interrotte le concessioni delle linee di credito della Export-Import Bank verso la Siria, e un accordo aereo venne annullato. Il Segretario di Stato dovrebbe chiedere all'Arabia Saudita di ridurre i suoi aiuti esteri alla Siria fino a quando quella nazione non sarà d'aiuto nel promuovere la pace fra gli arabi e Israele e tra l'Iran e l'Iraq. Se Damasco farà questo e allontanerà dal Libano le Guardie rivoluzionarie iraniane, allora la Siria potrebbe essere ricompensata con l'accesso ai mercati e ai crediti statunitensi.
6) Codificare la cooperazione strategica USA-Israele. Washington dovrebbe formalizzare e consolidare il Memorandum d'intesa fra Stati Uniti e Israele del 1983 sulla cooperazione strategica per conferire alla burocrazia americana tutti gli interessi nell'espansione della cooperazione strategica con Israele. Il Presidente dovrebbe istituire un Consiglio di Difesa USA-Israele, un gruppo di alto livello presieduto dal Segretario della Difesa americano e dal Ministro della Difesa israeliano, fornendo un contesto per coordinare il lavoro dei vari gruppi di lavoro ad hoc che pianificano ed eseguono la cooperazione strategica tra Stati Uniti e Israele.
7) Vendere cautamente armi agli Stati arabi. Gli Stati arabi filo-occidentali del Golfo Persico hanno una legittima necessità di avere le armi per contrastare le più grandi forze armate iraniane. Pertanto, gli Stati Uniti dovrebbero vendere a questi Paesi armamenti appropriati. L'acquisto di 30 miliardi di dollari di armi britanniche da parte dei sauditi, annunciato a metà del 1988, dimostra che gli Stati del Golfo possono rivolgersi altrove se gli Stati Uniti si rifiutano di vendere loro armi. Allo stesso tempo, il nuovo presidente deve fare in modo che le vendite di armi statunitensi agli arabi non minaccino Israele. Un modo per affrontare questo problema sarebbe creare un comitato di coordinamento composto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati che venda armi agli Stati del Golfo Persico. Questo comitato sarebbe incaricato di prevenire la destabilizzazione della regione con una smisurata rivalità interalleata nella vendita di armi. Tale accordo esisteva all'inizio degli anni Cinquanta in seguito alla Dichiarazione tripartita in cui gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia si impegnavano a limitare la vendita di armi al Medio Oriente.
8) Mantenere la pressione su Gheddafi . Il volubile colonnello libico Gheddafi rimane una minaccia per la stabilità di Paesi amici degli Stati Uniti come il Ciad, l'Egitto, il Sudan e la Tunisia. Il Dipartimento di Stato dovrebbe monitorare da vicino le attività di Gheddafi, mantenere le sanzioni economiche esistenti contro la Libia e spingere gli alleati degli Stati Uniti a fare altrettanto. Cosa più importante, gli Stati Uniti dovrebbero fornire maggiori aiuti militari ed economici al governo del Ciad per consentirgli di resistere all'aggressione libica.
9) Incoraggiare la moderazione irachena. La guerra del Golfo ha guidato la politica irachena in una direzione che tutela gli interessi degli Stati Uniti: offrendo un sostegno ai Paesi amici degli USA, come Giordania ed Egitto, e garantendo l'opposizione agli alleati sovietici, come Siria e Libia. Il Segretario di Stato dovrebbe incoraggiare l'Iraq a sostenere gli sforzi degli Stati arabi moderati volti a raggiungere una soluzione negoziata del conflitto arabo-israeliano e interrompere il suo sostegno al terrorismo. Le relazioni degli Stati Uniti con l'Iraq dovrebbero essere intrattenute indipendentemente dalle speranze di migliorare le relazioni con l'Iran, proprio come i rapporti tra Stati Uniti e Israele vengono condotti indipendentemente dalle relazioni tra gli Stati Uniti e gli arabi.
[1] Hanno commentato e contribuito generosamente a questo rapporto i membri della task force del Mandato III Brad Gordon, Laurie Mylroie e Darryl Nirenberg. Non necessariamente approvano tutte le sue considerazioni e raccomandazioni.