Solo una generazione fa, chi avrebbe potuto immaginare che i cristiani si sarebbero ben presto uniti agli ebrei nella pubblicazione di testi sui tentativi di persecuzione dei quali sono oggetto? E, cosa ancor più improbabile, chi avrebbe potuto prevedere che i cristiani e gli ebrei avrebbero ravvisato nei musulmani (e non nei marxisti-leninisti) la loro nemesi più persistente? Una coppia di pubblicazioni eccellenti e simili, edite da due organizzazioni parallele, danno voce a queste preoccupazioni: tanto il Rutherford Institute (un'organizzazione "dedita alla difesa e al mantenimento della libertà religiosa") quanto la Lega Antidiffamazione del B'nai B'rith hanno una visione ecumenica, ma la prima si concentra sui problemi che devono affrontare i cristiani e la seconda su quelli degli ebrei.
Il manuale del Rutherford Institute si occupa dei problemi che incontrano 43 paesi, di cui 8 in Medio Oriente (Algeria, Egitto, Sudan, Arabia Saudita, Israele, Iraq, Iran e Pakistan), un'area geografica dove si riscontra una grave mancanza di diritti religiosi. E in Medio Oriente, due temi ricorrono con grande regolarità: la repressione dei non musulmani, soprattutto cristiani, e le restrizioni imposte ai musulmani che vorrebbero convertirsi a un'altra religione, in particolare al Cristianesimo. 1) Se l'Arabia Saudita sembra essere il paese che più di tutti al mondo viola i diritti del Cristianesimo, con l'illegalità delle chiese, le continue incursioni della polizia durante gli incontri di preghiera organizzati in luoghi privati e le esecuzioni capitali cui vanno incontro alcuni missionari, va però anche detto che ogni paese musulmano è fortemente criticabile a riguardo. 2) Il caso Salman Rushdie ha portato all'attenzione internazionale la pena di morte per apostasia; il Rutherford Institute ritiene che questo divieto sia normale nei paesi musulmani. Quest'organizzazione reputa che la restrizione sia una forte limitazione della libertà religiosa e che "nella maggior parte dei paesi islamici, anche i musulmani non hanno libertà di coscienza, ossia la libertà di scegliere (e cambiare) la propria religione".
Il volume L'antisemitismo nel mondo rileva altresì che i paesi musulmani sono i più impegnati attivamente nei discorsi e negli atti antiebraici. In spiccato contrasto con le altre parti del mondo, dove l'indagine parla di attività di gruppi di frangia, nei paesi musulmani si citano capi di Stato, importanti partiti politici, grossi quotidiani e insigni intellettuali. Altrove, l'antisemitismo si cela furtivamente, qui, tra i musulmani, esso regna sovrano.
Sorprende inoltre che l'indagine rilevi che in Europa Occidentale e nelle Americhe, i musulmani rappresentino sempre più una minaccia per gli ebrei. Se in Europa, gli elementi della destra hanno attaccato gli ebrei e hanno vandalizzato le proprietà ebraiche, "attacchi violenti, con l'intento di causare danni fisici, sono stati perpetrati nella maggior parte dei casi dagli estremisti musulmani". Ad esempio, l'unico attacco antisemita avvenuto in Europa nel 1995 non è stato compiuto dagli skinheads ma da un gruppo fondamentalista algerino (il fallito attentato a una scuola ebraica francese, nei pressi di Lione). Dal Sud-Africa all'Argentina, finanche alla Svezia, i musulmani superano l'estremismo di destra per ciò che concerne la portata della loro retorica e influenza antisemita: negli Stati Uniti, ad esempio, Louis Farrakhan, leader della Nazione dell'Islam, è il principale ideologo antiebraico.