Nel mondo contemporaneo, la schiavitù – la turpe proprietà di una persona e il suo sfruttamento come una bestia da soma – ha luogo in Sudan e in Mauritania. La pratica sudanese è frutto in gran parte di una guerra condotta dai musulmani contro i cristiani; quando i primi conquistarono i secondi, spesso li ridussero in schiavitù (e spesso li convertirono all'Islam). La Mauritania non ha una religione diversa dall'Islam – è prossima a essere un Paese prettamente musulmano – ma è un luogo di divisioni razziali tra gli arabi (dalla pelle chiara) e i neri africani (dalla pelle nera). Su una popolazione totale di circa due milioni, qualche decina di migliaia di mauritani sono ridotti in schiavitù.
Quando Cotton, un dottorando della Columbia University e un giornalista part-time, ha saputo di questa situazione, ne è rimasto sconvolto e ha voluto approfondire l'argomento. Nel suo breve ma intenso viaggio in Mauritania ai primi del 1996 ha potuto raccogliere le informazioni di prima mano sull'esistenza di questa infame istituzione; e come afro-americano si è particolarmente commosso per la schiavitù dei neri mauritani. Cotton ha cominciato le sue ricerche da reporter, pensando che la mera esposizione dei fatti avrebbe colpito gli altri afro-americani, com'era successo a lui, e che sarebbero rimasti sbigottiti per il razzismo e la schiavitù esistenti in Mauritania, qualcosa di simile all'esperienza vissuta dai loro antenati. Ma non è stato così. L'autore ha rilevato che i leader neri (Louis Farrakhan, gli afro-americani musulmani di spicco, l'ex-membro del Congresso Mervyn Dymally e gli accademici della Howard University) non solo minimizzano la questione ma in numerosi casi si scusano del sistema schiavistico. Pertanto, Cotton è diventato un attivista. Egli ha rilevato che finora, anche i suoi successi apparenti, come l'approvazione di una risoluzione del NAACP (l'Associazione per il progresso della gente di colore) che condanna la schiavitù, si sono rivelati inefficaci.
La descrizione dello scenario mauritano è sconvolgente, la sua storia personale è toccante e il resoconto sulle reazioni afro-americane è deprimente. Circa due secoli dopo il grande sforzo abolizionista americano, è necessaria una nuova iterazione, questa volta focalizzando l'attenzione sul mondo musulmano.