Basil al-Assad, il primogenito di Hafez al-Assad, perse la vita il 21 gennaio 1994, all'età di trentuno anni, in un incidente stradale, a causa dell'alta velocità della Mercedes da lui guidata per raggiungere l'aeroporto di Damasco dove lo attendeva un aereo che lo avrebbe condotto all'estero per trascorrere una vacanza sui campi da sci. Allora ci fu un grande lutto nazionale, con il nero che divenne il colore preferito della Siria per molte settimane e con gli omaggi resi quasi dappertutto al "Martire Basil al-Assad, ingegnere e comandante in capo". Non sorprende affatto che la satrapia libanese della Siria abbia seguito l'esempio santificando il nome del figlio.
La cosa più sorprendente è che uno dei principali centri intellettuali dell'Egitto si sia unito all'adulazione. Il resoconto di Sa'dani's comincia con un capitolo intitolato "Il terremoto" in cui l'autore racconta nei minimi dettagli che cosa egli stesse facendo quel fatidico venerdì e l'angoscia e l'inquietudine da lui provate nell'apprendere la notizia della scomparsa di Basil. In un capitolo dopo l'altro di prosa mediocre, Sa'dani tratta argomenti come la giovinezza di Basil, la sua abilità di cavaliere ("che non morirà mai") e il dolore egiziano per la sua morte. In modo significativo, il capitolo finale ("La speranza") coltiva il mito del futuro successore di Assad, ossia Bashar. Le foto rivestono altrettanta importanza: il viso di Basil appare in un centinaio di fotografie e in decine di dipinti appositamente commissionati.
Che Al-Ahram dedichi grandi risorse al culto della personalità di un governante straniero non può che avere due spiegazioni possibili: o è stato comprato dallo Stato siriano oppure lo Stato egiziano ha esercitato pressioni su di esso. In questo caso, le dinamiche politiche suggeriscono questa seconda ragione. Ma qualunque sia la motivazione, le conseguenze per la vita culturale egiziana sono davvero tristi.