La Rugh, un'antropologa e moglie di un diplomatico, tra il 1981 e il 1982 prese in affitto una camera in un villaggio cristiano alle porte di Damasco alla ricerca di un luogo tranquillo per scrivere i suoi appunti sulla vita familiare egiziana. Poi, durante gli otto mesi trascorsi da semiresidente lì, fu completamente presa dalla vita domestica della famiglia proprietaria dell'abitazione. In modo informale, affascinante e approfondito, l'autrice comincia la sua narrazione, riferendo in merito alle persone e alle attività in cui si è imbattuta. Scorrendo le pagine, la scrittura diventa sempre più analitica, e il volume termina con una superba dissezione delle supposte premesse (e dunque invisibili) della vita familiare sia nel villaggio senza nome sia nei sofisticati ambienti americani dell'autrice.
Le differenze fra questi due ambiti sono enormi. Sostanzialmente, i mediorientali considerano i loro interessi di una vita intera "meglio soddisfatti dagli obblighi a lungo termine verso le loro famiglie", mentre gli americani credono che la chiave per la felicità risieda nelle persone che possono "farcela da sole al di fuori della famiglia parentale". Per spiegare meglio questa differenza, la Rugh cita un giornalista occidentale che chiede a una vecchia donna egiziana se lei si sentisse pienamente realizzata, al che la donna gli risponde in modo ermetico: "Sono figlia, sposa, madre, sorella, zia, nonna. Che vuole che le dica?" Questa differenza ha delle implicazioni straordinariamente ampie, che la Rugh esplora con destrezza. Eccone una: i genitori americani fanno di tutto per aiutare i loro figli a farsi delle amicizie fuori dall'ambito familiare e ciò porta i ragazzi a trovare una "base forte" nei gruppi non-familiari che condividono profondamente i loro valori. Al contrario, le famiglie siriane scoraggiano i contatti esterni al nucleo familiare, non essendo sicure che i piccoli sappiano gestire "le sottigliezze" di queste relazioni complesse e talvolta antagonistiche; e quindi sarebbe meglio per loro non uscire dai sicuri confini familiari. Di conseguenza, suggerisce la Rugh, gli americani affrontano meglio i cambiamenti ma i siriani non hanno nessun problema con la ribellione adolescenziale.
I popoli non-occidentali potrebbero adottare altri aspetti della vita occidentale ma la Rugh sostiene a giusto titolo che "non c'è ancora nessuna convergenza rivoluzionaria verso qualcosa di simile a un certo tipo di famiglia unica". Le differenze che lei descrive in questo volume rischiano di persistere e forse persino di acuirsi.